“Vigliacchi, siete dei vigliacchi ad andare in piazza con la faccia nascosta”. Ignazio La Russa non è riuscito a trattenersi. Durante Annozero lo studente della Sapienza Luca Cafagna non ha espressamente condannato gli episodi di violenza andati in scena a Roma martedì e il ministro lo ha interrotto bruscamente, gridando con rabbia tutto il suo disappunto (Guarda il video). Questa è “apologia di reato”, ha urlato saltando in piedi e raggiungendo Michele Santoro al centro dello studio. E rivolto allo studente: “Zitto, vigliacco, andate contro ragazzi che fanno il loro dovere (gli agenti delle forze dell’ordine,ndr) e andate in piazza con la faccia nascosta”. Cafagna è troppo giovane per ricordarsi di Ignazio Benito Maria La Russa che, segretario regionale del Fronte della gioventù, andava insieme ai suoi camerata fuori dalle scuole e nelle piazze milanesi armati di catene e coltelli. C’è una foto in cui La Russa è al fianco di Ciccio Franco, caporione della rivolta di Reggio, e con i leader del Msi milanese: è una immagine del 12 aprile 1973, nella manifestazione indetta dal Movimento sociale “contro la violenza rossa” furono lanciate due bombe a mano Srcm che uccisero il poliziotto Antonio Marino di 22 anni. La Russa e compagni si conquistarono la prima pagina de La Stampa di domenica del 22 aprile 1973 (Leggi il pdf 1): l’attuale ministro era indicato tra i “responsabili morali” del lancio della bomba che costò la vita all’agente (Leggi il pdf 2).

Erano tempi in cui La Russa aveva una chioma lunga e fluente, con barba ben curata e i soliti occhi luciferini che incitava alla lotta contro il comunismo e alla libertà. Ne esiste una straordinaria testimonianza nel film “Sbatti il mostro in prima pagina” di Marco Bellocchio (Guarda il video). La pellicola, del lontano 1972, comincia con un comizio del giovane La Russa in piazza Castello. Erano tempi di forti scontri. Di La Russa si ricorda anche Sergio Cusani, allora coordinatore del movimento studentesco della Bocconi. “Vidi quegli occhi inquietanti volti verso di noi”, ha raccontato Cusani all’Espresso nel 2000. “Poi qualcunò gridò: ‘hanno la pistola’. Tirai giù Gianni Vallardi, che oggi è un dirigente della Rizzoli, e sentii dei colpi. Restati stordito dalla violenza di quel gesto. Solo più tardi mi resi conto che ci avevano sparato con una scacciacani”. Erano trenta anni fa ma a Milano se ne ricordano tutti. Tranne il diretto interessato che invece accusa lo studente di oggi di aggredire la polizia a volto coperto ma va invece molto d’accordo con il collega dell’esecutivo, Roberto Maroni. Lo stesso che a un poliziotto morsicò il polpaccio ed è stato condannato in primo grado a resistenza a pubblico ufficiale a otto mesi, pena poi ridotta in Appello e confermata anche in Cassazione.

Questione di memoria, forse. Anche sulla presunta “apologia di reato” in cui sarebbe incappato lo studente ad Annozero per non aver condannato gli atti di violenza di martedì. A La Russa saranno sfuggite le dichiarazioni del compagno di governo Umberto Bossi, forse (Leggi l’articolo). Il Senatùr dal 1993 non perde occasione per tirar fuori fucili, rivolte popolari, bombe a mano e rivoluzioni.

“Quando avremo perso tutto, quando ci avranno messo con le spalle al muro, resta il fatto che le pallottole costano 300 lire”, disse nel settembre del 93. L’anno dopo: “Se non avessimo impedito la rivolta si sarebbe incendiato tutto il Nord. E se in Sardegna, un’area isolata, qualche mitra lo puoi trovare, in Lombardia trovi tutto, dai cannoni agli aeroplani, tutto quello che vuoi. Se esplodeva la rivolta nella bergamasca, spazzava via la Lombardia che al quinto giorno si sarebbe sollevata in armi contro il regime”. Una lunga collezione di dichiarazioni mai bollate come “apologia di reato” dal distratto La Russa. Il 18 aprile del 1998 Bossi riuscì a spiegare egregiamente il suo pensiero: “Amici magistrati, il rischio è che ci sia una Pasquetta, ma più che una Pasquetta come quella del 1916 in Irlanda: non verrebbero 1.500 uomini a imbracciare il fucile; saranno 150 mila e il giorno dopo un milione e poi… verrà la libertà della Padania. Non obbligate il popolo in un vicolo chiuso, perché è molto più forte di voi”. Solo per ricordare alcune delle tante frasi del leader leghista inneggiati alla rivolta armata. Quando appena due anni fa Bossi disse che “se necessario potremmo anche imbracciare i fucili”, La Russa liquidò la frase come un “modo colorito di esprimersi in un comizio”. Nulla di grave.

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