Erano tempi in cui La Russa aveva una chioma lunga e fluente, con barba ben curata e i soliti occhi luciferini che incitava alla lotta contro il comunismo e alla libertà. Ne esiste una straordinaria testimonianza nel film “Sbatti il mostro in prima pagina” di Marco Bellocchio (Guarda il video). La pellicola, del lontano 1972, comincia con un comizio del giovane La Russa in piazza Castello. Erano tempi di forti scontri. Di La Russa si ricorda anche Sergio Cusani, allora coordinatore del movimento studentesco della Bocconi. “Vidi quegli occhi inquietanti volti verso di noi”, ha raccontato Cusani all’Espresso nel 2000. “Poi qualcunò gridò: ‘hanno la pistola’. Tirai giù Gianni Vallardi, che oggi è un dirigente della Rizzoli, e sentii dei colpi. Restati stordito dalla violenza di quel gesto. Solo più tardi mi resi conto che ci avevano sparato con una scacciacani”. Erano trenta anni fa ma a Milano se ne ricordano tutti. Tranne il diretto interessato che invece accusa lo studente di oggi di aggredire la polizia a volto coperto ma va invece molto d’accordo con il collega dell’esecutivo, Roberto Maroni. Lo stesso che a un poliziotto morsicò il polpaccio ed è stato condannato in primo grado a resistenza a pubblico ufficiale a otto mesi, pena poi ridotta in Appello e confermata anche in Cassazione.
Questione di memoria, forse. Anche sulla presunta “apologia di reato” in cui sarebbe incappato lo studente ad Annozero per non aver condannato gli atti di violenza di martedì. A La Russa saranno sfuggite le dichiarazioni del compagno di governo Umberto Bossi, forse (Leggi l’articolo). Il Senatùr dal 1993 non perde occasione per tirar fuori fucili, rivolte popolari, bombe a mano e rivoluzioni.
“Quando avremo perso tutto, quando ci avranno messo con le spalle al muro, resta il fatto che le pallottole costano 300 lire”, disse nel settembre del 93. L’anno dopo: “Se non avessimo impedito la rivolta si sarebbe incendiato tutto il Nord. E se in Sardegna, un’area isolata, qualche mitra lo puoi trovare, in Lombardia trovi tutto, dai cannoni agli aeroplani, tutto quello che vuoi. Se esplodeva la rivolta nella bergamasca, spazzava via la Lombardia che al quinto giorno si sarebbe sollevata in armi contro il regime”. Una lunga collezione di dichiarazioni mai bollate come “apologia di reato” dal distratto La Russa. Il 18 aprile del 1998 Bossi riuscì a spiegare egregiamente il suo pensiero: “Amici magistrati, il rischio è che ci sia una Pasquetta, ma più che una Pasquetta come quella del 1916 in Irlanda: non verrebbero 1.500 uomini a imbracciare il fucile; saranno 150 mila e il giorno dopo un milione e poi… verrà la libertà della Padania. Non obbligate il popolo in un vicolo chiuso, perché è molto più forte di voi”. Solo per ricordare alcune delle tante frasi del leader leghista inneggiati alla rivolta armata. Quando appena due anni fa Bossi disse che “se necessario potremmo anche imbracciare i fucili”, La Russa liquidò la frase come un “modo colorito di esprimersi in un comizio”. Nulla di grave.