“So che alcuni dei giornalisti presenti si dilettano a scriverne in lungo e in largo, contenti loro, ma non esiste l’ipotesi di mie dimissioni. Sono stato eletto presidente della Camera e rimango tale fino all’ultimo giorno della legislatura a meno che non mi si dimostri che ho svolto in modo parziale il mio ruolo”.Così Gianfranco Fini ha ribattuto, durante gli auguri natalizi nella Sala del Mappamondo alla Camera, alla richiesta di dimissioni da terza carica dello Stato più volte formulata dagli esponenti del Pdl e riportata dalla stampa. Il presidente della stampa parlamentare Luca Terzulli ha chiesto a Fini se il suo ruolo di presidente della Camera potrebbe essere di impaccio nello svolgimento di una attività politica e Fini ha ribadito: “Anche se fosse vero che il ruolo di presidente della Camera come lei dice potrebbe essere di impaccio per un’attività propriamente politica, e non è vero, ho il dovere di rispettare in primo luogo il mandato che mi è stato conferito. Quindi anche se fosse così utilizzerei in modo improprio le dimissioni. Bisogna rispettare l’istituzione che si è chiamati a guidare e non vedo una sola ragione per la quale se anche fosse un ostacolo per l’attività politica dovrei rimuovere quell’ostacolo attraverso le dimissioni”.
Parlando dell’attuale esecutivo, Fini ha voluto sottolineare come a suo avviso “questa è una legislatura che può durare. È chiaro che il tempo risponderà alla domanda se si potranno tradurre in realtà le riforme o se sarà una legislatura che si trascina. Vedremo nei prossimi mesi: credo che il monito di Napolitano debba essere tenuto presente da tutti”. Secondo il presidente della Camera “il cuore del problema è garantire la stabilità che o è nella politica o non c’è legge elettorale o marchingegno che possa darla”. O una maggioranza è coesa e stabile o non è certo la legge elettorale che fa la differenza”, ha aggiunto il presidente della Camera confermando i suoi “dubbi in ordine all’uso distorto del premio di maggioranza in questa legge elettorale”. Fini ha ricordato che fu definito legge truffa il sistema elettorale che affidava il premio di maggioranza a chi raggiungesse il 50,1 dei consensi, soglia molto più alta di quella attuale.
“Non ho cambiato opinione su quelle riforme che garantiscano la scelta diretta da parte dell’elettore, penso ad esempio all’elezione diretta del sindaco, bisognerebbe chiedersi perché la politica non discute oggi della bontà di quella riforma”, ha aggiunto. “Chi conosce la funzione dei consigli comunali – prosegue – sa che i motivi di polemica riguardano proprio il ruolo dei Consigli visto il rapporto di fiducia che c’è tra il sindaco e il popolo”. Per il presidente di Montecitorio “quello che va riequilibrato è il ruolo dell’Assemblea e quello del Consiglio. Dire se il bipolarismo va bene o va male o avere un approccio muscolare non va al cuore dei problemi”.