Il movimento, nato su Facebook, si prefigge l'obiettivo di cambiare la selezione della rappresentanza e indicare un programma di governo. I temi sono: lavoro e politiche sociali, ambiente, donne violenza e pratiche non violente
Sarà forse “gentile”, ma è sempre una rivoluzione e con la capacità di propagazione virale della Rete. E’ partita da Facebook, dopo il sostegno alle primarie in Puglia. Un grande numero di adesioni ha chiesto poi di ripetere l’esperienza a livello nazionale ed è nata la “Rete delle donne per la rivoluzione gentile”. Si rivolgono a tutta la sinistra, non solo al Pd, ma anche all’Idv, con lo scopo di unire tutte le donne dell’area e coinvolgere anche quelle dell’astensionismo.
Sono oltre quattrocento operative sul territorio e vogliono rigenerare il Paese: cambiare la selezione della rappresentanza e indicare un programma di governo. Anche quello si sta formando in Rete. “Abbiamo individuato sei tematiche sulle quali stanno lavorando sei gruppi a livello nazionale, anche grazie ai contributi che arrivano sul sito”, spiega Rita Saraò, coordinatrice del gruppo. “I temi sono: democrazia incompiuta, lavoro e politiche sociali, ambiente, donne, violenza e pratiche non violente, cultura e agenzie educative, legalità, giustizia e laicità. Su questi punti stiamo formando un programma per il candidato premier. Supporteremo chi acquisirà nel suo, il nostro programma”. A coordinare i vari gruppi cercano nomi di personalità competenti nei settori specifici.
Tana de Zulueta, giornalista internazionale, ex deputata dell’Ulivo, è la portavoce del gruppo “Democrazia incompiuta”. La prima iniziativa è tra pochi giorni, il 15 gennaio 2011. Una raccolta firme nelle principali piazze italiane per chiedere ai partiti le primarie di collegio per la formazione delle liste, e le primarie di coalizione per scegliere il candidato premier.
“L’iniziativa è nata per mettere in atto un’esigenza di democrazia. Interessante che questa esigenza sia stata sentita trasversalmente dalle donne”, dice Tana de Zulueta. “Il sistema delle liste bloccate è impopolare, ma si può correggere con le primarie di collegio e di coalizione. Inoltre, se si impone la presenza delle donne nelle liste bloccate, queste si trasformano in un fattore di democrazia”, spiega. Il movimento chiede di usare il sistema attuale in modo democratico: con le primarie di collegio sarebbero i cittadini a formare le liste e con il sistema delle liste bloccate si possono fissare agevolmente delle quote femminili.
Sarebbe una scelta di meritocrazia? “Non sempre la democrazia è meritocrazia, ma ha le sue regole”, risponde Tana de Zulueta. “Le oligarchie nei partiti sono compatte nel rifiutare il contributo femminile, perché sanno che: ‘Per far posto a una donna bisogna che un uomo si alzi’. Nel 2003, la legge Prestigiacomo venne affossata con entusiasmo bi-partisan. Uno spettacolo indegno alla Camera. Per avere le mani libere, venne anche richiesto il voto segreto. Il sistema delle liste bloccate, con un numero minimo di donne, invece, attua l’art. 51 della Costituzione che dice: ‘Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tal fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini’. Se oggi si stabilisse che nelle liste bloccate ci devono essere un certo numero di donne, le liste che non rispettassero questo principio sarebbero, a mio avviso, incostituzionali”.
La “Rete delle donne per la rivoluzione gentile”, nel rivendicare diritti femminili, propone un’idea complessiva della società nella convinzione che la soluzione dei problemi del Paese e del lavoro, passi anche attraverso l’attuazione di quei diritti.
“E’ sotto gli occhi di tutti che il problema del lavoro lo sentono prima di tutto le donne, sono state penalizzate maggiormente dalla crisi”, afferma De Zulueta. “Ma il problema riguarda soprattutto la selezione: le donne da noi investono di più nella formazione e sono meno riconosciute nel mercato del lavoro. Si sta creando una forbice, una distanza crescente tra il talento delle donne e le loro opportunità che è insostenibile per noi, ma soprattutto per il Paese. E’ un impoverimento che non possiamo consentire. Il problema del lavoro comincia lì”.
Secondo Tana de Zulueta è importante che queste esigenze sociali non siano vissute come uno specifico femminile, ma si traducano in proposte positive per la collettività. “E’ necessario spingere la discussione intorno a obiettivi comuni, che originariamente possono essere individuati dalle donne, ma che devono poi tradursi in una proposta per la società nel suo insieme. Io vedo nell’autoreferenzialità quell’errore pregresso che non ha permesso in Italia di realizzare il potenziale di democrazia che si voleva ottenere negli anni ’70. Per ottenere risultati il movimento si deve incrociare con altri movimenti d’opinione, come quello lanciato da Concita de Gregorio, o come il Popolo Viola. Dobbiamo fare massa”.
Internet, in questo, gioca un ruolo fondamentale. “La Rete ha permesso la partecipazione di persone che si sono sempre sentite estranee alla politica e la Puglia, in ciò, è stata il miglior laboratorio. La democrazia è fatta di hardware una parte rigida, cioè le istituzioni, il corpo delle leggi, i tribunali. La Rete è come un software, che permette al resto del sistema di funzionare. La Rete è quello che può consentire ad antiche istituzioni costituite nel settecento, come il Parlamento, di lavorare democraticamente anche oggi. E’ l’opportunità di impedire la fossilizzazione di queste istituzioni. Ma soprattutto la Rete è un potenziale di controllo: si dovrebbe esigere la presenza continua in aula di internet”.