L’ultima sceneggiata parlamentare, con annesso pianto, deve fare molto riflettere sulla deriva della politica italiana.
Il ministro Prestigiacomo, in rotta col suo partito, col Governo di cui fa parte e col gruppo parlamentare che lo sostiene, ha deciso di dimettersi dal Pdl ma non da ministro.
Il suo modo di rimanere attaccata alla poltrona non risponde certo alle nobili tradizioni della politica italiana.
A suo favore c’è solo il fatto che anche altri, prima di lei, si sono dimessi dal Pdl e hanno cercato di rimanere attaccati alla poltrona che solo grazie al Pdl avevano ottenuto.
E’ lontano il ricordo di quel 26 luglio 1990, quando ben cinque ministri della sinistra Dc e tredici sottosegretari si dimisero in blocco dal governo per i contrasti sulla legge sull’emittenza televisiva.
Andreotti li sostituì senza batter ciglio dopo pochi minuti.
In quel momento in molti abbiamo capito che i poteri forti stavano cambiando casacca e che si stava spianando la strada all’ascesa di Berlusconi.
Le stragi del 1992 e del 1993, fatte con l’aiuto della mafia, ce lo hanno confermato.
Oggi, per assurdo, coloro che per convenienza personale e opportunità politica hanno aiutato Berlusconi a diventare quello che è si ergono a paladini dell’anti berlusconismo, vuoi che si chiamino Prestigiacomo, Carfagna, Fini o Bocchino.
A poco vale il fatto che la loro conveniente consapevolezza del passato ed i loro errori del presente siano l’unica vera forza di Berlusconi, che gli consente ancora di fare quello che vuole.
E così il ministro Prestigiacomo, sfiduciata dal suo stesso gruppo, anziché piangere per il disastro ambientale che ha creato in Italia e dimettersi da ministro, si dimette dal Pdl che l’ha portata in Parlamento ed al Governo.
Probabilmente sta guardando ad altri lidi, dove forse le verrà più facile far realizzare in Sicilia i tre mega inceneritori a cui tanto tiene.
Di tutto questo, però, nessuno dice nulla.
E mentre i falchi, le colombe e le quaglie si alternano nei ruoli, le diplomazie sono già al lavoro per farla rientrare nei ranghi.
Io però mi chiedo: se la Prestigiacomo non vuole dimettersi da ministro, avrà quanto meno restituito l’Ipad?