Sterminata una famiglia in provincia di Vibo Valentia. Nel pomeriggio di ieri a Scaliti, una frazione di Filandari, padre e quattro figli sono stati trucidati. Non hanno fatto neanche in tempo a capire cosa stesse succedendo che sono stati travolti da numerosi colpi di pistola. La masseria di Domenico Fontana, 61 anni, diventata il teatro di una tragedia. In serata poi, una persona, Ercole Vangeli, di 42 anni, si è presentata nella caserma di Vibo Valentia dei carabinieri assumendosi la responsabilità della strage. Vangeli è il proprietario di una masseria nelle vicinanze di quella dei Fontana. Le forze dell’ordine hanno fermato altre tre persone, con l’accusa di omicidio volontario plurimo: il fratello dell’uomo, un figlio di uno dei due ed il genero. L’omicida ha spiegato ai magistrati che alla base della violenta ritorsione ci sarebbero invasione di terreni per il pascolo degli animali da stalla della famiglia Fontana, il taglio di alberi sulla loro proprietà e altri danneggiamenti.

Domenico Fontana e tre dei suoi figli, Pietro, Pasquale e Giovanni, sono morti sul colpo. Due delle vittime sono state ritrovate fuori della masseria. Mentre all’interno della struttura, sul pavimento, i carabinieri hanno rinvenuto i corpi senza vita delle altre due. La quinta vittima, Emilio Fontana, è deceduta invece durante il trasporto in ospedale. Inutile il tentativo dei medici del 118 di strapparlo alla morte. Le sue condizioni erano disperate.

All’interno della casa c’era una sesta persona, un operaio rumeno che lavorava alle dipendenze della famiglia Fontana. È stato lui che ha avvertito la moglie di Domenico e i carabinieri del Comando provinciale. Ha visto tutto e adesso è il principale testimone della mattanza consumata nella masseria di Scaliti. Avrebbero ammazzato anche l’operaio se questo non fosse riuscito a nascondersi sentiti i primi spari. Accompagnato in caserma, il rumeno è stato interrogato fino a tarda notte dai militari e dal sostituto procuratore di Vibo Valentia, Michele Sirgiovanni. ll testimone oculare ha fornito elementi utili alle indagini. Una manna dal cielo per gli investigatori che, con le sue dichiarazioni, hanno trovato ulteriori conferme alla pista che avevano imboccato.

Subito escluso l’agguato mafioso
Escluso completamente l’agguato di ‘ndrangheta. Nonostante i piccoli precedenti penali di alcune delle vittime, Domenico Fontana era completamente slegato dagli ambienti della criminalità organizzata. Piuttosto, stando ad alcune indiscrezioni dell’ufficio diretto dal procuratore Spagnolo, la sparatoria sarebbe da ricondurre a contrasti tra vicini di terreno. Una questione di interessi, infatti, avrebbe armato la mano dei due killer che, senza scrupoli, hanno sparato con freddezza decine di colpi di pistola all’indirizzo dei Fontana.

Le voci si rincorrono per tutto il pomeriggio. Sono ore frenetiche al Comando Provinciale. I carabinieri e la Procura di Vibo Valentia sembrano non avere dubbi. La pista è una sola: contrasti per questioni di terreno. Oltre al testimone oculare, vengono interrogati la moglie e la figlia di Domenico Fontana, e anche alcuni conoscenti nella speranza di avere un quadro completo. Scattano le perquisizioni. I primi sospettati pare siano stati accompagnati in caserma. Si tratta di proprietari di terreni limitrofi a quelli dei Fontana. Il cerchio sembra chiuso.

“Lasciateci lavorare” non si sbilancia il procuratore di Vibo Valentia Mario Spagnolo: “Domani mattina (oggi, ndr) tireremmo le somme su queste prime ore di indagini”. La voce del magistrato è ferma. La sensazione è che il caso verrà risolto prima dell’alba. Gli interrogatori continuano. I sospettati sono sotto torchio. Si attende che crollino. Intanto, oggi, potrebbe esserci una conferenza stampa del procuratore Spagnolo e del comandante provinciale dei carabinieri.

La strage di ieri ne ricorda un’altra avvenuta due anni fa a Briatico, sempre in provincia di Vibo. Anche allora si trattava di litigi familiari e questioni di terreni. Francesco Grasso, che in paese conoscevano con il nome di Ciccio o’ pazzo uccide due persone e ne ferisce un’altra. Le scuole sono appena chiuse, quando Francesco, armato di un fucile a pallettoni, spara a Vincenzo Rizzo, un contadino di 69 anni. Passano pochi istanti, quando sulla strada del delitto, arriva uno scuolabus, sul quale viaggiano una decina di bambini. L’autista vede l’assassino chino su un cadavere e si accorge che quello è suo cugino. Lo scuolabus si ferma, Ciccio o’ pazzo spara e ferisce gravemente l’autista.

Il precedentedi Ciccio o’ pazzo
È un miracolo se non viene ferito nessun bambino. L’assassino è ancora libero, gira per le campagne, fino a raggiungere quella di un suo cugino. Un uomo col quale aveva una serie di conti in sospeso, di carattere familiare. Lo vede, si avvicina e gli spara una raffica di pallettoni alla testa. Poi scappa. Si dà alla fuga per le campagne. È un pomeriggio di ordinaria follia calabrese, che dura fino a quando Ciccio o’ pazzo non viene catturato.

di Lucio Musolino

da Il Fatto Quotidiano del 28 dicembre 2010 (aggiornato alle ore 10.30)

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