Il Cardinal Dionigi Tettamanzi, capo della diocesi di Milano

Si prepara per il prossimo mese di marzo il cambio al vertice della chiesa ambrosiana: il cardinal Dionigi Tettamanzi sta per lasciare la guida della più grande diocesi cattolica del mondo per raggiunti limiti di età. Chi sarà il suo successore? Lo deciderà il Papa, ma a Milano gli aderenti alle comunità di base chiedono di essere consultati. Al termine di un recente seminario svoltosi a Roma fra i diversi movimenti di cristiani di base è stato approvato un documento in cui si legge: “La conclusione del ministero episcopale del nostro arcivescovo Dionigi Tettamanzi pone il problema della sua successione. E’ una grande questione ecclesiale e anche civile. All’inizio del terzo millennio la situazione interna ed internazionale è oggettivamente difficile e la Chiesa è alla vigilia di inevitabili cambiamenti. La nostra città poi è al centro delle contraddizioni politiche e sociali del Paese. Cosa fare? Aspettare che il Papa, con una cerchia molto ristretta di suoi collaboratori, decida senza veri interlocutori e intanto partecipare al chiacchiericcio, anche legittimo, diffuso nella Chiesa ambrosiana in questi tempi sul possibile successore? Oppure affrontare uno dei problemi di fondo della Chiesa cattolica che è quello della nomina dei suoi vescovi?”.

I tempi per arrivare alla designazione del nuovo successore di sant’Ambrogio stringono. Ma non per questo i cristiani di base si rassegnano a vedersi assegnare un vescovo calato dall’alto senza possibilità di farsi sentire. Anche perché si trovano di fronte a situazioni recenti che certo non li garantiscono. “Negli anni ’70 – si legge ancora nella loro presa di posizione – vi furono tentativi per avviare una prassi di partecipazione nella nomina dei Vescovi. Tentativi che però non ebbero successo. Troppe nomine portarono a frustrazioni e a delusioni nei confronti della Chiesa. Valga per tutte la vicenda delle nomine nella Chiesa olandese, in quella tedesca e in quella svizzera. Recentemente altre designazioni hanno suscitato scandalo, anche costringendo a retromarce (per esempio quelle per la diocesi di Varsavia e di Linz) e, in generale, l’orientamento unilaterale di segno conservatore dei due ultimi pontefici su questa questione, ha contribuito a suscitare in molte diocesi tensioni e cadute di credibilità nei confronti della Chiesa. Dove la coscienza ecclesiale è più vigile e diffusa le conseguenze di queste nomine sono catastrofiche: la fiducia nella Chiesa di molti fedeli si sente ancora una volta defraudata; nella Chiesa, proprio tra i cattolici più attivi, aumenta il malessere. La Chiesa universale si sente ferita”.

Vittorio Bellavite, coordinatore del movimento delle comunità di base italiane, da sempre in prima linea per sollecitare a tutti i livelli una reale emancipazione delle modalità con cui si muovono le gerarchie ecclesiastiche, fa il punto della situazione: “Ci risulta –dice – che sia già pronta una terna di nomi tra cui scegliere il successore di Tettamanzi, ma quali criteri si sono seguiti? Noi pensiamo che si debbano tenere presenti alcune prerogative. Ad esempio che si scelga una persona che non sia legata a un movimento cattolico. Perché sia libero di prendere posizione in modo indipendente. Il caso dello stesso Tettamanzi dimostra quanto sia importante questo criterio. Si è visto come spesso ha assunto iniziative anche in dissenso con chi governa la città per quanto riguarda nomadi e immigrati, oppure di fronte al dramma di chi perde il lavoro”. Si vuole, insomma, un vescovo che per tener fede ai valori della Chiesa sia disposto anche a disturbare il manovratore.

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