Ricevo e pubblico la lettera di uno studente sceso in piazza il 14 dicembre, giorno degli scontri a Roma.
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Sono un giovane di 23 anni, laureando in scienze politiche a roma3, che frequenta l’università con grande passione e convinto del fatto che la conoscenza rappresenti le fondamenta per un futuro di maggiore qualità. Lavoro part-time come cameriere al fine per poter far fronte alle rette universitarie senza gravare sulla non brillante situazione economica familiare.
Partecipo costantemente alle manifestazioni (universitarie e non) e il 14 dicembre ero presente a Roma, in piazza, insieme ad altre migliaia di studenti, operai, terremotati aquilani, abitanti di Terzigno e Napoli e persone che ritenevano, per dovere civico, necessaria la loro presenza in un atto di civile dimostrazione di dissenso. Dico civile perché fino a quel giorno stesso ogni manifestazione si è svolta in tale maniera.
Ho sentito più volte ripetere che gli autori dei disagi accaduti siano stati i “black bloc”, gli “anarchico-insurrezionalisti avversi a qualsivoglia specie governo”, di conseguenza completamente distanti e disinteressati dalla drammatica situazione politica che stiamo sopportando. Credo, anzi sono assolutamente certo, che questo concetto vada corretto ed adeguatamente argomentato: persone alle quali non interessava né la “riforma” gelmini né tantomeno il voto di sfiducia al governo B. in piazza ce n’erano, li ho visti e sentiti io stesso, ma attenzione, ridurre ciò che è accaduto in quella giornata, alla sola opera di “facinorosi ultras che hanno solo voglia di sfogare la loro violenza” (così sono stati definiti da alcuni) è a dir poco limitante e distante dalla realtà. Quel bellissimo ed emozionante corteo era gremito di giovani che come me sono maledettamente STANCHI!!! Sono due anni che scendiamo civilmente in piazza a manifestare il nostro dissenso e disaccordo contro i tagli che vengono paradossalmente denominati “riforme”. Le persone che decidono su queste riforme, sono le stesse persone che decidono della qualità della nostra vita presente, ed ancor più futura; decidono della realtà universitaria che io, e molti come me, vivono con estremo interesse e ritengono anche possa e, anzi debba, essere migliorata, ma non certo indirizzata verso cupi destini. Non solo del futuro delle università statali, ma della qualità del nostro futuro appunto, ribadisco! Delle nostre possibilità lavorative, della nostra possibilità di organizzare la nostra vita sulla base di certezze quali un contratto lavorativo a tempo indeterminato che oggi, quasi non viene neanche lontanamente preso in considerazione da datori di lavoro, privati o pubblici che essi siano.
Qualche esponente del governo ha risposto in questi anni ai nostri appelli ed alle nostre preoccupazioni? No! Anzi, dirò di più, oltre al danno di non ricevere risposte e sentirsi quindi ignorati, anche la beffa di venire derisi ed insultati! Nel 2008 quando il 28 novembre si votava parte della “riforma gelmini” dentro un Senato circondato da giovani studenti, maestre delle scuole elementari, madri di famiglia (lo stesso accadeva nel resto d’Italia), il senatore Cicchitto andava a dichiarare: che ci vanno a fare sotto al Senato, andassero a casa tanto la legge la approviamo punto e basta! E così è stato.
(…) Non sarebbe forse il caso che queste persone si ponessero la domanda “ma se questi sono ragazzi per bene, studiosi e culturalmente impegnati (perché è questo che almeno il 95% dei ragazzi martedì in piazza erano), e si è verificato un atto di tale gravità, cosa è accaduto? Cosa è cambiato? Che responsabilità possiamo avere noi?” Mi sembra evidente che tale domanda neppure abbia sfiorato le grandi menti che ci governano.
Sarebbe estremamente bello e soddisfacente vedere solo azioni e reazioni di tipo civile come la manifestazione del 22 dicembre; tipo una manifestazione contro un ddl che determina il futuro di molti giovani, con reazione di apertura al dialogo da parte di chi questa legge la propone; forse sarebbe una dimostrazione di civiltà da far scuola, ma purtroppo temo, anzi sono certo, che questo nostro paese sia maledettamente distante da tale condizione. Escluso per il Capo dello Stato.
(…) Io personalmente, per raccontare parte della realtà a me più vicina, vedo mio fratello, un bravissimo ragazzo di 27 anni, due volte laureato (triennale e magistrale) con il massimo dei voti in economia, che passa le giornate a mandare curriculum e fare colloqui lavorativi; attualmente lavora per un importante società farmaceutica dalla quale ha percepito per 6 mesi una retribuzione di 500€ come stagista, e che fino a gennaio, grazie ad una sostituzione di maternità, percepirà una retribuzione di 1150€, stipendio medio che rappresenta oggi quasi una chimera. dopodiché? Dopodiché auspico fortemente che tramite tutti i cv che ininterrottamente (quasi disperatamente) invia riuscirà a trovare un posto di lavoro per poter rifiatere per altri quanti? 3, 6, 9 mesi? Addirittura ha ricevuto proposte di contratti da un mese, altre da 300 euro mensili, e -perché no- prive di retribuzione alcuna!
Racconto questo perché tale piccolo e personale aneddoto, credo rappresenti esattamente lo specchio di una realtà che da qualche anno entra con sempre più fermezza nella vita di noi giovani. Questo è indubbiamente il problema attualmente più rilevante e che più preme su tutti (o quasi) i giovani studenti e neolaureati. Studiare una materia per la quale si è appassionati è decisamente appagante, ancor più lo sarebbe fare di questa la base della propria occupazione lavorativa, apportando un aiuto alla crescita del paese; non c’è lavoro svolto meglio del lavoro svolto con passione.
So che stiamo vivendo un periodo di crisi economica mondiale e la situazione non è certo facile da risolvere – è ormai accertato che un giovane su quattro non riesce a trovare lavoro – ma in questo paese non sembra venga neppure presa in seria considerazione l’idea di darsi da fare a tal proposito. Dall’inizio di questa legislatura abbiamo sentito parlare e discutere quasi esclusivamente di “lodo Alfano” – “processo “breve”” – “legittimo impedimento” – “legge bavaglio” insomma, abbiamo sentito parlare e discutere quasi esclusivamente di leggi per sistemare una ed unica situazione: quella legale del presidente del consiglio; facendo inoltre passare tale provvedimenti come interesse nazionale “gli italiani vogliono il legittimo impedimento. Vogliono la legge sulle intercettazioni……” No! caro presidente, gli italiani vogliono sentir parlare di riforme che risolvano, o almeno tentino di risolvere, la drammatica situazione economica e di instabilità che è entrata in molte, troppe, delle nostre case. Sentir parlare della possibilità di trovare un lavoro dignitoso grazie ai propri meriti, e una volta trovato non avere la certezza di perderlo a fine contratto.
(…) Ho scritto questa lettera consapevole del fatto che come me ci sono altre decine, forse centinaia di migliaia di giovani che provano gli stessi sentimenti di preoccupazione e stanchezza, sentimenti non certo positivi, ma facilmente tramutabili in energia positiva poiché frutto di una forte voglia di invertire la rotta verso una strada diretta ad un futuro più roseo. un’energia che forse mai come in questo periodo tanto farebbe bene a questo paese che sembra esser “naufragato” in un vicolo cieco… cieco speriamo di no, ma indubbiamente buio!
Davide
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