La locandina del film Miracolo a MilanoNichi Vendola faceva carte false per rimanere un garbato comunicatore nei confronti del pubblico che segue il programma dell’Annunziata. E lei niente. Lo incalzava con un modello provocatorio ormai desueto, infischiandosene del tentativo del pugliese di andare oltre il già detto, il già sentito. Nichi insisteva nel donarle il generoso rischio emotivo del raccontarsi. E lei niente, ferma preventivamente nei convincimenti di chi sa, di chi ha già visto tutto, dell’a me non mi freghi col tuo raccontino da quattro palle e un soldo, costringendo il suo programma ad esser poco più di una cronaca di gossip parlamentare assolutamente autoreferenziale.

Alla fine il presidente Vendola ha svelato, per salvaguardarsi e per salvaguardare chi lo stava ascoltando, uno dei suoi perché: non esiste un politica senza Narrazione.

Ha chiuso così il suo intervento televisivo. E i suoi occhi da Geronimo hanno mostrato la tristezza di chi non è riuscito a trarre a sé la conduttrice. Cercando poi nell’obbiettivo della telecamera una sottolineatura possibile a quella meravigliosa parola che ci stava donando. Narrazione.

Vi è Narrazione intorno a un caminetto, fra persone che si vogliono raccontare il fatto e il da farsi. Vi è Narrazione in un libro, in un film, un ponte, in un grattacielo, in uno spezzatino con le patate, in un risotto alla milanese e in un cannolo alla siciliana. Vi è narrazione in un prodotto biologico, vi è narrazione in un prodotto industriale. Vi è narrazione nella Coca-Cola, anche se la chiamano brand. Vi è narrazione quando B. parla ai suoi elettori. Vi è narrazione quando una guida toglie o mette una stella o una forchetta a un ristorante. Vi è Narrazione di chi come me è poco interessato a stelle e forchettine, convinto com’è che prima di avvinghiarsi al recensore di turno sia più utile mostrare il proprio bilancio, dove le prime due voci di spesa sono olio d’oliva e parmigiano, e sull’altra colonna 50 collaboratori formati e formanti.

Vi è serena Narrazione nei Ruoli Istituzionali. Vi è Narrazione ovunque o così dovrebbe essere.

Vi è Narrazione anche nel suo nome, signora Annunziata.

Dovremmo essere così affascinati dalla possibilità di ascoltare, per farsi una propria opinione, ogni giorno più emotivamente intelligente, sempre più lontana dalla disabilità affettiva perché capace di bere e mangiare l’altrui perché, l’altrui racconto, formando così il proprio racconto e capendo così in un colpo solo il perché le madri e i padri ci raccontano fin da piccoli di fate e principi, di Gatti con gli Stivali e di Pollicino, di streghe cattive e via discorrendo fino al passaggio preadolescenziale ed essenziale della scelta dei propri eroi. I miei furono e sono Robin Hood e Ivanhoe. E ancora crescere leggendo Topolino per capire la pochezza dei denari di Paperone e l’amore infinito di Paperino per Qui, Quo e Qua. La fascinazione della follia di Paperoga, la bellezza di un Pluto e la genialità di un Eta Beta, la loro drammaturgia che ti insegna la vita pescando a mani piene dalla vita, mostrandoci anche l’antipatia/simpatia del fortunato Gastone.

Poi l’età ti porta altrove, dove il rischio di perdere la capacità di meraviglia si fa concreto tanto quanto le difficoltà che devi incontrare nel cammino della vita. E ti fai donna o uomo il più delle volte con delle maschere costrette, più o meno funzionanti, più o meno gratificanti. La stanchezza, le disillusioni, i nervosismi, dove nessuno ti insegna il fortunato e necessario, da questa parte del mondo, obbligatorio obbligo all’affettività verso se stessi e gioco forza verso gli altri.

Non capiamo che la nostra vita è come un film da noi diretto. Con la possibilità di intervenire sul cast e sullo staff, sulla colonna sonora scegliendo dalla prima attrice all’ultima delle comparse. Possiamo scegliere i luoghi della nostra vita, possiamo in definitiva costruire la nostra drammaturgia con la nostra colonna sonora e il nostro impianto luci. Non gratuita-mente ma spesso con fatica sorretta dalla passione. Già, la passione, niente di più rivoluzionario. Il percepire la passione propria e altrui come un vantaggio condiviso e condivisibile. Dove un falegname si fa maestro, al pari di un cantante, di un mercante, di un precario,di un bibliotecario, di un farmacista, di un elettricista e via avanti in una “Storia Infinita”.

Narrazione dove gli stereotipi di chi vince da vent’anni mostrerebbero la loro fragilità, la loro inutilità, la loro pochezza, la loro spaventata, perché piena di paura, cattiveria se paragonati ad un’altra capacità di Narrazione, piena di John Lennon e di Verga, piena di Calvino e di Topolino, stracolma di Woody Allen e di Django Reinhardt, dove un Cesare Zavattini non fa soltanto rima con un Pasolini, dove un Miracolo a Milano ci racconterebbe ancora di un paese dove buongiorno vuol dire veramente buongiorno.

Buon anno e buona Narrazione a tutti.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Sullo snowboard per Firenze

next
Articolo Successivo

L’italiano: dopo i gallicismi, i gallinismi

next