Ci sono oggi in Italia ben 1497 scuole senza preside. Vale a dire il 14 per cento del totale degli istituti. Una situazione paradossale destinata nel prossimo futuro a diventare drammatica. E che segna punte ancor più allarmanti in alcune regioni, in Lombardia in particolare, dove le scuole decapitate rappresentano il 25 per cento del totale. Ma siamo oltre il 20 per cento anche in Liguria, Piemonte, Emilia Romagna, Abruzzo e Sardegna. I dati, diffusi da Flc-Cgil, evidenziano la necessità di un nuovo concorso, come hanno chiesto nei giorni scorsi anche Andis e Disal, le due maggiori associazioni di categoria secondo le quali nel 2012 le scuole senza presidi saranno 2800, più della metà del totale. Per questo hanno inviato al ministro Gelmini una lettera con cui sollecitano l’emanazione del bando di concorso attraverso cui selezionare nuovi presidi.
Maria Stella Gelmini si era impegnata a indire un concorso per presidi entro l’anno. Lo aveva detto all’inizio del nuovo anno scolastico. Lo ha ripetuto il 25 settembre: “A breve ci sarà un concorso per 2.800 presidi”. L’anno sta per scadere, ma del bando non c’è alcuna traccia. E la scuola ne paga le conseguenze. Chissà fino a quando. Perchè, anche se il concorso venisse bandito, ci vorranno almeno un paio d’anni prima che sia espletato (l’ultimo concorso, indetto nel 2003, si concretizzò in nomine effettive solo tre anni dopo). E come si rimedia nel frattempo? Coi così detti presidi “reggenti”: dirigenti che oltre alla loro scuola sono chiamati a dirigerne anche un’altra. “Il dato in sé – spiega Antonio Valentino, un preside milanese punto di riferimento della Flc Cgil nazionale in un intervento su www.scuolaoggi.org – non esprime a pieno la gravità della situazione. Perché i casi di governo a dir poco problematico delle nostre scuole, per via delle reggenze, vanno moltiplicati per due. Le sofferenze infatti riguardano non solo le scuole con “reggenti”, ma anche le scuole di titolarità dei dirigenti impegnati in altro istituto. Probabilmente ci sono tra questi tanti colleghi “navigati” per i quali la gestione di due scuole non rappresenta un grande problema. Può darsi ci siano casi del genere. Anche se ritengo che il problema della gestione di un istituto scolastico, se si affronta sottovalutando “l’esserci” a scuola anche come presenza fisica, non abbia grosse possibilità di essere risolto al meglio”. E ciò avviene in un momento particolarmente difficile per lo stato del sistema formativo nazionale.
“Oggi non ci sono scuole semplici e scuole complesse”, continua Valentino. “Tutte le situazioni sono difficili. Ci sono certo differenze, anche sostanziali. Ma, in nessun caso, per quanto ne sappia, ti trovi davanti a situazioni “indolori”. Perché una scuola di massa non è per definizione semplice, in questi anni il numero degli stranieri è molto cresciuto, il problema dei disabili è ormai consistente, la demotivazione dei nostri insegnanti, abbandonati a se stesi, è ormai patologia, le nostre scuole sono sempre più povere e i bisogni sempre più urgenti e pesanti. E i saperi disciplinari e quelli pedagogico-didattici richiederebbero una manutenzione continua delle professionalità, mentre la formazione è ancora un optional praticato positivamente, nella maggior parte dei casi, solo dai già formati, eccetera, eccetera”. In questo quadro assume ancor più rilevanza l’iniziativa della Gelmini di calare dall’alto la sua riforma delle superiori. Un intervento che inserisce una preoccupazione in più.
Ne è del tutto convinto Antonio Valentino: “Quest’anno – dice – ha preso l’avvio il riordino della scuola superiore, una riforma “epocale” per il nostro ministro, che penso non sappia con precisione di cosa si tratta. Un’opportunità per tanti (al netto dei tagli che pure rappresentano, per come sono stati fatti, una scelta sbagliata e controproducente sotto vari aspetti). Tanti che, ora come ora, non possono che prendere atto, ancora una volta, che le riforme fatte così non servono. Che permettere che tante scuole abbiano dirigenti “dimidiati” nelle loro competenze di motivare, promuovere, organizzare e gestire le innovazioni significa non credere nelle riforme che si dice di volere. Questo per la semplice ragione, di cui c’è ormai diffusa consapevolezza, che i cambiamenti non li determinano gli ordinamenti che si emanano, ma le azioni mirate e convergenti, espressioni di una governance diffusa e responsabile del sistema scuola ai vari livelli. Che sia in grado di registrare allineamenti, scostamenti, accomodamenti, diversificazioni, rispetto agli obiettivi proposti negli ordinamenti; ma anche di individuare misure di accompagnamento che permettano di procedere per approssimazioni successive (non, molto probabilmente, le stesse ad Acireale e a Vipiteno)”.
Come porre rimedio a questa situazione? Con un nuovo concorso da bandire al più presto. Le associazioni di categoria Andis e Disal hanno inviato una lettera al ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini ”per richiedere con estrema urgenza l’emanazione del bando per il reclutamento dei dirigenti scolastici sui moltissimi posti vacanti’. Mentre per l’anno scolastico in corso – continua la lettera – un terzo delle scuole statali italiane hanno un dirigente scolastico a mezzo tempo, prevedendosi per il settembre 2012 oltre 2.800 posti vacanti, la precarietà della situazione riguarderà, nel prossimo anno, quasi la metà delle istituzioni scolastiche autonome”. Da qui la conclusione: ”L’assenza da oltre quattro anni di un concorso per nuovi dirigenti scolastici ci sembra non solo un grave danno alle scuole, ma un segno tangibile di trascuratezza per le istituzioni scolastiche autonome e per la professione di dirigente in particolare”, conclude la lettera. In ogni caso ci vorrà tempo prima che il rimedio inizia ad avere efficacia, anche perché l’espletamento delle prove richiede almeno un paio d’anni. La scuola, intanto, resta ferma al palo.