La questione è difficile, e le semplificazioni non aiutano, perché viviamo in un mondo in cui infuria la lotta tra l’economia mondiale e gli stati sovrani.

Di una cosa però sono sicuro: si potrebbe anche discutere una riforma complessiva del mondo del lavoro, ma qui è solo Marchionne a dettare le condizioni e a decidere. Ma è lui il presidente del Consiglio? E’ lui il Parlamento? Ok, è lui che ha un’azienda, ma non dovrebbe rispettare le regole dello Stato in cui si trova? O in America e in Serbia ha cambiato le regole di quegli Stati? Insomma, se in un paese a cambiare le regole sono gli industriali e non la politica, unica espressione attuale del popolo, c’è qualcosa che non va. Anche perché non siamo in un paese in cui le aziende possono farsi da sole le regole, o sbaglio? Diciamo che da noi vale la seguente regola pratica: meno i lavoratori sono protetti dai sindacati, più l’azienda ha il coltello dalla parte del manico.

Ora la Fiom promette fuoco e fiamme per i 4.600 operai di Mirafiori, ma il coltello dei datori di lavoro è già affondato nella pancia di milioni di lavoratori precari in Italia, mai protetti realmente da nessun sindacato, come dimostrano anche le manifestazioni di piazza dello scorso dicembre. Intanto, lì dove la flessibilità potrebbe dare maggiori opportunità al lavoratore, i datori di lavoro applicano una incredibile rigidità, come viene documentato da centinaia di analisi sulla rigidità del mondo del lavoro. E in questo i sindacati sono stati maestri: sempre a difendere i diritti e mai a pensare alle opportunità per i più giovani. Le sacrosante battaglie civili sulla maternità, sulle ferie pagate, sugli orari di lavoro purtroppo sono un ricordo del secolo scorso, e ora l’ammortizzatore sociale dei giovani precari sono le famiglie che hanno alle spalle, quando ce le hanno, quelle famiglie che godono delle vecchie garanzie.

La tenaglia aziende-sindacati stringe in una morsa il nostro futuro. Massima flessibilità, che diventa precarietà, lì dove non serve, perché un lavoro umile dovrebbe essere solo dignitoso e almeno sicuro, e massima rigidità nei campi dove si tratta di preservare privilegi, assumere con logiche esclusivamente familiari o di potere, limitare la concorrenza, dividere politicamente gli appalti, difendere le categorie storicamente protette dai sindacati. Qualcuno sostiene che questa logica ha salvato l’Italia facendone un paese con meno tensioni sociali. Ma a che prezzo? E comunque Marchionne ha rotto questa logica, e la politica e i sindacati non ne conoscono un’altra. Possono solo dire “No!” oppure “Sì!”. Mi sembra che a questo si riducano le posizioni di Cremaschi e Bonanni, e purtroppo anche dei nostri politici di destra e di sinistra.

Diceva Adorno che la vera libertà non sta nello scegliere tra bianco e nero, ma nel sottrarsi a questa scelta prescritta. Chi è in grado oggi di essere libero, o almeno di pensare liberamente?

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