La legge sul testamento biologico è chiusa in un cassetto della Camera da mesi. Fino ad oggi il governo non ha avuto alcun interesse a tirarla fuori, nonostante le pressioni dell’opposizione sulla necessità di regolare il fine vita. Ora il ministro del Welfare Maurizio Sacconi ha chiesto che il provvedimento venga calendarizzato, con l’esplicita intenzione di unire i cattolici della maggioranza e, quindi, dividere il Terzo Polo. I più a rischio sono i rappresentanti di Futuro e libertà, spaccati su posizioni differenti. Anche nel Partito democratico la discussione è aperta tra chi ritiene la proposta Calabrò inaccettabile, come Ignazio Marino, e chi invece vuole ancora discutere con la maggioranza.
Senatore Marino, se il disegno di legge sarà discusso, nel Pd che succederà?
Credo, e auspico, una posizione comune del partito.
Quindi non ne è sicuro.
Dopo l’ampio dibattito pre congressuale, che ha portato il segretario Pier Luigi Bersani a esprimersi pubblicamente due volte (Festa dell’Unità di Torino e “Vieni via con me”, ndr) con affermazioni precise in linea col pensiero che ho sempre sostenuto, spero che il Pd arrivi unito a questo appuntamento.
E se non succede?
Farò un gesto importante: chiederò a Bersani che su un tema come questo costringa i suoi parlamentari a non nascondersi dietro un voto di coscienza e indichi la strada da seguire. Deve avere il coraggio di dire: “Si vota tutti così”. Se invece questa forza non ce l’ha deve proporre come strada il referendum tra gli iscritti.
Un metodo mai utilizzato.
Ma lo statuto permette al segretario di indirlo, o al 30 per cento dei componenti dell’assemblea nazionale di chiederlo.
Quindi, se non lo farà Bersani, lo chiederà lei.
Se il 30 per cento dell’assemblea del Pd la pensa come me, sì. E sono pronto ad accettare una sconfitta. Ma se il 98 per cento degli iscritti al partito ritiene questa proposta sbagliata, allora non ci dev’essere alcuna defezione, dato che i parlamentari sono diretta espressione degli elettori.
É una polemica col segretario?
Assolutamente no. Sono convinto che nel suo cuore e nel cervello Bersani la pensi come me. Ma ha una responsabilità in più. Lui è il segretario del Pd e rappresenta tutti. Deve anche spiegare che questo non è il partito della vita e della morte. Non stiamo discutendo di eutanasia, verso le quale personal-mente sono contrario anche io. Ma di libertà di scelta. Come curarti non può importelo lo Stato. Ognuno deve deciderlo personalmente col proprio medico.
Lei si è battuto affinché il ddl venisse discusso al più presto dalla Camera. Ora però c’è il rischio che si trasformi in un’arma politica.
Questo è un Paese dove tutte le questioni vengono affrontate solo sulla base di una convenienza strumentale e mai per far progredire il Paese. Se diventa un dibattito tra tifoserie abbiamo perso un’occasione importante. L’errore è stato tenere il ddl nel cassetto per tanti mesi e farlo arrivare ora in Parlamento in un clima da derby.
L’articolo contestato è quello che impone l’idratazione e l’alimentazione del malato.
Mi fa impazzire il fatto che questa discussione si sia trasformata in un dibattito sul pane e l’acqua. Non stiamo assolutamente parlando di questo. Ma di corpi nutriti con sostanze prodotte dalle case farmaceutiche, spesso veicolate tramite l’intestino. É giusto aggiornare la legislazione, perché quando è stata scritta non c’erano le strutture tecnologiche che esistono oggi. Ognuno però deve avere il diritto di scegliere.
Cosa farete se verrà approvata questa legge?
Sicuramente ricorreremo alla Corte Costituzionale e se necessario al referendum.
Non teme un flop come la fecondazione assistita?
Con tutto rispetto verso un tema importante come la fecondazione assistita, questa è una questione molto meno marginale, che ha toccato moltissime famiglie in Italia. La gente ci verrà, eccome, a votare.
Quindi secondo lei questo governo non interpreta il sentire comune sui temi etici?
Con una legge del genere non ci sarebbe alcun rispetto nei confronti dei cittadini. Sarebbe solo una soverchieria della politica sulla libertà di scelta delle persone. Chi vince le elezioni non può pensare di imporre indicazioni sanitarie. Solo il paziente può decidere di sé stesso col proprio medico.
Si riferisce alle imposizioni di Formigoni sulla legge 194?
Quando affronto il tema dell’aborto mi sento davvero un passo indietro rispetto alla donna. Non posso neanche immaginare il dramma fisico e psichico che deve affrontare. Non può capirlo neanche Formigoni. Per fortuna ci sono dei bravi medici che decidono insieme alle pazienti e sostituiscono la cattiva politica.
Quindi lei non imporrebbe scelte da politico. Ma da medico?
Non ci penserei neanche lontanamente. La politica non deve avere uno scopo pedagogico. Deve invece spiegare e offrire tutte le possibilità. E così il medico. Lei potrebbe ritenere appropriata per sé una terapia che io non ritengo lo sia per me. Lei deve poterla accettare, io rifiutarla.
Ma se una persona non è cosciente per deciderlo?
É proprio questo il punto. Le indicazioni che io lascio devono essere rispettate. Se perdo coscienza perdo anche i diritti e lo Stato decide per me? Questo mi sembra chiaramente inaccettabile.
da Il Fatto Quotidiano del 4 gennaio 2011