Il boss soggiorna a Desenzano. Del resto è qui al nord che i capi della ‘ndrangheta investono i proventi del narcotraffico. Lui, Francesco Scullino, 45 anni, originario di Oppido Mamertina, in provincia di Reggio Calabria, è uno dei capi. Da diversi anni risiede stabilmente sulle rive del Garda. I vicini di casa lo conoscono come un “rappresentante di commercio”. Una signora confida: “Vedo la moglie di questo uscire ogni giorno con la sua Jeep nera. Lui è un bell’uomo alto, brizzolato. In questo periodo è quasi sempre via. Non ho ancora capito cosa faccia di preciso, ma dice di essere un rappresentante”.

Scullino ha una bella villa, a poche centinaia di metri dall’uscita dell’autostrada. Ha un doppio ingresso sul davanti e uno più discreto sul retro. La casa è su tre piani. Qui tutto racconta di una vita agiata. Ma chi è questo calabrese sempre ben vestito? “Scullino – si legge in un’informativa della Polizia – ha già collezionato un numero impressionante di precedenti, che vanno dall’associazione a delinquere di stampo mafioso al traffico di stupefacenti, dal sequestro di persona a molto altro ancora …”. Di più: la Direzione distrettuale antimafia di Brescia lo indica come “un elemento contiguo alla cosca facente capo al boss Carmelo Arico detto il Priore, operante nella frazione di Castellane di Oppido Mamertina, luogo di nascita di Francesco Scullino”.

Secondo un’altra informativa della Polizia “Francesco Scullino gestisce, anche attraverso dei prestanome, una serie di società operanti nel campo edile, dove, tra l’altro, è frequente l’intermediazione di manodopera. Con tali società si possano riciclare i proventi illeciti di alcune famiglie storiche della criminalità organizzata calabrese”. Secondo la Questura di Brescia, personaggio vicino a Scullino è Luca Sirani a sua volta “legato alla famiglia dei Facchineri di Cittanova” e un curriculum criminale di rispetto “con precedenti penali per armi, ricettazione, estorsione, bancarotta, reati finanziari e riciclaggio”. Il 3 febbraio del 2004, Luca Sirani è stato condannato dal Tribunale di Brescia a 2 anni e 4 mesi di carcere: “Una condanna emblematica del suo modus operandi- fanno sapere dalla squadra Mobile – perché Sirani gestisce di fatto con la complicità di altri pregiudicati, alcune società operanti nel campo edile, con le quali si ritiene possa riciclare proventi illeciti”. La presenza di Scullino rilancia, dunque, l’allarme sulla presenza della ‘ndrangheta anche in provincia di Brescia. Una presenza ben poco silenziosa e che si allunga inquietante fin lungo le rive del Garda monopolizzante, in parte, la filiera del divertimento notturno.

Nel luglio del 2007 così scatta l’operazione “Mafia sul Lago”: per la prima volta si effettuano sequestri di beni a scopo preventivo. I decreti sono destinati a esponenti di ‘ndrangheta, cosa nostra e camorra. L’operazione porta alla luce “l’esistenza di un’alleanza tra diverse mafie italiane attive nella zona del Garda”. Gli esponenti di camorra coinvolti, non sono certo di secondo piano. Giuseppe Grano e suo cognato Gennaro Laezza nel ’96 furono indagati dalla DDA di Bologna nell’ambito di un’indagine avviata nei confronti di un sodalizio di stampo mafioso che gestiva locali notturni in provincia di Modena e denunciati per aver emesso fatture false. Nel 1999 si aggiunge l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso della procura di Brescia. “I due -secondo gli inquirenti –gestiscono attività commerciali tra cui una discoteca a Desenzano, un night a Lonato e perfino un albergo”. Nel 2001 Laezza e Grano furono catturati in Venezuela dai carabinieri del Ros e arrestati “per associazione a delinquere, estorsione, sfruttamento della prostituzione, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina (procuravano ragazze straniere per impiegarle nei loro night). Rinviati a giudizio nel 2006 per associazione a delinquere, estorsione, riciclaggio, reati fallimentari e violazioni delle norme finanziarie. Le indagini mettono anche in luce i loro collegamenti con il gruppo calabrese dei Fortugno, affiliato al clan dei Piromalli di Gioia Tauro. I suoi clan sono presenti su tutto il territorio, dal basso Garda, alla Val Trompia, dalla città, alla Bassa. Nel rapporto annuale della Direzione Nazionale Antimafia del 2008 si legge come la Lombardia rappresenti il centro della mafia calabrese: dalla nostra regione sono diretti i traffici internazionali, si curano i collegamenti con il mondo della politica e delle istituzioni e in questo quadro, Brescia ha assunto sempre più un ruolo di primo piano.

di Leo Piccini

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