Come ogni anno, per le vacanze di Natale, torno in Italia a rivedere famiglia e amici – destinazione obbligata di noi emigrati all’estero che per fortuna possiamo permettercelo. E come ogni anno, immergendomi per qualche giorno nella mia Torino natale, sono stupito. Parlo di Torino Mirafiori/Lingotto, quartiere FIAT, direi ex-operaio nel senso che oggi ci stanno più pensionati che lavoratori, insomma una strana via di mezzo (o una ‘terza via’) tra un quartiere povero e uno ‘bene’.
Mi capita spesso di dover rispondere alla domanda ‘perché mai gli italiani continuano a sostenere Berlusconi’, stimolata da varie notizie di stampa soprattutto in occasione della mancata sfiducia. Mi sono adoperato a spiegare che no, non è vero che la maggior parte di noi lo ammira perché vorrebbe essere come lui, insomma tra l’altro la maggior parte di noi è fatta di donne! Che no, non credo che abbia ancora più del 50% dei consensi come si legge, anche se probabilmente ne ha ancora più di quelli che uno straniero riesca a concepire. Insomma, faccio quel che posso per evitare che i miei colleghi e amici pensino che l’Italia è un paese senza speranza abitato da decerebrati (e che quindi estendano automaticamente il concetto al sottoscritto…).
Poi rientro e mi devo subito ricredere. Le conversazioni sono piene di quei luoghi comuni che rendono gli italiani così incomprensibili all’estero: la vita privata non importa, basta che si governi bene; siamo comunque messi meglio degli altri; gli italiani non sono poveri, hanno tutti il cellulare, la Playstation, la casa di proprietà e quant’altro; non c’è nemmeno tutta questa evasione fiscale, perché la maggior parte dei lavoratori sono dipendenti… la lista la potete continuare da soli, penso.
Ascoltando pezzi di conversazione dei pensionati che stanno tutto il giorno a grappoli nei giardinetti, mi sembra di avere a che fare con quei ragazzini che un tempo attiravano acquirenti di giornali urlandone le notizie più clamorose. Infatti non discutono, non elaborano; urlano, ripetendo a pappagallo quello che hanno sentito alla Tv o letto su “La Stampa”.
Leggo sul “Fatto” di oggi, 4 gennaio, che “Freedom House, l’organizzazione internazionale non governativa, una sorta di termometro che annualmente misura la libertà di stampa nel mondo, nel 2010 ha inserito l’Italia al 74° posto e al 24° in Europa Occidentale, seguita solo dalla Turchia. Per il secondo anno consecutivo l’Italia è stata definita: “Un Paese parzialmente libero”. Quello che le classifiche non individuano è che la discesa è stata, a mio modo di vedere, abbastanza liberamente accettata dagli italiani stessi. I quali sembrano infischiarsene del conflitto di interessi, delle sregolatezze della casta, della politica nazionale e internazionale, dell’economia e dell’ecologia globale e via dicendo.
Allora Alessio Liberati, nel suo blog si chiede e ci chiede: E noi… per cosa siamo ancora capaci di indignarci?
Secondo me, dipende dal “noi”. Schematizzando brutalmente, ci sono almeno due generazioni, la mia e quella precedente, che non si indignano più. La mia per intontimento da (dis)informazione, la precedente per raggiunti limiti di età (il “noncepiunientedafarismo”). Poi c’è la generazione successiva alla mia (gli studenti) che si indigna per essere stata cornuta e mazziata, vale a dire lasciata fuori dei giochi dopo che tutte le risorse sono state consumate. E infine ci sono pezzi della generazione ancora precedente, i novantenni alla Stéphane Hessel che ispira il post di Liberati, che mostrano più grinta dei quarantenni (ma non so se ce ne siano anche in Italia).
Io, personalmente, capisco le cause del richiudersi su se stessi dei miei connazionali (vedi tra l’altro il mio primo scritto sul “Paese-bozzolo”). Però mi indigno lo stesso della loro (nostra) passività. E spero che la sveglia non ce la debba suonare il Fondo Monetario Internazionale.
Disclaimer: Come riportato nella bio, il contenuto di questo e degli altri post del mio blog è frutto di opinioni personali e non impegna in alcun modo la Commissione europea.
Giancarlo Granero
Funzionario della Commissione europea
Cervelli in fuga - 6 Gennaio 2011
Anno nuovo, solita solfa
Come ogni anno, per le vacanze di Natale, torno in Italia a rivedere famiglia e amici – destinazione obbligata di noi emigrati all’estero che per fortuna possiamo permettercelo. E come ogni anno, immergendomi per qualche giorno nella mia Torino natale, sono stupito. Parlo di Torino Mirafiori/Lingotto, quartiere FIAT, direi ex-operaio nel senso che oggi ci stanno più pensionati che lavoratori, insomma una strana via di mezzo (o una ‘terza via’) tra un quartiere povero e uno ‘bene’.
Mi capita spesso di dover rispondere alla domanda ‘perché mai gli italiani continuano a sostenere Berlusconi’, stimolata da varie notizie di stampa soprattutto in occasione della mancata sfiducia. Mi sono adoperato a spiegare che no, non è vero che la maggior parte di noi lo ammira perché vorrebbe essere come lui, insomma tra l’altro la maggior parte di noi è fatta di donne! Che no, non credo che abbia ancora più del 50% dei consensi come si legge, anche se probabilmente ne ha ancora più di quelli che uno straniero riesca a concepire. Insomma, faccio quel che posso per evitare che i miei colleghi e amici pensino che l’Italia è un paese senza speranza abitato da decerebrati (e che quindi estendano automaticamente il concetto al sottoscritto…).
Poi rientro e mi devo subito ricredere. Le conversazioni sono piene di quei luoghi comuni che rendono gli italiani così incomprensibili all’estero: la vita privata non importa, basta che si governi bene; siamo comunque messi meglio degli altri; gli italiani non sono poveri, hanno tutti il cellulare, la Playstation, la casa di proprietà e quant’altro; non c’è nemmeno tutta questa evasione fiscale, perché la maggior parte dei lavoratori sono dipendenti… la lista la potete continuare da soli, penso.
Ascoltando pezzi di conversazione dei pensionati che stanno tutto il giorno a grappoli nei giardinetti, mi sembra di avere a che fare con quei ragazzini che un tempo attiravano acquirenti di giornali urlandone le notizie più clamorose. Infatti non discutono, non elaborano; urlano, ripetendo a pappagallo quello che hanno sentito alla Tv o letto su “La Stampa”.
Leggo sul “Fatto” di oggi, 4 gennaio, che “Freedom House, l’organizzazione internazionale non governativa, una sorta di termometro che annualmente misura la libertà di stampa nel mondo, nel 2010 ha inserito l’Italia al 74° posto e al 24° in Europa Occidentale, seguita solo dalla Turchia. Per il secondo anno consecutivo l’Italia è stata definita: “Un Paese parzialmente libero”. Quello che le classifiche non individuano è che la discesa è stata, a mio modo di vedere, abbastanza liberamente accettata dagli italiani stessi. I quali sembrano infischiarsene del conflitto di interessi, delle sregolatezze della casta, della politica nazionale e internazionale, dell’economia e dell’ecologia globale e via dicendo.
Allora Alessio Liberati, nel suo blog si chiede e ci chiede: E noi… per cosa siamo ancora capaci di indignarci?
Secondo me, dipende dal “noi”. Schematizzando brutalmente, ci sono almeno due generazioni, la mia e quella precedente, che non si indignano più. La mia per intontimento da (dis)informazione, la precedente per raggiunti limiti di età (il “noncepiunientedafarismo”). Poi c’è la generazione successiva alla mia (gli studenti) che si indigna per essere stata cornuta e mazziata, vale a dire lasciata fuori dei giochi dopo che tutte le risorse sono state consumate. E infine ci sono pezzi della generazione ancora precedente, i novantenni alla Stéphane Hessel che ispira il post di Liberati, che mostrano più grinta dei quarantenni (ma non so se ce ne siano anche in Italia).
Io, personalmente, capisco le cause del richiudersi su se stessi dei miei connazionali (vedi tra l’altro il mio primo scritto sul “Paese-bozzolo”). Però mi indigno lo stesso della loro (nostra) passività. E spero che la sveglia non ce la debba suonare il Fondo Monetario Internazionale.
Disclaimer: Come riportato nella bio, il contenuto di questo e degli altri post del mio blog è frutto di opinioni personali e non impegna in alcun modo la Commissione europea.
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Brasilia, 22 dic. (Adnkronos/Afp) - Il bilancio delle vittime del terribile incidente d'autobus avvenuto ieri nello stato brasiliano di Mina Gerais (sud-est) è salito a 41 morti. Lo ha riferito la polizia in una conferenza stampa, precisando che "41 corpi sono stati trasportati all'istituto forense".
L'autobus viaggiava sull'autostrada che collega San Paolo (sud-est) a Vitória da Conquista, nello stato di Bahia (nord-est). La polizia federale ha precisato che, secondo "le prime informazioni e le tracce rinvenute sul posto", un grosso blocco di granito "probabilmente" è caduto da un camion che viaggiava in senso contrario e ha colpito l'autobus, che ha subito preso fuoco.
L'autista del camion è fuggito, ha dichiarato la polizia, aggiungendo che la sua patente di guida era stata sospesa per due anni. Si tratta della peggiore tragedia avvenuta su una strada federale in Brasile dal 2007.
Roma, 22 dic. (Adnkronos) - “Il ministro Nordio, puntando il dito contro i giudici e sentenziando che chi sbaglia debba pagare, non ha specificato se questa valga anche per l’attuale categoria di sua appartenenza. Perché in tal caso un ministro che non ne azzecca una, all’indomani delle dimissioni del capo del Dap, Giovanni Russo, presumibilmente causate da dissidi con un sottosegretario, con una situazione disastrosa dei penitenziari italiani, di fronte ad un numero impressionante di suicidi tra i detenuti e finanche tra gli agenti della penitenziaria: ebbene, un ministro dovrebbe pagare per tutto questo?”. Così Luana Zanella, capogruppo di Avs alla Camera.
“All’indomani della sentenza di Palermo -aggiunge- la destra torna all’attacco contro una magistratura di cui non sopporta l’indipendenza”.
Roma, 22 dic. (Adnkronos) - "Le sostanze stupefacenti sono il pericolo numero uno per il nostro Paese". Lo afferma il vicecapogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera Alfredo Antoniozzi. "Abbiamo una crescita esponenziale dell'uso delle sostanze -denuncia- iniziando dalla cannabis che ancora oggi viene considerata innocua da settori della sinistra. Apprezzo l'impegno del sottosegretario Mantovano e del viceministro Bellucci in materia e insieme a questo serve una sensibilizzazione generale. I danni causati dalle droghe sono notevoli -conclude Antoniozzi- e c'è bisogno di una prevenzione che coinvolga le scuole e gli Enti locali e che punti ad intercettare il linguaggio del giovani".
Roma, 22 dic. (Adnkronos) - “Lo Stato garantisce, neanche sempre, la riparazione per ingiusta detenzione a chi è stato arrestato ingiustamente. Ma a chi è stato assolto dopo aver subito una misura cautelare reale o personale come un sequestro o un interdizione dalla professione, o un divieto di dimora, subendo un danno grave, lo Stato non risarcisce nulla. Nulla anche a chi ha subito un processo ‘temerario’, che non doveva celebrarsi perché mancavano fin dall’inizio elementi per supportarlo". Lo afferma Enrico Costa, deputato di Forza Italia.
"Non subisce conseguenze di carriera -ricorda- il magistrato che sbaglia e non ottiene alcun risarcimento chi ha subito una misura cautelare ingiusta o un processo che non si sarebbe dovuto tenere. Un cittadino chiamato a rispondere in un procedimento penale, se ne esce da innocente è la stessa persona che era prima di entrare nell’ingranaggio giudiziario? Oggi assolutamente no. Ha ragione il ministro Nordio, occorre intervenire. A breve depositeremo una proposta di legge in questo senso”.
Tel Aviv, 22 dic. (Adnkronos) - Il presidente del partito israeliano per l'Unità Nazionale Benny Gantz ha dichiarato ai media che "mentre i negoziatori per l’accordo sugli ostaggi con Hamas lavorano, Netanyahu li sta nuovamente sabotando". "Stiamo vivendo tempi delicati, mentre Netanyahu sta di nuovo correndo verso i media stranieri", ha aggiunto, riferendosi alla recente intervista del premier al The Wall Street Journal. Poi, rivolgendosi a Netanyahu, ha detto ancora: "Non hai il mandato di ostacolare di nuovo il ritorno dei nostri ostaggi per ragioni politiche. Restituire gli ostaggi è la cosa giusta, per ragioni umanitarie, di sicurezza e nazionali".
Kiev, 22 nov. (Adnkronos) - L'adesione dell'Ucraina alla Nato è "realizzabile", ma Kiev dovrà combattere per convincere gli alleati a realizzarla. Lo ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ai diplomatici ucraini. L'Ucraina ha ripetutamente sollecitato l'Alleanza Atlantica a invitare Kiev a diventare membro, mentre per Mosca la prospettiva dell'adesione dell'Ucraina alla Nato è una delle principali giustificazioni della sua invasione del 2022.
"Tutti noi comprendiamo che l'invito della Nato all'Ucraina e l'adesione all'Alleanza dipendano solo una decisione politica", ha aggiunto Zelensky. "L'alleanza per l'Ucraina è realizzabile, ma è realizzabile solo se lottiamo per questa decisione a tutti i livelli necessari". Il capo dello Stato ha affermato che gli alleati devono sapere cosa può apportare l'Ucraina alla Nato e in che modo la sua adesione all'Alleanza stabilizzerà le relazioni globali.
Kiev, 22 dic. (Adnkronos) - Un attacco "massiccio" di droni ucraini ha colpito un deposito di petrolio vicino alla città di Oryol, nella Russia occidentale, durante la notte, provocando un incendio. Lo ha riferito il governatore dell'oblast di Oryol, Andrey Klychkov, aggiungendo che le forze russe hanno abbattuto 20 droni.
Video pubblicati sui social media e girati dai residenti locali mostrano grandi esplosioni che illuminano il cielo notturno attorno alla città. L'entità dei danni causati non è stata immediatamente chiara. Klychkov ha affermato che non sono state segnalate vittime o feriti a seguito dell'attacco.