La Corte dei conti ha condannato la Rai al pagamento di una salatissima multa per l’editto bulgaro, per Michele Santoro e la sua squadra e per non aver consentito loro di proseguire nel loro lavoro, per altro graditissimo, anche allora, a milioni di spettatori.
Il tribunale di Roma ha disposto il reintegro di Tiziana Ferrario perché la sua cacciata dalla conduzione è avvenuta in modo irregolare, con una chiara motivazione discriminatoria, e senza che le sia stata assegnata una mansione equivalente, come prevede il contratto di lavoro.
Un altro tribunale ha disposto l’immediato rientro nel ruolo del direttore di Rai3 Paolo Ruffini che era stato allontanato “perché toppo bravo e destinato ad incarichi più prestigiosi”, solo che tali incarichi si erano dimenticati di individuarli, esattamente come nel film Tototruffa.
Oliviero Beha detiene ormai il record delle cause vinte, la Rai continua a far finta di nulla, quando vincerà di nuovo e, speriamo per lui, strapperà anche il doveroso indennizzo, qualcuno al settimo piano di viale Mazzini darà forse alle stampe un comunicato contro la Fiom, contro i comunisti, contro i tribunali rossi e via discorrendo con il più triste campionario dell’avanspettacolo berlusconiano,
Tanto per gradire, nei giorni scorsi, la Corte dei conti ha chiesto anche di sapere dal direttore generale perché mai l’azienda ha concesso liquidazioni d’oro e a tempo di record a due dirigenti che già stavano andando in pensione. In realtà quella buona uscita era funzionale alla liberazione dei posti da distribuire tra le correnti della maggioranza.
Potremmo continuare con questo lungo elenco, ma aggiungeremo solo l’ultima sentenza, quella con la quale il tribunale di Roma ha accolto l’esposto dell’Usigrai e della Stampa romana nel quale si contestavano alcune violazioni contrattuali e l’atteggiamento antisindacale. I due segretari Carlo Verna e Paolo Butturini, nel loro esposto, facevano riferimento alla mancata informativa aziendale in merito ai nuovi palinsesti e all’abolizione della terza edizione dei Tg regionali, un tema sul quale vi era e vi è una dura polemica.
Il contratto integrativo prevede l’oblio dell’informativa preventiva al sindacato e ai comitati di redazione, come è ovvio dal momento che attraverso i palinsesti possono passare le censure, le chiusure delle trasmissioni sgradite o anche i progetti di potenziamento e ridimensionamento aziendale, con le prevedibili conseguenze anche sul piano dell’organizzazione del lavoro e degli organici. Nel pieno di una accesa e infuocata discussione quei palinsesti furono comunque portati in Consiglio senza riferire che su quei progetti non vi era stata informazione preventiva alcuna. Per queste ragioni il tribunale di Roma, dopo aver ricostruito la vicenda, ha dato ragione al sindacato, ha condannato la Rai, ha rilevato per l’ennesima volta l’esistenza di un atteggiamento provocatorio, di una volontà di aggirare regole, leggi e contratti.
Di fronte all’ennesima tegola il direttore generale, nel silenzio del presidente Garimberti, non ha trovato di meglio che esibirsi in uno spettacolino condito di frasi senza senso e di insulti: “Siete come la Fiom, nessuno si accorgerà di voi”. Questa la migliore tra le perle, e questa merita una riflessione: se nessuno se ne accorgerà, come strepita Masi, perché fare tanto baccano, perché inveire e minacciare contro il nulla sindacale?
Il paragone con la Fiom svela un desiderio proibito, quello di essere equiparato a Marchionne. Ora noi non amiamo Marchionne, ma il solo accostamento a Masi ci sembra quasi una sorta di bestemmia nel tempio. Se non altro l’amministratore delegato della Fiat è riuscito a spaccare i sindacati, Masi, invece, è riuscito in un’impresa mai riuscita a nessuno tra i suoi predecessori: quella di essersi beccato un voto di sfiducia alla quasi unanimità da tutti i suoi giornalisti, di destra, di centro, di sinistra, credenti, non credenti, alti e bassi, tutti, ma proprio tutti lo hanno invitato a tornare a casa.
Le parole di queste ore, e le sentenze già arrivate, indicano che la Rai è ormai un’azienda fuori controllo, che sono saltate tutte le regole, e che si è determinata una situazione prefallimentare non solo dal punto di vista etico e politico, ma anche sotto il profilo più squisitamente imprenditoriale.
Le autorità di controllo e di garanzia hanno il dovere di intervenire e di mettere in sicurezza un patrimonio che, comunque la si pensi, riveste un pubblico interesse ed è ancor finanziato con i soldi dei contribuenti. Di fronte ad un crescente danno erariale e patrimoniale, le autorità hanno il dovere e l’obbligo di mettere fine ad una situazione penosa e pericolosa. Altrimenti dovranno farlo i tribunali e la Corte dei conti, e a quel punto a nessuno venga in mente di inveire contro il giustizialismo e la via giudiziaria: se e quando i giudici, anche in questo caso, dovessero sostituirsi alla politica e alle autorità di controllo, non sarà per una loro volontà di potenza, ma per la acclarata impotenza dei controllori.
Beppe Giulietti
Giornalista
Media & Regime - 8 Gennaio 2011
Rai, chiamate la Croce rossa
La Corte dei conti ha condannato la Rai al pagamento di una salatissima multa per l’editto bulgaro, per Michele Santoro e la sua squadra e per non aver consentito loro di proseguire nel loro lavoro, per altro graditissimo, anche allora, a milioni di spettatori.
Il tribunale di Roma ha disposto il reintegro di Tiziana Ferrario perché la sua cacciata dalla conduzione è avvenuta in modo irregolare, con una chiara motivazione discriminatoria, e senza che le sia stata assegnata una mansione equivalente, come prevede il contratto di lavoro.
Un altro tribunale ha disposto l’immediato rientro nel ruolo del direttore di Rai3 Paolo Ruffini che era stato allontanato “perché toppo bravo e destinato ad incarichi più prestigiosi”, solo che tali incarichi si erano dimenticati di individuarli, esattamente come nel film Tototruffa.
Oliviero Beha detiene ormai il record delle cause vinte, la Rai continua a far finta di nulla, quando vincerà di nuovo e, speriamo per lui, strapperà anche il doveroso indennizzo, qualcuno al settimo piano di viale Mazzini darà forse alle stampe un comunicato contro la Fiom, contro i comunisti, contro i tribunali rossi e via discorrendo con il più triste campionario dell’avanspettacolo berlusconiano,
Tanto per gradire, nei giorni scorsi, la Corte dei conti ha chiesto anche di sapere dal direttore generale perché mai l’azienda ha concesso liquidazioni d’oro e a tempo di record a due dirigenti che già stavano andando in pensione. In realtà quella buona uscita era funzionale alla liberazione dei posti da distribuire tra le correnti della maggioranza.
Potremmo continuare con questo lungo elenco, ma aggiungeremo solo l’ultima sentenza, quella con la quale il tribunale di Roma ha accolto l’esposto dell’Usigrai e della Stampa romana nel quale si contestavano alcune violazioni contrattuali e l’atteggiamento antisindacale. I due segretari Carlo Verna e Paolo Butturini, nel loro esposto, facevano riferimento alla mancata informativa aziendale in merito ai nuovi palinsesti e all’abolizione della terza edizione dei Tg regionali, un tema sul quale vi era e vi è una dura polemica.
Il contratto integrativo prevede l’oblio dell’informativa preventiva al sindacato e ai comitati di redazione, come è ovvio dal momento che attraverso i palinsesti possono passare le censure, le chiusure delle trasmissioni sgradite o anche i progetti di potenziamento e ridimensionamento aziendale, con le prevedibili conseguenze anche sul piano dell’organizzazione del lavoro e degli organici. Nel pieno di una accesa e infuocata discussione quei palinsesti furono comunque portati in Consiglio senza riferire che su quei progetti non vi era stata informazione preventiva alcuna. Per queste ragioni il tribunale di Roma, dopo aver ricostruito la vicenda, ha dato ragione al sindacato, ha condannato la Rai, ha rilevato per l’ennesima volta l’esistenza di un atteggiamento provocatorio, di una volontà di aggirare regole, leggi e contratti.
Di fronte all’ennesima tegola il direttore generale, nel silenzio del presidente Garimberti, non ha trovato di meglio che esibirsi in uno spettacolino condito di frasi senza senso e di insulti: “Siete come la Fiom, nessuno si accorgerà di voi”. Questa la migliore tra le perle, e questa merita una riflessione: se nessuno se ne accorgerà, come strepita Masi, perché fare tanto baccano, perché inveire e minacciare contro il nulla sindacale?
Il paragone con la Fiom svela un desiderio proibito, quello di essere equiparato a Marchionne. Ora noi non amiamo Marchionne, ma il solo accostamento a Masi ci sembra quasi una sorta di bestemmia nel tempio. Se non altro l’amministratore delegato della Fiat è riuscito a spaccare i sindacati, Masi, invece, è riuscito in un’impresa mai riuscita a nessuno tra i suoi predecessori: quella di essersi beccato un voto di sfiducia alla quasi unanimità da tutti i suoi giornalisti, di destra, di centro, di sinistra, credenti, non credenti, alti e bassi, tutti, ma proprio tutti lo hanno invitato a tornare a casa.
Le parole di queste ore, e le sentenze già arrivate, indicano che la Rai è ormai un’azienda fuori controllo, che sono saltate tutte le regole, e che si è determinata una situazione prefallimentare non solo dal punto di vista etico e politico, ma anche sotto il profilo più squisitamente imprenditoriale.
Le autorità di controllo e di garanzia hanno il dovere di intervenire e di mettere in sicurezza un patrimonio che, comunque la si pensi, riveste un pubblico interesse ed è ancor finanziato con i soldi dei contribuenti. Di fronte ad un crescente danno erariale e patrimoniale, le autorità hanno il dovere e l’obbligo di mettere fine ad una situazione penosa e pericolosa. Altrimenti dovranno farlo i tribunali e la Corte dei conti, e a quel punto a nessuno venga in mente di inveire contro il giustizialismo e la via giudiziaria: se e quando i giudici, anche in questo caso, dovessero sostituirsi alla politica e alle autorità di controllo, non sarà per una loro volontà di potenza, ma per la acclarata impotenza dei controllori.
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Teheran, 22 feb. (Adnkronos/Afp) - Il ministero degli Esteri iraniano ha dichiarato che il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov visiterà Teheran nei prossimi giorni per incontrare il suo omologo iraniano Abbas Araghchi e discutere "degli sviluppi regionali e internazionali". "La visita sarà effettuata nel quadro delle consultazioni in corso tra la Repubblica islamica dell'Iran e la Federazione Russa sulle relazioni bilaterali e sugli sviluppi regionali e internazionali", ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Esmaeil Baqaei.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Nessun tumore al cervello e nessuna infezione da polmonite batterica, come erroneamente riportato dalla Direzione sanitaria del Mar Rosso. Mattia è morto per un’emorragia causata da un aneurisma cerebrale e si esclude con certezza la presenza di altre patologie concomitanti. Questo quanto emerge dopo l'esame effettuato dall'Azienda Ospedaliero Universitaria di Udine". Così l'avvocato Maria Virginia Maccari, che assiste i familiari di Mattia Cossettini, morto a 9 anni mentre si trovava in vacanza a Marsa Alam.
"Mattia era felicissimo della vacanza e fino a quella tragica escursione in barca non aveva manifestato alcun sintomo, nemmeno un raffreddore. Tanti sorrisi fino all’ultimo momento, allegro come tutti lo conoscevano, ma durante l’escursione in barca non c’è stata nessuna possibilità di chiamare o di ricevere i soccorsi. Secondo i genitori vi è stata sicuramente una sottovalutazione del quadro clinico iniziale; c’è poi stato un errore di refertazione da parte dei medici dell’ospedale generale governativo di Marsa Alam, che hanno interpretato la Tc senza intervenire poi su Mattia per l’assenza di attrezzature, tenuto solamente in osservazione mentre i sanitari stimavamo le più svariate patologie, dal diabete alla broncopolmonite, citando addirittura il Covid come causa di un’ossigenazione bassa quando invece Mattia non aveva neanche la tosse", spiega.
"Rimasto invece su una lettiga di ospedale, con il cuscino della camera del resort, mentre i genitori tentavano invano un trasferimento presso un altro ospedale. La famiglia sta ancora approfondendo gli aspetti relativi all’incidenza di una corretta e tempestiva diagnosi, ma quello che emerge è la necessità di sensibilizzare il Governo egiziano per favorire protocolli nella gestione delle emergenze sanitarie nella zona del mar Rosso. Il primo ospedale attrezzato è situato a circa tre ore di auto e - sottolinea - non sono disponibili mezzi di trasporto rapidi per raggiungerlo. Probabilmente sarebbe sufficiente un piccolo contributo economico da parte delle numerosissime strutture alberghiere per garantire un servizio sanitario adeguato, oppure realizzare un eliporto per trasferire i pazienti gravi, raggiungendo un luogo idoneo. Si stima la presenza di circa quindici milioni di italiani in Egitto ogni anno, di cui un terzo circa nella zona del Mar Rosso".
"Nonostante tutte le immersioni subacquee effettuate in zona, anche una 'semplice' embolia polmonare diventerebbe critica a causa dell’assenza nelle vicinanze di una camera iperbarica. In alcune situazioni potrebbe fare la differenza anche la refertazione a distanza, facilmente possibile con l’utilizzo della telemedicina e nel caso di Mattia si sarebbe molto probabilmente evitata l'errata interpretazione delle immagini della Tc, fatto che ha di certo avuto un peso psicologico importante sui genitori. Non è chiaro se il tempo perso, dai primi sintomi interpretati in modo superficiale dai medici, all’incapacità di intervenire in modo attivo presso l’ospedale di Marsa Alam, potessero cambiare l’esito della vicenda. È però evidente come, qualsiasi necessità sanitaria improvvisa, che possa essere clinicamente complessa ma che nel nostro contesto sociale risulti gestibile, le possibilità di sopravvivenza in una zona così turistica e famosa siano sorprendentemente scarse. I genitori di Mattia, Marco e Alessandra, si augurano che la morte di loro figlio possa servire ad avviare questo adeguamento sanitario in Egitto per il bene dí tutti gli altri turisti italiani, non consapevoli della situazione fatiscente che potrebbero scoprire appena varcate le mura dei lussuosi resort", conclude.
Milano, 21 feb. (Adnkronos) - Con una produzione dal valore di 277 milioni di euro nel 2023, la Lombardia è la quarta regione italiana più rilevante nel comparto florovivaistico. E' quanto afferma la Coldiretti regionale, sulla base del primo Rapporto nazionale sul settore realizzato dal centro studi Divulga e da Ixe’ con Coldiretti, in occasione della giornata conclusiva di Myplant&Garden, una delle più importanti manifestazioni internazionali per i professionisti delle filiere del verde in corso a Rho Fiera Milano.
In Lombardia, precisa la Coldiretti regionale su dati Registro delle Imprese, sono oltre 2.500 le aziende florovivaistiche, a cui vanno aggiunte quelle che si dedicano alla cura e alla manutenzione del paesaggio, per una filiera del verde lombarda che in totale può contare su più di 7.900 imprese. Sulla base del rapporto Divulga/Ixè, nel 2024 il florovivaismo Made in Italy ha raggiunto il valore massimo di sempre a quota 3,3 miliardi di euro, grazie anche al traino dell’export che chiuderà l’anno a 1,3 miliardi, ma sulle aziende nazionali pesa oggi la difficile situazione internazionale, a partire dalla guerra in Ucraina. Proprio a causa del conflitto, le aziende hanno subito un aumento dei costi del +83% per i prodotti energetici e del +45% per i fertilizzanti rispetto al 2020, oltre a un +29% per altri input produttivi quali sementi e piantine.
Costi in progressivo aumento, che ancora fanno fatica ad essere riassorbiti, tanto più se si considera la concorrenza sleale che pesa sulle imprese tricolori a causa delle importazioni a basso costo dall’estero, dove non si rispettano le stesse regole in termini di utilizzo dei prodotti fitosanitari, ma anche di tutela dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente.
Non va poi trascurato, avverte Coldiretti, l’impatto dei cambiamenti climatici: secondo il rapporto Divulga/Ixe’ due aziende agricole su tre (66%) hanno subito danni nell’ultimo triennio a causa di eventi estremi, tra grandinate, trombe d’aria, alluvioni e siccità che a più riprese hanno interessato il territorio nazionale. Il risultato di tutti questi fattori è che più di un terzo delle aziende florovivaistiche italiane denuncia difficoltà economiche.
Un quadro dinanzi al quale Coldiretti chiede misure di sostegno alle imprese per contrastare i cambiamenti climatici che, oltre agli eventi estremi, hanno moltiplicato le malattie che colpiscono le piante, spesso peraltro diffuse a causa delle importazioni di prodotti stranieri.
Ma serve anche puntare sulla promozione dei prodotti 100% Made in Italy, mettendone in risalto l’elevato valore ambientale, oltre che gli effetti positivi dal punto di vista della salute e della lotta all’inquinamento. Importante anche una maggiore considerazione per il settore all’interno della Politica agricola europea e, di riflesso, nelle politiche di sviluppo rurale.
Milano, 21 feb. (Adnkronos) - Con una produzione dal valore di 277 milioni di euro nel 2023, la Lombardia è la quarta regione italiana più rilevante nel comparto florovivaistico. E' quanto afferma la Coldiretti regionale, sulla base del primo Rapporto nazionale sul settore realizzato dal centro studi Divulga e da Ixe’ con Coldiretti, in occasione della giornata conclusiva di Myplant&Garden, una delle più importanti manifestazioni internazionali per i professionisti delle filiere del verde in corso a Rho Fiera Milano.
In Lombardia, precisa la Coldiretti regionale su dati Registro delle Imprese, sono oltre 2.500 le aziende florovivaistiche, a cui vanno aggiunte quelle che si dedicano alla cura e alla manutenzione del paesaggio, per una filiera del verde lombarda che in totale può contare su più di 7.900 imprese. Sulla base del rapporto Divulga/Ixè, nel 2024 il florovivaismo Made in Italy ha raggiunto il valore massimo di sempre a quota 3,3 miliardi di euro, grazie anche al traino dell’export che chiuderà l’anno a 1,3 miliardi, ma sulle aziende nazionali pesa oggi la difficile situazione internazionale, a partire dalla guerra in Ucraina. Proprio a causa del conflitto, le aziende hanno subito un aumento dei costi del +83% per i prodotti energetici e del +45% per i fertilizzanti rispetto al 2020, oltre a un +29% per altri input produttivi quali sementi e piantine.
Costi in progressivo aumento, che ancora fanno fatica ad essere riassorbiti, tanto più se si considera la concorrenza sleale che pesa sulle imprese tricolori a causa delle importazioni a basso costo dall’estero, dove non si rispettano le stesse regole in termini di utilizzo dei prodotti fitosanitari, ma anche di tutela dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente.
Non va poi trascurato, avverte Coldiretti, l’impatto dei cambiamenti climatici: secondo il rapporto Divulga/Ixe’ due aziende agricole su tre (66%) hanno subito danni nell’ultimo triennio a causa di eventi estremi, tra grandinate, trombe d’aria, alluvioni e siccità che a più riprese hanno interessato il territorio nazionale. Il risultato di tutti questi fattori è che più di un terzo delle aziende florovivaistiche italiane denuncia difficoltà economiche.
Un quadro dinanzi al quale Coldiretti chiede misure di sostegno alle imprese per contrastare i cambiamenti climatici che, oltre agli eventi estremi, hanno moltiplicato le malattie che colpiscono le piante, spesso peraltro diffuse a causa delle importazioni di prodotti stranieri.
Ma serve anche puntare sulla promozione dei prodotti 100% Made in Italy, mettendone in risalto l’elevato valore ambientale, oltre che gli effetti positivi dal punto di vista della salute e della lotta all’inquinamento. Importante anche una maggiore considerazione per il settore all’interno della Politica agricola europea e, di riflesso, nelle politiche di sviluppo rurale.
Milano, 21 feb. (Adnkronos) - Con una produzione dal valore di 277 milioni di euro nel 2023, la Lombardia è la quarta regione italiana più rilevante nel comparto florovivaistico. E' quanto afferma la Coldiretti regionale, sulla base del primo Rapporto nazionale sul settore realizzato dal centro studi Divulga e da Ixe’ con Coldiretti, in occasione della giornata conclusiva di Myplant&Garden, una delle più importanti manifestazioni internazionali per i professionisti delle filiere del verde in corso a Rho Fiera Milano.
In Lombardia, precisa la Coldiretti regionale su dati Registro delle Imprese, sono oltre 2.500 le aziende florovivaistiche, a cui vanno aggiunte quelle che si dedicano alla cura e alla manutenzione del paesaggio, per una filiera del verde lombarda che in totale può contare su più di 7.900 imprese. Sulla base del rapporto Divulga/Ixè, nel 2024 il florovivaismo Made in Italy ha raggiunto il valore massimo di sempre a quota 3,3 miliardi di euro, grazie anche al traino dell’export che chiuderà l’anno a 1,3 miliardi, ma sulle aziende nazionali pesa oggi la difficile situazione internazionale, a partire dalla guerra in Ucraina. Proprio a causa del conflitto, le aziende hanno subito un aumento dei costi del +83% per i prodotti energetici e del +45% per i fertilizzanti rispetto al 2020, oltre a un +29% per altri input produttivi quali sementi e piantine.
Costi in progressivo aumento, che ancora fanno fatica ad essere riassorbiti, tanto più se si considera la concorrenza sleale che pesa sulle imprese tricolori a causa delle importazioni a basso costo dall’estero, dove non si rispettano le stesse regole in termini di utilizzo dei prodotti fitosanitari, ma anche di tutela dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente.
Non va poi trascurato, avverte Coldiretti, l’impatto dei cambiamenti climatici: secondo il rapporto Divulga/Ixe’ due aziende agricole su tre (66%) hanno subito danni nell’ultimo triennio a causa di eventi estremi, tra grandinate, trombe d’aria, alluvioni e siccità che a più riprese hanno interessato il territorio nazionale. Il risultato di tutti questi fattori è che più di un terzo delle aziende florovivaistiche italiane denuncia difficoltà economiche.
Un quadro dinanzi al quale Coldiretti chiede misure di sostegno alle imprese per contrastare i cambiamenti climatici che, oltre agli eventi estremi, hanno moltiplicato le malattie che colpiscono le piante, spesso peraltro diffuse a causa delle importazioni di prodotti stranieri.
Ma serve anche puntare sulla promozione dei prodotti 100% Made in Italy, mettendone in risalto l’elevato valore ambientale, oltre che gli effetti positivi dal punto di vista della salute e della lotta all’inquinamento. Importante anche una maggiore considerazione per il settore all’interno della Politica agricola europea e, di riflesso, nelle politiche di sviluppo rurale.
Gaza, 22 feb. (Adnkronos) - Gli ostaggi israeliani Eliya Cohen, Omer Shem Tov e Omer Wenkert sono stati trasferiti alla Croce Rossa Internazionale dopo essere saliti sul palco a Nuseirat, nel centro di Gaza, prima del rilascio da parte di Hamas.
Roma, 22 feb. (Adnkronos Salute) - "In Italia sono sempre più giovani medici attratti dalla ginecologia oncologica: questa specializzazione conta bravi chirurghi intorno ai 45 anni, in Italia sono circa 50, tra cui molte donne. E loro saranno tra i protagonisti domani del simposio 'Innovation in Gyn Onc', appuntamento voluto dalla Società italiana di ginecologia e ostetricia all’interno di Esgo", European Gynaecological Oncology Congress, in corso fino a domenica a Roma (Hotel dei Congressi all’Eur). Così all’Adnkronos Salute Vito Trojano, presidente di Sigo alla vigilia del meeting all’interno del Congresso Esgo 2025, un'esperienza formativa con oltre 50 sessioni scientifiche che in questa tre giorni di lavori presentano gli ultimi sviluppi medici e scientifici nella ricerca, nel trattamento e nella cura dei tumori ginecologici, tenuti da esperti di fama mondiale.
"Sarà una giornata molto importante perché non solo è un connubio fra la Società europea di ginecologia oncologica e la Sigo – spiega Trojano – ma perché dedicata alle nuove generazioni. Obiettivo: poter fare in modo che la Ginecologia oncologica sia sempre più attrattiva e di interesse per i giovani che aspirano a fare i medici".
Tra i temi al centro del simposio, nuove proposte per la vaccinazione e lo screening del cancro cervicale, prevenzione del cancro ovarico oltre la chirurgia, medicina di precisione in oncologia ginecologica, novità dalla biopsia liquida, algoritmi terapeutici nel carcinoma ovarico di prima linea, efficacia e sopravvivenza a lungo termine con gli inibitori di Parp. E ancora: la salute digitale in oncologia ginecologica, telechirurgia, telesonografia, teleconsulenza e Hipec (chemioterapia ipertermica intraperitoneale) in oncologia ginecologica. "Ampio spazio sarà dato ovviamente alle nuove terapie mediche, alle tecniche chirurgiche e all’Intelligenza artificiale con cui i futuri chirurghi si addestrano e si formano", conclude Trojano.