C’è già una prima ripercussione politica al massacro di Tucson. Lo speaker repubblicano della Camera, John Boehner, ha deciso di posporre il voto, fissato per mercoledì, contro la riforma sanitaria di Barack Obama. “Un modo per svelenire il clima politico”, ha detto Boehner. La decisione dello speaker non ha comunque placato le proteste del popolo democratico, che attraverso migliaia di messaggi in Rete accusa il Tea Party di aver armato la mano che ha ucciso sei persone e gravemente ferito la deputata democratica Gabrielle Giffords (rilievi subito respinti da molti esponenti conservatori, che a loro volta accusano i democratici di “sciacallaggio”). Per lo sceriffo della contea Clarence Dupnik, è però proprio il “clima politico al vetriolo” di Washington il vero responsabile della tragedia.
In realtà, non pare che il presunto killer abbia particolari connessioni politiche. 22 anni, Jared Loughner, questo il suo nome, ha negli ultimi mesi più volte manifestato seri disturbi psichici. Lo scorso ottobre si è ritirato dal Pima Community College (ma le autorità universitarie avevano già convocato i genitori per le frequenti esplosioni di violenza verbale del ragazzo. Nessun compagno voleva più sedere accanto a lui in classe). Nella sua pagina di Youtube, tra la lista delle letture preferite, ci sono Mein Kampf di Hitler e il Manifesto del Partito Comunista (ma anche Alice nel Paese delle meraviglie). In una serie di video, sempre su YouTube, Jared ha assemblato frasi poco coerenti su valuta, controllo mentale e corpi paramilitari. Scarsissimi i dettagli sulle sue opinioni politiche. “Non amava particolarmente la religione”, e “Considerava l’aborto un omicidio”, raccontano ora i suoi compagni delle superiori, che lo descrivono anche come un “ragazzo magro, intelligente, con una gran passione per il basket e la grammatica”.
Difficile dunque legare Jared Loughner a qualsiasi gruppo o idea politica. “Ho controllato tutti i 4000 membri del Tucson Tea Party, e non c’è traccia del ragazzo”, spiega il responsabile locale del movimento, Trent Humphries, per sgombrare definitivamente il campo dai sospetti. Il massacro di Tucson non pare però spiegabile al di fuori della politica. L’obiettivo è stato infatti il comizio di una democratica moderata, Gabrielle Giffords, che negli ultimi mesi è diventata tra gli obiettivi più frequenti delle polemiche repubblicane. Nell’agosto 2009, al momento dei primi scontri sulla riforma sanitaria (che la Giffords ha appoggiato) un uomo in possesso di un’arma venne arrestato a un comizio della deputata. I vetri del suo ufficio di Tucson vennero mandati in frantumi, al momento del passaggio della riforma. E nella sua mappa dei seggi da conquistare alle scorse elezioni di midterm, Sarah Palin collocò la croce di un mirino sopra il nome della Giffords (particolare che appare oggi particolarmente sinistro).
Gli investigatori che in queste ore mettono insieme i pezzi della storia (e che cercano un possibile complice, un uomo tra i 40 e i 50 anni, in giacca blu e jeans, ripreso dai video del centro commerciale dove si è scatenata la furia del killer) ipotizzano che sia stato proprio questo clima politico particolarmente “al vetriolo”, come ha spiegato lo sceriffo Dupnik, ad agire su una personalità già disturbata come quella di Loughner. Polemiche su sanità, immigrazione, tasse hanno del resto avvelenato come raramente nel passato il clima politico. L’Arizona, in particolare, si è rivelata in questi mesi un incubatore di tensioni politiche e sociali pronte ad esplodere. Se la riforma sanitaria di Barack Obama ha suscitato proteste e appelli (Patrick Beck, presidente di un locale Tea Party, ha sostenuto il diritto alla ribellione violenta contro le usurpazioni di Washington), è stata soprattutto la nuova legge sull’immigrazione, voluta dalla governatrice repubblicana Jane Brewer, a infiammare gli animi. La legge, che dà il diritto di fermare un cittadino solo sospettato di immigrazione illegale, è diventata il collante e il propulsore per una serie di gruppi che, particolarmente in Arizona ma anche in altre parti del Paese, propugnano tesi di destra radicale e razzista. Secondo il Southern Poverty Law Center, nell’ultimo anno questi gruppi sono cresciuti dell’80% negli Stati Uniti.
di Roberto Festa