Che Berlusconi sia il più grande comunicatore in Italia è una leggenda metropolitana priva di fondamento messa in giro probabilmente da lui stesso, visto che ha in mano praticamente tutti i mezzi di comunicazione (colgo l’occasione per ringraziare ancora Massimo D’Alema per questo). Se fosse vera la notizia per cui il nuovo nome che darà al partito sarà “Italia”, avremmo un’ulteriore conferma. La logica per cui basta cambiare il nome a un prodotto per continuare a venderlo non ha niente a che fare col marketing, quello vero. È una logica da commercianti. Gli uomini di marketing possono avere un’etica, i commercianti tenderebbero, se possibile, a non averla. Lo dimostra l’ultimo libro di Kotler che parla di sostenibilità, addirittura di “marketing dell’anima”. Ma non dell’anima del commercio, nemmeno del commercio dell’anima: proprio l’anima della gente.
È da molto tempo che il marketing si è allontanato dal concetto di “cliente”, troppo riferito alla sola attività del vendere, e presto l’ha sostituito con un altro concetto, “stakeholder”, parola che comprende tutti coloro che sono “portatori di interesse” verso un prodotto/servizio. Un concetto talmente ampio che può arrivare ad abbracciare perfino la concorrenza. È etico questo? Dipende dall’uso che se ne fa. Se per esempio mettete in mano a Berlusconi questo concetto, sicuramente lo interpreta a modo suo e cioè che in fondo tutti possono essere “portatori d’interessi” purché gli interessi siano i suoi. E quindi tutti possono essere suoi clienti. Poi magari fa un’altra equazione e pensa che, se tutti coloro che hanno a cuore l’Italia sono gli italiani, allora basta chiamare “Italia” il nuovo partito per ottenere il consenso totale della popolazione, ovvero di tutti i clienti disponibili e potenziali. Così facendo, il suo marketing regredisce allo stadio primitivo del commercio. Ma davvero basta cambiare il naming per risollevare le vendite?
Anni fa Berlusconi tirò fuori un’idea del genere dicendo che la Fiat avrebbe risolto il problema del calo nelle vendite di autovetture se per le utilitarie avesse usato il nome “Ferrari”. Montezemolo rispose semplicemente: «Costruire una Cinquecento con il marchio Ferrari sarebbe un po’ come dissacrare il nome». Risposta prevedibile di uno che almeno di marketing strategico ne mastica a uno che invece intende il marketing come mera vendita a tutti i costi. E questa sarebbe la bravura di Berlusconi? Ma chi sono i “grandi esperti” di marketing che lo consigliano? È tutto qui quello che sono capaci di produrre gli ex bocconiani e gli ultra-diplomati nei master di marketing Publitalia di cui si serve il Presidente? Da adesso, l’unica strategia possibile per l’Italia è una strategia di rebranding in cui oltre al nome cambi anche il contenuto, ovvero gli italiani.
P.S: Presidente, noti bene che le mie critiche non sono di tipo ideologico. Ah, e non sono mai stato comunista, sono solo un uomo di marketing: direi esattamente le stesse cose se una cazzata come quella che si appresta a proporci la facessero quelli del Pd. Anzi aspetto anche loro, non dispero. Magari ai loro “maghi della comunicazione” viene in mente di rifondare l’opposizione chiamandola “Vaticano”. Così recuperiamo anche i cattolici, hai visto mai.