La vertenza Fiat / Fiom (per quanto noiosa per chi non è coinvolto) è cruciale per le sorti politiche ed economiche del nostro paese. Provo a riassumere quello che credo di aver capito. Poi la parola ai lettori, per sviscerare insieme tutte “le conseguenze di Marchionne”.
Sul piano politico, la vertenza Fiat:
- sta avendo importanti ricadute politico-elettorali. Le ripetute prime pagine del Corsera, gli attacchi contro la “sinistra conservatrice” stanno chiaramente facendo breccia nella borghesia, stanca del declino economico e dell’immobilismo del paese. Caricheranno il referendum di venerdì di significati che non ci sono.
- viene strumentalizzata dalla destra per andare oltre, e promuovere un progetto-paese “Tremonti–Brunetta–Sacconi”. Obiettivi: ridurre il ruolo dello Stato (Ad es. Sacconi rifiuta di intervenire con una Legge sulla rappresentanza sindacale), deregolamentare le relazioni industriali, il mercato del lavoro, la finanza, i mercati dei beni e servizi (questi sì pieni di monopoli e cartelli). Idem per il mercato politico: la casta è figlia di un cartello oligopolista. E al suo interno i giochi – la “democrazia” – dovranno restare molto condizionati dai soldi e dal potere mediatico.
- Il progetto-paese della destra può non piacere, ma è, o appare, una risposta ai problemi del paese: che per l’elettorato di destra sono: economia, sicurezza, identità. Qual è l’idea della sinistra per uscire dal declino?
Sul piano economico:
- Alcuni malintesi sulla globalizzazione forniscono alibi culturali alla destra. Si dice che per competere dobbiamo ridurre i diritti e le tutele: ma è solo cattiva teoria economica.
- Invece, la debolezza del ciclo internazionale è reale (problema di breve termine), come la perdita di competitività dell’Italia rispetto all’Europa (medio termine), e il declino italiano (lungo termine): producono disoccupazione e stagnazione, che indebolisce gli operai. In questa situazione, dal “muro contro muro” può uscire un solo vincitore.
Sul piano delle relazioni industriali:
- Molte grandi imprese sperano di approfittare della spinta di Marchionne e della debolezza degli operai per ristrutturare in modo permanente le relazioni industriali italiane (P.es., se possibile, svalutare i contratti nazionali di settore).
All’interno della Fiat:
- è inevitabile che il sindacato – la parte più debole – si divida. Gran parte degli operai cederà alle condizioni “padronali”, mentre altri tengono duro.
- Ma la Fiat dal canto suo ha posto problemi reali, a cui la Fiom non sa dare risposte. P.es. lo sciopero selvaggio non è più accettabile; l’assenteismo mascherato da malattia danneggia tutti; la riduzione delle pause fa risparmiare davvero un sacco di soldi (proprio perché il costo del lavoro è solo il 7% del costo totale, il capitale inutilizzato costa molto); ecc. Perciò ne deduco che la Fiat non ha un progetto politico generale in mente. Ma le soluzioni unilaterali di Marchionne finiscono per colpire conquiste essenziali: il diritto di sciopero, l’assicurazione contro la malattia, la rappresentanza sindacale… Perché sono pensate per impedire gli abusi dei lavoratori, non anche quelli dell’azienda.
- La vena estremista di Marchionne è chiara quando si rifiuta di parlare delle contropartite occupazionali e di investimento; “è offensivo chiederlo” dice. Ma andiamo! In tutto il mondo le multinazionali negoziano con i sindacati e i governi per decidere dove localizzare le grandi fabbriche! In Italia manca una “Agenzia per l’Attrazione degli Investimenti” in grado di (sostenere il governo nel) negoziare con le multinazionali. Oggi Marchionne è il più forte; dopo aver investito non potrà più dettare le sue condizioni: perciò punta i piedi.
- Alla Fiom è mancata la mediazione del governo, ma anche dell’opposizione. La sinistra tutta si è stupidamente divisa fra i “filo Marchionne” e i “filo Fiom”, invece di presentare al paese una posizione autonoma. Doveva invece evidenziare e stigmatizzare gli elementi di estremismo insiti nelle posizioni di entrambe le parti, e proporre una propria mediazione, originale, funzionale, che tenesse conto della fase di debolezza del fronte operaio. Possibile, per dire, che non si trovi un modo per controllare meglio se i malati sono veri o finti? Il solo Napolitano sembra aver capito la situazione.
Per la sinistra:
- Comunque vada, è una sconfitta politica enorme. Ed è figlia dell’esclusione degli intellettuali, nel senso di esperti, dai partiti. In una situazione tanto complicata occorreva dare risposte fondate su una profonda conoscenza dei meccanismi dell’economia globale, del mercato dell’auto, e delle relazioni industriali. Sono colpevoli personalmente i leader, e anche quei pochissimi economisti cooptati dai rispettivi partiti che fanno di tutto per limitare l’approdo e i contributi di altri esperti, difendendo così il proprio fazzoletto di potere personale.
- Il Pd ha tante Fondazioni: ma la mediazione ferrea del personale politico che si interpone (con qualche eccezione) fra gli esperti e il potere inficia la capacità progettuale del PD. Che ne esce peggio di tutti: perché i “filo Marchionne” si sentiranno meglio rappresentati dal centrodestra, e i “filo Fiom” da SL. Una terza posizione non è mai nata.
- L’Idv ha fatto un congresso di svolta: “Dalla protesta alla proposta”. Perché non si attrezza culturalmente? Perché i suoi “Dipartimenti” restano largamente scatole vuote? Vuole fare concorrenza al Pd, ma non riesce a mettere in campo un progetto-paese di uscita dal declino.
- Sel coltiva il suo orticello, ma – come la Fiom – è incapace di alleanze politico-sociali. In questo modo danneggia tutta la sinistra, e il paese, che sta cercando un’alternativa a Mr. B.
Quando alle elezioni vedrete una nuova vittoria di Berlusconi e vi chiederete cos’hanno in testa gli italiani, ricordatevi della Fiat.