L’assemblea di redazione del Sole 24 Ore approva un pacchetto di tre giorni di sciopero, dopo una riunione di oltre tre ore con un centinaio di partecipanti. Parere quasi unanime: un astenuto e un contrario. “Una sfiducia di fatto al direttore Gianni Riotta”, dicono dall’assemblea. Tecnicamente, però, l’oggetto dell’ira dei redattori è il formato tabloid (la metà di quello attuale) su cui Riotta scommette molto: se il direttore non sottoporrà il progetto prima ai giornalisti che al consiglio di amministrazione, partirà lo sciopero. Antefatto: da almeno un anno Riotta e il Gruppo Sole 24 Ore progettano di ridurre le dimensioni del giornale, di fatto dimezzandolo.
Il numero di pagine, però, non raddoppierebbe in modo tale da garantire lo stesso “contenuto informativo” di oggi e il lavoro a tutti i giornalisti (250 nel gruppo, 100 al quotidiano). Anche la pubblicità è a rischio, e proprio questo è il punto più delicato, perché i conti del gruppo non possono permettersi una riduzione degli introiti pubblicitari combinata con il calo di vendite di questi mesi (oltre 52 mila copie in meno, crollano perfino gli abbonamenti). Ci sono delle stime che parlano di un crollo della raccolta pubblicitaria superiore al 15 per cento, in un documento dell’ex direttore della concessionaria pubblicitaria Andrea Chiapponi.
Alle preoccupazioni sul futuro si aggiungono quelle per il presente. I redattori, con un comunicato che uscirà oggi sul giornale, contestano all’azienda di aver violato gli accordi sullo stato di crisi, cioé l’insieme di misure straordinarie che servono a permettere al giornale di ristrutturarsi. Tra i punti contestati la gestione dei prepensionamenti e i rapporti con i dorsi locali del Sole. Tra le conseguenze della denuncia dei giornalisti potrebbe esserci l’invio degli ispettori dal ministero del Lavoro, per stabilire chi ha ragione.
Anche se i rapporti tra il ministro del Welfare Maurizio Sacconi e la Confindustria, che è l’editore del Sole, fanno sembrare l’eventualità remota. La redazione, comunque, si considera in “stato di agitazione”, cioé pronta a scioperare se il direttore non rispetterà la richiesta di presentare il piano del tabloid prima ai giornalisti che all’amministrazione. A giorni si dovrebbe infatti tenere un consiglio di amministrazione, la data non è ancora stata fissata, in cui si discuterà proprio del tabloid e delle conseguenze che avrà su conti e risorse umane. Nei corridoi di via Monterosa a Milano e nella redazione romana, che ieri ha partecipato all’assemblea in collegamento, adesso si attende la reazione di Riotta.
I problemi del giornale sono visti dall’esterno anche come un sintomo delle difficoltà di Confindustria. Ieri, per la prima volta, Emma Marcegaglia ha ricordato pubblicamente che Sergio Marchionne ci metterebbe un attimo a spostare all’estero la produzione della Fiat e ha assicurato che “Fiat e Confindustria sono sulla stessa sponda”. Anche se la scelta di Marchionne di fare gli investimenti a Mirafiori e Pomigliano d’Arco facendo uscire gli stabilimenti dall’associazione industriale è stato vissuto come una picconata alle fondamenta confindustriali.
La linea del Sole di Riotta è sempre stata di forte appoggio a Marchionne, cercando però di non creare problemi alla Marcegaglia. Dopo i risultati del referendum di venerdì, si capirà meglio quanto difficile sarà la convivenza tra il Lingotto e la Confindustria. Anche se il primo problema di Riotta, almeno per ora, sembra essere il rapporto con la redazione, non quello con un editore che, comunque, in questi anni di crisi non può permettersi troppo a lungo risultati di bilancio pesanti come quelli dei primi nove mesi del 2010: con 25 milioni di rosso.
da Il Fatto quotidiano dell’11 gennaio 2011