I recenti scoppi di violenza in Algeria e Tunisia per l’aumento dei prezzi dei generi alimentari, la disoccupazione e l’inflazione galoppante, rischiano di essere solo la punta di un iceberg. L’allarme lanciato dalla FAO non fa ben sperare: i prezzi degli agroalimentari nel mondo non sono mai stati così alti. L’indice FAO è aumentato del 32% nella sola seconda metà del 2010 e il trend non accenna a diminuire nel 2011. Toccati, anzi superati, i record storici del 2008 che portarono a violente proteste in America Latina, Africa ed Asia.
Secondo il “Food price index 2010” dell’organizzazione dell’ONU, la media dei generi alimentari fondamentali, come grano, cereali, zucchero e carni, è aumentata da 167 (luglio 2010) a 215 (dicembre 2010) su scala FAO. Soltanto i cereali sono passati da 163 a 238, gli oli vegetali da 174 a 263 e lo zucchero da 247 a 398. E il futuro non è roseo. Secondo l’Organisation for Economic Co-operation and Development (OECD) i prezzi dei generi alimentari aumenteranno di un altro 40% entro il 2020, con picchi record per gli oli vegetali utilizzati nei biocarburanti.
Proprio i biocarburanti sono indicati da molte Ong come la causa principale dell’aumento dei prezzi, tanto che l’organizzazione “Act on aid” sostiene che milioni di persone soffrirebbero la fame se i Paesi Ue utilizzassero biocarburanti per il 10% dei loro trasporti interni al fine di contrastare il riscaldamento climatico. Una speculazione che potrebbe portare il prezzo di cereali, zucchero ed oli vegetali ad aumentare fino al 40% entro il 2020. A rischio c’è il 70% di aumento della produzione agricola stimata indispensabile dall’OECD per soddisfare i fabbisogni nutrizionali della popolazione mondiale nel 2050.
Bruxelles getta acqua sul fuoco, sostenendo che è difficile individuare una causa unica per l’aumento dei prezzi. Il Commissario all’agricoltura, il rumeno Dacian Cioloş, ha dichiarato che “la crisi e l’aumento attuale dei prezzi mostrano l’importanza di una forte politica agricola comune in vista di una produzione sostenibile”. Inutile ricordare che nella PAC finisce la maggior parte della spesa europea tra finanziamenti e sovvenzioni. Intanto della situazione se ne discuterà al prossimo G20 in programma il 27 e 28 gennaio a Parigi.
E mentre dall’altra parte del Mediterraneo le strade di Algeria e Tunisia bruciano, in Europa Grecia, Irlanda, Portogallo e Italia tremano. La soluzione, presentata come per magia dalla aziende di genetica agraria, potrebbe essere rappresentata dai tanto discussi Ogm. Ma gli ambientalisti avvertono che la crisi alimentare e l’aumento dei prezzi potrebbero essere utilizzati come cavallo di troia per far passare nell’opinione pubblica europea, storicamente contraria agli Ogm, l’idea che gli organismi geneticamente modificati siano diventati una risorsa oramai indispensabile.
Ad ogni modo Bruxelles, da sempre possibilista sugli Ogm, teme di più l’immobilismo decisionale. I policy makers avvertono che se non saranno fatti i passi giusti a livello politico, l’impennata dei prezzi alimentari rischia di spingere alle stelle l’inflazione, solleticare fantasie protezioniste e dilagare nell’instabilità sociale.