Adesso per Silvio Berlusconi la strada si fa davvero in salita. Le prospettive giudiziarie sono nere e anche quelle politiche diventano assai complicate. Per questo il premier, subito dopo il verdetto della Consulta ha ordinato ai suoi di volare basso in attesa di capire esattamente, una volta sondata la Lega, quali margini di manovra gli rimangano.
Al di là delle dichiarazioni di Niccolò Ghedini e del capo-gruppo Pdl Fabrizio Cicchitto, per il Presidente del Consiglio la sentenza della Corte Costituzionale è stata pessima. Di fatto si torna al regime precedente all’ultima legge ad personam. La Consulta ha ribadito che spetta solo ai giudici stabilire quali tra gli impedimenti invocati dagli imputati per far saltare le udienze dei processi siano legittimi e quali no. Una volta riaperto il processo per la corruzione dell’avvocato inglese David Mills, il collegio (non importa quale) fisserà, in accordo con le parti, un calendario da cui non sarà semplice sgarrare. In totale è prevedibile che le udienze siano una ventina. Il caso infatti è tutt’altro che intricato. Una sentenza definitiva ha già stabilito che Mills è stato corrotto per dire il falso nell’interesse del premier. E ai giudici resta solo da stabilire se le prove siano sufficienti per dimostrare che la mazzetta da 600.000 dollari intascata dal professionista sia stata versata per ordine del Cavaliere. Un fatto già confessato da Mills in una ormai celebre lettera scritta a uno dei suoi commercialisti.
Insomma dodici mesi (tanto manca prima della prescrizione) potrebbero benissimo bastare per arrivare in Cassazione, visto che l’appello ben difficilmente durerà più di due o tre udienze. Certo, Berlusconi farà di tutto per far saltare il calendario. Nel 2003, quando si era trattato di prendere tempo per arrivare all’approvazione dell’incostituzionale Lodo Schifani che poi bloccherà a lungo il processo Sme-Ariosto, il premier si inventò scuse di ogni tipo pur di far slittare le udienze.
In quel periodo, sempre all’ultimo momento, i suoi avvocati erano soliti comunicare al tribunale che il Cavaliere era impegnato in appuntamenti fondamentali e imprevisti del tipo: una consultazione con le categorie del commercio,una conferenza programmatica di Forza Italia, un lungo incontro dalla fine della mattinata al primo pomeriggio con Pierferdinando Casini, un summit con i candidati forzisti per le elezioni regionali nel Friuli, un decisivo vertice a Venezia sulla «criminalità e l’immigrazione clandestina nel mare Adriatico», alla presenza del ministro dell’Interno e di sette prefetti del Veneto (fra i quali quelli di Belluno e di Verona, località non proprio marinare), un faccia a faccia con il «principe Vittorio Emanuele di Savoia», un pranzo «con il primo ministro della Romania», un’irrinunciabile commemorazione di Ugo La Malfa a cent’anni dalla nascita. E, persino, un viaggio, organizzato in quattro e quattr’otto, in Lussemburgo, dove dopo una colazione di lavoro con il premier del Granducato Jean Claude Juncker, Berlusconi non avrà nulla da fare se non una lunga passeggiata pomeridiana.
Oggi però la situazione è diversa. Il presidente del Consiglio è molto meno forte di allora. Certo, può tentare di prendere tempo, nella speranza di ottenere (cosa possibile, ma non certa) almeno in secondo grado la prescrizione per il processo Mills. Una sentenza di primo grado è però sicura. E se fosse di condanna, come è probabile, segnerebbe la sua fine politica. Con soli tre voti di maggioranza alla Camera e la popolarità ai minimi, oltretutto, ripetere l’indimenticabile e scandalosa esperienza della melina del 2003 è per lui impossibile. Anche perché la Corte ha detto chiaramente che spetta solo ai giudici stabilire quali impegni siano realmente legittimi.
Ma c’è di più e di peggio. Per evitare la replica di quella grottesca e indecorosa strategia processuale, Berlusconi ha una sola strada: andare ad elezioni, vincerle per poi approvare uno scudo processuale definitivo, inserito nella Costituzione. Cosa tutt’altro che scontata in questo momento. I sondaggi danno i due poli in sostanziale parità e affrontare l’ennesima campagna elettorale con un dibattimento in corso che si tenta sempre di bloccare non è certo una grande idea. Per questo Berlusconi per il momento tace. E, in fondo in fondo, ha paura.