La campagna è partita dal celebre attore vallone Benoit Poelvoorde che in questi giorni torna sul grande schermo con "Rien à déclarer". L'empasse politica di Bruxelles dura da più di 200 giorni, record europeo
Fra poche settimane comparirà sul grande schermo in “Rien à déclarer”, l’ultimo film di Dany Boon, che con la sua pellicola precedente, “Laggiù al Nord” aveva ispirato l’italianissimo campione d’incassi “Benvenuti al Sud”. Il celebre Benoit Poelvoorde sarà un doganiere belga, al centro di divertenti scaramucce con il collega francese, impersonato dallo stesso Boon, ai tempi dell’avvio del mercato unico nella prima metà degli anni Novanta. Mirabile l’interpretazione di Benoit. Anche perché quest’attore, comico (ma non solo), famoso in Francia, belga lo è davvero. E in quanto belga ha deciso di non radersi più fino a quando il suo Paese non avrà un Governo.
L’annuncio è arrivato sulla televisione privata Rtl-Tvi con un video di 30 secondi. Poelvoorde appare già con una barba “in stato avanzato”. “Non siate sorpresi della mia pelosità – confida -. Abbiamo deciso di non raderci più fino a quando il Belgio non avrà un Governo”. Si’, un’iniziativa presa con un gruppo di suoi amici. Sono trascorsi esattamente 214 giorni dalle ultime elezioni legislative. Bruxelles ha cosi’ battuto il precedente record europeo, detenuto dai Paesi Bassi (ma per una crisi politica del lontano 1977). Vista l’attuale impasse non è escluso che batta pure il record mondiale, i 289 giorni dell’Iraq. Un sito aggiorna in tempo reale.
“Manteniamo le nostre barbe fino a che il Belgio non tirerà su la testa”, conclude Poelvoorde nel suo clip. E già gli internauti si sono scatenati, mostrando in video inseriti su Youtube lo stato di avanzamento della loro “pelosità”. Internet è lo strumento con il quale molti belgi sfogano la loro rabbia. Su camping16.be, ad esempio, piantano tende virtuali davanti al 16 di rue de la Loi, l’indirizzo degli uffici del primo ministro. Al di là dell’ironia (anzi, dell’autoironia, una specialità locale), c’è davvero poco da ridere. Il Paese, diviso fra il Nord fiammingo e la Vallonia al Sud, francofona, non riesce a trovare una via d’uscita alla crisi più o meno latente, che va avanti dagli anni Sessanta, ma che negli ultimi tempi si è nettamente aggravata. Alle elezioni del giugno 2010 il partito indipendentista N-Va ha conquistato il 28% dei consensi nelle Fiandre ed è ormai la principale formazione politica del Parlamento, con 27 seggi sui 150 totali.
Alla sua guida, il carismatico Bart de Wever, che sta facendo pressione per ottenere una riforma dello Stato, già ampiamente decentralizzato, ma che rafforzerebbe ancora di più l’autonomia regionale, soprattutto in campo fiscale. In questa crociata viene appoggiato, almeno in parte, dall’altra grande formazione politica fiamminga, quella democristiana. I partiti valloni, invece, in primis quello principale, il socialista, fanno resistenza. La Vallonia, un tempo la parte più ricca del Paese, grazie alle miniere e all’industria pesante, vive una crisi economia strutturale, mentre le Fiandre, grazie soprattutto a un tessuto di dinamiche piccole e medie imprese, costituiscono una delle regioni più avanzate d’Europa. A cercare di trovare un compromesso fra i principali sette partiti belgi vi è Johan Vande Lanotte, il mediatore, che la settimana scorsa aveva rassegnato le dimissioni, poi pero’ respinte dal re Alberto II. Se non riuscirà a formare un nuovo esecutivo, si dovrà andare alle elezioni anticipate. E probabilmente de Wever, il Bossi fiammingo, prenderà ancora più voti.
Contrasti fra le regioni, scandali politici a ripetizione (con tanto di corruzione), un debito pubblico elevato (quasi il 100% del Prodotto interno lordo). E un’economia che, nonostante tutto, resiste meglio alla crisi di altre. Sì, a Bruxelles c’è chi paragona il Belgio a una piccola Italia. Quanto a Poelvoorde, 46 anni, nonostante la sua fama in Francia, continua a vivere a Namur, capoluogo della Vallonia. Il suo è un “coup de théâtre” per farsi pubblicità? Forse non proprio, anche perché, visto il suo successo (macina un film dietro l’altro) non ne ha bisogno. Di origini modeste, caustico, sincero (anche sulla depressione vissuta nel 2008), Benoit è un piccolo-grande belga. In tutto e per tutto.