Maurizio Scelli, ex commissario straordinario della Croce rossa italiana, è stato condannato in primo grado dalla Corte dei conti a versare 900mila euro proprio all’ente che ha gestito per anni.
Fra le motivazioni della sentenza si legge: «Totale disprezzo di qualsiasi canone di sana amministrazione, in totale noncuranza degli equilibri finanziari della Croce Rossa Italiana». La condanna riguarda non solo l’ex commissario ma anche altri due funzionari di Croce rossa, Aldo Smolizza e Virgilio Pandolfi: i tre, in tutto, secondo la sentenza di primo grado, dovrebbero versare 3 milioni di euro a beneficio di Cri per compensare i danni causati dalla loro gestione.
Nel 2004, Scelli, Smolizza e Pandolfi stipularono – attraverso lo strumento dell’ordinanza commissariale – alcuni contratti per servizi informatici, nonostante il Collegio dei revisori dei conti ne avesse rilevato la mancata copertura finanziaria. La corte ha definito qui contratti che Corte «del tutto incongrui rispetto alle possibilità finanziarie dell’Amministrazione di appartenenza». Il tutto, con piena consapevolezza della cosa da parte dei tre. Scelli ha contestato la sentenza: “In appello mi auguro che i magistrati facciano piena chiarezza sulla vicenda. Non vorrei cominciare a pensare a una sorta di accanimento semplicemente perché sto con Silvio Berlusconi.»
Che Scelli stia con Berlusconi è fuori di dubbio. Ma la sua carriera comincia ben prima. Da anni gravita nell’orbita del centrodestra e vicino ad ambienti cattolici. Già segretario dell’Unitalsi (Unione Nazionale Italiana Trasporto a Lourdes e Santuari Internazionali), ha partecipato al Giubileo del 2000 (come un altro pluricommissario straordinario, Guido Bertolaso) occupandosi del Giubileo degli Ammalati. Nel 2001 tenta una prima volta la carriera politica, candidandosi proprio per Forza Italia in Abruzzo. Non viene eletto, nonostante una campagna elettorale martellante. Mentre si avvicina la crisi irachena, Scelli sostituisce l’allora commissario di Croce rossa, Steffan De Mistura, uomo dell’ONU vicino a Kofi Annan. I maligni dicono che l’avvicendamento avvenga per volere di Gianni Letta, che già aveva provveduto alla scalata alla Protezione civile di Guido Bertolaso. Da lì, Scelli si impegna in una serie di missioni all’estero e, a suo dire, nel riordino dell’ente Croce rossa. Anche se, evidentemente, la Corte dei conti non è dello stesso avviso.
Qualcuno, durante il suo periodo da Commissario, sostiene che voglia ritagliarsi un ruolo politico. Scelli afferma: «Certe illazioni mi fanno ridere». Però, di ambizioni politiche Scelli ne ha eccome: fonda una specie movimento che si chiama “Italia di nuovo”, slogan, “Né con Prodi né con Berlusconi”. In realtà vorrebbe gestire “Onda azzurra”, movimento giovanile di Forza Italia. Al battesimo di “Italia di nuovo”, cui dovrebbe presenziare anche Silvio Berlusconi, Scelli invita anche gli ex Nar Mambro e Fioravanti, con grande imbarazzi di Palazzo Chigi. La parabola di Scelli sembra a quel punto al termine: nel 2005 in Croce rossa arrivano elezioni per un Presidente e non per un commissario. È di quel periodo l’ultima bufera: Scelli dichiara di avere avuto un ruolo decisivo nella rilascio di Simona Pari e Simona Torretta, rapite in Iraq e che la Croce rossa italiana aveva curato quattro terroristi per favorire il buon esito, tenendo all’oscuro l’intelligence americana, con il benestare di Gianni Letta. Si rischia il caso diplomatico. Letta, riferisce La Stampa, commenta: «Scelli è impazzito». Mica tanto, visto che poco dopo (2008) viene candidato come numero 3 in Abruzzo per il PdL, e conseguentemente eletto deputato. Oggi è anche membro della Commissione giustizia.
Non è la prima volta che Scelli è sotto accusa per le questioni che riguardano Cri. La prima sentenza della Corte dei Conti in merito, fu di assoluzione. Scelli era accusato di aver distratto per esigenze economiche interne alla Croce Rossa” fondi di 17 milioni di euro destinati alla missione “Antica Babilonia” a Nassiriya. Interessante, però, leggere la motivazione dell’assoluzione (sentenza n° 1924 del 13 luglio 2009) in cui effettivamente si ammette che 17.595.64515 euro furono sì utilizzati “a fini interni” ma ciò “non costituisce danno sotto il profilo contestato, perché il contributo permette alla Cri di svolgere i suoi compiti istituzionali”. Non solo: “Il Ministero della Difesa ha sempre approvato le spese rendicontate della C.R.I.” e sussiste la “mancanza di un’espressa disposizione di legge che sia stata violata”.
Oggi, mentre Scelli siede in Parlamento, la Croce rossa è nuovamente commissariata (il commissario è l’avvocato Francesco Rocca, altro uomo benvoluto da Gianni Letta). E nell’occhio del ciclone per i conti in rosso. E per almeno 54 eccezioni mosse da un’ispezione del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Insomma, la storia delle ambiguità di Croce rossa sembra destinata a non avere fine.