Premessa: in Italia l’esercizio dell’azione penale è obbligatorio, principio-baluardo dell’autonomia della magistratura dal potere politico. Ma siccome il numero di reati cresce mentre gli uomini e i mezzi per perseguirli diminuiscono, e così aumenta il rischio di punirne sempre meno, il capo della Procura di Napoli Giandomenico Lepore ha firmato un piano di riorganizzazione del proprio ufficio che per la prima volta stabilisce “la necessità di definire chiare e sostenibili priorità nella trattazione degli affari” ed elenca una lista di reati per i quali “è assicurata priorità”. In parole povere, la più grande Procura italiana per numero di magistrati – 1 capo, 9 aggiunti, 101 sostituti, 100 vice procuratori onorari – ha deciso di scegliere i reati sui quali indagare. E lo ha fatto attraverso un documento di 80 pagine che in questi giorni è all’esame del Csm per il visto.
A partire dal 2011, quindi, la Procura di Napoli ha istituito una corsia preferenziale per 16 tipi di procedimento. Che comprendono (ma è solo un riassunto): criminalità organizzata; terrorismo; sicurezza sul lavoro; corruzione; concussione; falso ideologico; truffa in danno degli enti pubblici; reati informatici, finanziari, tributari, fallimentari; turbativa d’asta e frode nelle pubbliche forniture; associazione per delinquere; illecita concorrenza con violenza o minaccia; lesioni aggravate, omicidio, omicidio colposo, morte come conseguenza di altro reato; furto in dimora privata; rapina, estorsione, usura, ricettazione; favoreggiamento o sfruttamento della prostituzione; reati urbanistici e ambientali di particolare gravità; lesioni gravi o gravissime riconducibili a colpe professionali; traffico e spaccio di droga; violazione delle norme in materia di associazioni segrete; violazione del divieto di accesso alle manifestazioni sportive; delitti contro il patrimonio archeologico; violenza e resistenza a pubblico ufficiale; interruzione di pubblico servizio, incendio, danneggiamento, violenza privata, impedimento della circolazione ferroviaria.
Sono queste, si legge a pagina 4, “le notizie di reato relative a reati particolarmente allarmanti o tali da arrecare effetti gravemente pregiudizievoli alle vittime”. Una valutazione effettuata in base alla “esperienza sin qui maturata” e alla “analisi dei flussi di lavoro”. I pm di Napoli potranno comunque ritenere prioritarie anche inchieste che non fanno parte di quelle indicate, se le conseguenze del reato sono particolarmente gravi e di grande allarme sociale. In ogni caso, per garantire “l’effettività delle successive, dispendiose attività processuali”, gli inquirenti partenopei privilegeranno soltanto le cause che hanno concrete possibilità di arrivare a una sentenza nel merito.
Di conseguenza, ribaltando una prassi che finora prevedeva il contrario, accantoneranno i fascicoli per i quali è chiaro che decorrerà la prescrizione nel corso del processo. E lo stesso si farà per quelle inchieste in cui l’eventuale condanna è destinata ad essere interamente estinta dall’indulto, o relative a fatti che “per la modalità della condotta e l’esiguità delle conseguenze dannose o pericolose” siano “di speciale tenuità”. Per fare un esempio concreto di “speciale tenuità”, il cronista ricorda un episodio finito sui giornali nel giugno scorso: il fascicolo relativo al furto di un tappo della gomma di un’auto (valore: 5 centesimi) per il quale si è svolto un dispendioso e sostanzialmente inutile processo in un Tribunale della Sardegna, arrancato tra lungaggini e notifiche sbagliate, per la rabbia non solo dell’imputato ma anche della parte lesa, che non aveva svolto denuncia ed era stato convocato diverse volte per testimoniare. Ebbene, a Napoli il fascicolo del furto di un tappino d’ora in poi finirebbe in un cassetto e non approderebbe al dibattimento, consentendo ai pm di avere più tempo da dedicare a tipologie di furto più gravi e socialmente pericolose. “Sì, il furto del tappo di uno pneumatico è un esempio pertinente” annuisce il procuratore aggiunto Giovanni Melillo, capo del pool che lavora sulle inchieste sulla sicurezza urbana, studioso della materia dell’obbligatorietà nell’esercizio dell’azione penale, uno dei ‘registi’ della redazione del documento per il quale sono stati necessari mesi di riunioni all’interno dell’ufficio della Procura.
Il progetto di riorganizzazione dell’ufficio firmato da Lepore rappresenta un punto importante nel dibattito su come risolvere i problemi cronici della giustizia. Senza intaccare l’obbligatorietà dell’azione penale, la Procura di Napoli fissa dei criteri che possono essere da ‘apripista’ per gli altri uffici giudiziari italiani, quasi tutti accomunati da un mix micidiale di carenza di magistrati e carichi di lavoro eccessivi. C’è un precedente, sia pure parziale e relativo solo all’emergenza-indulto. Risale al 10 gennaio 2007, quando una direttiva dell’allora procuratore capo di Torino Marcello Maddalena stabilì di rinunciare ai processi per reati che sarebbe stati sicuramente ‘coperti’ dal provvedimento di clemenza legiferato dal Parlamento nel 2006.