“Ci sono delle professioni che impongono un codice comportamentale ben preciso”. Ne è convinto il senatore del Partito democratico Luigi Zanda che interviene sulle indagini su Silvio Berlusconi per concussione e favoreggiamento della prostituzione minorile. E secondo l’esponente dell’opposizione, il mestiere di presidente del Consiglio è uno di questi. “Se un capo di un qualsiasi servizio segreto facesse la vita del premier italiano sarebbe rimosso in ventiquattro ore, così come i dirigenti dell’Eni o di Finmeccanica. Sarebbero cacciati immediatamente. Mi chiedo com’è possibile che Berlusconi, con il suo stile di vita, possa continuare a fare il presidente del Consiglio”.
Senatore, al di là dei giudizi morali sui comportamenti di B, secondo lei il rischio è che il capo del governo sia sotto ricatto da parte di personaggi quantomeno discutibili.
Non so se Berlusconi sia sotto ricatto. Quello che penso però è che chi riveste dei ruoli istituzionali così importanti debba avere una vita personale che non solo non preveda ricatti, ma neanche la minima pressione. Il presidente del Consiglio è il capo dei servizi segreti, incontra i leader di tutto il mondo e prende le decisioni cardine sulla politica economica del Paese. Un ruolo che non può prevedere incontri né tanto meno frequentazioni con persone non controllate.
Chiunque entra a Palazzo Chigi e nelle sedi istituzionali viene identificato.
E’ vero. E le sue generalità vengono appuntate su appositi registri che vengono conservati negli anni. Peccato però che l’Italia sia l’unico paese in cui il capo del governo lavora da casa. Obama lavora alla Casa Bianca, Brown a Dowing street, Sarkozy all’Eliseo, tutti luoghi in cui vige il massimo controllo su chi entra e chi esce. Berlusconi invece incontra a casa sua persone che per giunta vengono portate e presentate da Lele Mora senza nessun tipo di accertamento. Lo ha detto lui stesso. E sa qual’è il risultato?
No, me lo dica lei.
Un vorticoso giro di filmati, registrazioni e fotografie che circolano senza nessun controllo. Io mi chiedo come sia possibile che tutto ciò non provochi allarme nel Paese.
In realtà Bossi ha lanciato l’allarme che le ragazze a pagamento siano state mandate a B. dalla criminalità organizzata.
E’ ancora più grave. Anche le dichiarazioni di Bossi, che è un ministro della Repubblica e se parla così avrà i suoi buoni motivi, lasciano intendere in maniera limpida quanto sia concreto il rischio che il presidente possa essere sotto ricatto. Attenzione però: per essere un problema, la ricattabilità basta che sia potenziale. E’ sufficiente il rischio potenziale che questo accada per rendere un uomo di governo non adatto a esercitare il suo ruolo istituzionale.
In gioco c’è la sicurezza nazionale?
Della sicurezza nazionale a Berlusconi non gliene frega niente. La legge lo obbligherebbe di riferire al Copasir, il comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti. Lui si è sempre rifiutato. Per non parlare della scorta, composta da agenti scelti dei servizi segreti. Berlusconi li utilizza per fare le telefonate.
C’è poi la questione della telefonata di B. in Questura nella notte fra il 27 e 28 maggio, quando il premier fece pressioni per fare affidare Ruby a Nicole Minetti.
In qualsiasi democrazia, quando un capo di Stato o di governo mente va a casa. Berlusconi in quell’occasione, quando disse che la ragazza era la nipote di Mubarak, ha mentito addirittura alla polizia. Per ottenere la liberazione della giovane marocchina. Non mi sembra un’aggravante di poco conto.
In quell’occasione il capo del Viminale alle camere difese l’operato della polizia.
Mi sembra che la relazione di Maroni al Parlamento sia stata clamorosamente smentita da questa inchiesta della magistratura.
Cosa dovrebbe fare il presidente del Consiglio?
Dovrebbe avere un sussulto di responsabilità e ritirarsi dalla sua azione di governo. La crisi morale in cui il premier ha trascinato l’Italia è molto più grave della crisi economica in atto.