Scrivono Fabrizio Rondolino e Claudio Velardi nel loro perdibile blog:
“Diciamoci la verità: si può governare un grande paese organizzando ogni sera una festa a luci rosse, ma non si governa neppure un quartiere se non si è in grado di controllare gli apparati dello Stato. Gli scandali sessuali non erano infrequenti nella Prima repubblica: ma il rapporto specialissimo che la Dc aveva con la magistratura, i Servizi e le forze dell’ordine bastavano e avanzavano per mantenere la situazione sotto controllo. Berlusconi, come tutti i riformatori falliti, si è inimicato lo Stato senza riuscire a riformarlo: e oggi ne paga le conseguenze”.
E ancora:
“Il giustizialismo populista, oggi rafforzato da un moralismo nauseante e guardone, si appresta a forzare un nuovo cambiamento di regime, in barba alla democrazia e in spregio al diritto. Stanno vincendo i peggiori, e l’Italia che verrà sarà peggiore, come peggiore è stata l’Italia che è venuta dopo Tangentopoli”.
Traduco e sintetizzo, come faceva su Cuore l’imperdibile Piergiorgio Paterlini (nella rubrica Parla come mangi):
1. Fare cose spregevoli e compiere anche reati non è disdicevole, purché si riesca a nasconderlo ai cittadini attraverso una magistratura addomesticata, a servizi segreti potenti e a una polizia serva della politica.
2. Ecco che cosa sono le “riforme”: riuscire ad asservire la magistratura e a usare servizi e polizia non per difendere istituzioni e legalità, ma per proteggere i politici di volta in volta al governo, manipolare l’opinione pubblica e controllare la società.
3. Chi verrà dopo è peggio: ovvero Berlusconi è meglio del “giustizialismo populista” (cioè di chi vuole che i reati siano puniti anche se li compie il presidente del Consiglio) e del “moralismo nauseante e guardone” (cioè di chi desidera che la politica non sia trasformata in un puttanaio).