Mentre Berlusconi è invischiato in uno scandalo sessuale che appare intollerabile anche ai prelati e disgusta perfino l’onirico Partito Democratico, e mentre lo stesso anziano iperattivo gioca la carta del “trova la mia fidanzata” per calamitare l’attenzione sul gossip piuttosto che sui reati gravissimi che pare aver compiuto in relazione al “caso Ruby” (concussione e prostituzione minorile), ecco che da Firenze arrivano altri due missili che potrebbero finalmente mettere fine al suo regime mafiofilo e tristemente pornografico.
Dalla città toscana, infatti, dove è in corso il processo sulle stragi del 1993 a Firenze, Roma e Milano, e dove Berlusconi è indagato come mandante insieme all’ideologo di Forza Italia Marcello Dell’Utri, due pentiti tornano a parlare di “toro scatenato” come regista delle stragi mafiose: sarebbe stato lui ad ispirarle e a trarne benefici.
“Francesco Giuliano mi disse che erano stati dei politici a dirgli questi obiettivi, questi suggerimenti”, per le stragi del 1993 “e in un’altra occasione mi fece il nome di Berlusconi”. Stavolta non è Spatuzza ad accusare il presidente del Consiglio, ma Giovanni Ciaramitaro, altro pentito di mafia. “La ragione delle stragi – ha aggiunto – era l’abolizione del 41 bis, l’abolizione delle leggi sulla mafia. Le bombe le mettevano per scendere a patti con lo Stato. C’erano dei politici che indicavano quali obiettivi colpire con le bombe: andate a metterle alle opere d’arte“. Poi il pentito continua: “Chiesi a Giuliano perchè dovevamo colpire i monumenti e le cose di valore fuori dalla Sicilia. Lui mi disse che ci stava questo politico, che ancora non era un politico, ma che quando sarebbe diventato presidente del Consiglio avrebbe abolito queste leggi. Poi mi disse che era Berlusconi“.
A Ciaramitaro, sempre da Firenze, fa eco l’altro pentito, Pasquale Di Filippo: “Da quando avevo 20 anni mi hanno sempre detto cosa dovevo votare politicamente, io e tutti gli altri. Nel ’94, quando ci sono state le elezioni in Sicilia, abbiamo votato tutti per Berlusconi, perché Berlusconi ci doveva aiutare, doveva far levare il 41 bis”.
Altro che bunga-bunga, altro che prorompenti donnine ignude, altro che l’igienista “mentale” Minetti. Ciaramitaro e Di Filippo parlano di bombe, di vittime innocenti, di ricatti mafiosi allo Stato, e ci consegna l’immagine di un Berlusconi mandante e regista di morte, ispiratore della mafia.
Ovviamente quel che dicono i due pentiti andrà attentamente vagliato e su questo i magistrati non hanno certo da imparare dai legali tuttofare del premier. Quel che non depone a favore del Silvio furioso è che si tratta degli ennesimi pentiti che raccontano la stessa versione arricchita sempre da maggiori particolari. O si tratta di un’associazione a delinquere finalizzata alla rovina di Berlusconi o l’anziano massone è nei guai fino al collo.
Il vecchio satrapo ora tenterà di utilizzare queste dichiarazioni per apparire, ancora una volta, come vittima di una persecuzione giudiziaria delle toghe rosse e dei pentiti “comunishta”, come dice il suo collega (stando alle dichiarazioni dei pentiti) Totò Riina.
L’intera intellighenzia italiana, le associazioni, i partiti politici e la società civile stanno mobilitando l’universo conosciuto per protestare contro il “no” del Brasile all’estradizione del criminale comune, passato per politico, Cesare Battisti; gli stessi, invece, rimangono indifferenti a fronte dell’ennesimo mafioso che parla di Berlusconi come un collega. Sono io, allora, a chiedere l’estradizione per Silvio Berlusconi dall’harem di Villa Certosa al convento di San Vittore, luogo parco e casto, in modo che possa trovare la pace per i suoi bollori senili e per pagare il debito che oggi ha con tutti i familiari delle vittime innocenti della mafia.