Negli ultimi mesi sono accadute molte cose, nell’ambito dei principali concorsi pubblici italiani.
Il concorso per notai è stato sospeso durante il suo stesso svolgimento, dopo le proteste dei candidati per le gravi irregolarità riscontrate, e dovrà essere svolto di nuovo.
Ben due concorsi per l’accesso al Consiglio di Stato, che è il massimo organo giurisdizionale che decide (paradossalmente!) sulla regolarità dei concorsi, sono stati dichiarati illegittimi dal Tar.
L’ultimo concorso per diventare giudice amministrativo (Tar), stando a quanto si dice nell’ambiente dei giudici amministrativi, sarebbe oggetto di una inchiesta penale, e, per questo, gli elaborati consegnati dai candidati pare non vengano corretti da mesi.
I ricorsi giudiziari contro i concorsi universitari si sono moltiplicati.
Che pensare di fronte a questo tsunami giudiziario che sta investendo i più prestigiosi concorsi pubblici nazionali? Personalmente credo sia un buon segno.
Significa che non c’è (o non c’è più) quella rassegnazione che, ad esempio, ha reso il sistema concorsuale universitario quello che ormai tutti riconoscono come un sistema baronale e nepotistico (quasi) irrecuperabile.
Significa che il sistema giudiziario è in grado di reagire, se del caso addirittura rispetto alle irregolarità che si verificano all’interno dei propri concorsi.
Significa che la reazione forte, decisa, netta dei candidati nei vari concorsi sta avendo quindi (e finalmente!) il sopravvento.
Il silenzio, invero, è sempre stato la vera forza dei concorsi irregolari (volutamente o no), alimentando un pericoloso meccanismo omertoso che li ha resi possibili, talvolta in cambio di promesse e aspettative, altre volte di fronte alla minaccia (reale) di preclusioni di carriera.
Superata la paura di ritorsioni, l’ultima generazione di concorsisti comincia evidentemente a dare nuova speranza agli esami pubblici italiani e va contro l’atteggiamento silente che ha caratterizzato le precedenti generazioni di candidati (gli scandali non sono mai mancati… si pensi ai concorsi notarili ed universitari, per esempio).
Non ci si vende più in cambio di promesse, ma si rivendicano a gran voce i propri diritti.
Di fatto sembra stia venendo meno il presupposto stesso di quel meccanismo (che ha castrato le aspirazioni dei migliori, molti dei quali “fuggiti” all’estero), che ha contribuito a creare una classe dirigente fatta di figli di papà e di individui che spesso vantano appartenenze di ogni tipo (frammassoni, Opus dei, politica), essendo scesi a compromessi pur di raggiungere miseri vantaggi di carriera.
Personalmente spero che quello che si è avviato sia un processo ormai inarrestabile e che abbia la forza di porre definitivamente fine al cancro della delinquenza concorsuale. Ora, però, manca l’ultimo passo: la sanzione nei confronti di chi, per anni, ha gestito il sistema dei concorsi pubblici come fossero una res propria, come dimostrano, ad esempio, le numerose inchieste (e gli arresti) relativi al mondo accademico .
Staremo a vedere cosa farà la magistratura, ma, intanto, non lasciamo sola questa generazione coraggiosa.