Accusa, denuncia, fa i nomi. Da anni punta il dito contro la criminalità organizzata mettendoci la faccia, nonostante minacce e intimidazioni. Ecco perché da due anni l’attore e consigliere regionale lombardo Giulio Cavalli vive sotto scorta. Scorta che ora il ministero dell’Interno ha deciso di togliergli. Da oggi niente più protezione. Ma l’invito alla prudenza viene dallo stesso Cavalli: “Incagliarsi su questo particolare – avverte – sarebbe irrispettoso nei confronti dei molti che in prima linea rischiano quotidianamente la propria incolumità”.
È tutta in un breve comunicato la reazione di Giulio Cavalli alla notizia che dai prossimi giorni non avrà più diritto alla scorta personale. “È vero che ho ricevuto informale comunicazione sulla scelta di revocare il mio servizio di tutela – scrive Cavalli – ma non credo, non voglio, e vi chiedo di non strumentalizzare o amplificare la notizia per rispetto per me e per la mia famiglia che ha già pagato troppo”.
È l’aprile del 2009 quando sulla porta d’ingresso del teatro Nebiolo di Tavazzano, in provincia di Lodi, qualcuno disegna una bara. Il gesto segue di pochi giorni le minacce di morte indirizzate al direttore di quel teatro, il trentenne Giulio Cavalli, in scena con Do ut Des, spettacolo realizzato con il contributo del comune di Gela che ridicolizza le tradizioni e i rituali della mafia. Ma la mafia non ci sta a farsi prendere in giro, e rinnova il suo avvertimento. Qualcuno si introduce nella proprietà privata dell’attore e taglia le ruote alla sua automobile.
L’incolumità di Giulio Cavalli è a rischio. Da quel momento la sua persona sarà affidata alla protezione di due agenti, con lui giorno e notte. Ma le intimidazioni continuano. L’ultima arriva nel corso della campagna elettorale che lo vede candidato per l’Italia dei valori alle regionali del 2010. Ventitré proiettili vengono ritrovati davanti al teatro Oscar di Milano che in quei giorni ospita l’attore lodigiano. “Non credevo certe cose potessero accadere a Milano”, commenterà Dario Fo, autore dello spettacolo.
Consigliere regionale in Lombardia, oggi Giulio Cavalli vede moltiplicati i suoi impegni. L’ultima battaglia riguarda le infiltrazioni nell’amministrazione della Sanità lombarda. È sua l’iniziativa contro la nomina di Pietrogino Pezzano alla direzione della Asl milanese. Il manager, fotografato dai carabinieri mentre era in compagnia di due affiliati della cosca di Desio, è oggetto di un documento presentato da Cavalli e sottoscritto anche da Pd, Sel e Udc.
Di fronte a un impegno che mette Giulio Cavalli tra i protagonisti del contrasto alle mafie, la notizia del mancato rinnovo della scorta ha innescato immediate reazioni. “Rinuncio alla scorta – ha dichiarato Frediano Manzi, presidente dell’associazione ‘Sos racket e usura’, che ha scritto al Prefetto di Milano Gian Valerio Lombardi per comunicare la sua protesta. “È un gesto di coerenza – afferma Manzi – perché Cavalli è in una situazione molto più rischiosa della mia e non ha senso che venga tolta la scorta a lui e lasciata a me”.
Solidarietà arriva dal presidente di Italia dei valori Antonio Di Pietro, da Luigi De Magistris e da Sonia Alfano, che però invita ciascuno a interrogarsi sul significato politico di questa decisione. Sostegno anche dal consigliere regionale del Pd Giuseppe Civati: “Non capiamo come mai il servizio di scorta sia garantito a tanti che potrebbero farne a meno e tolto a una persona come Giulio Cavalli, che denuncia la mafia quotidianamente, in modo preciso e circostanziato”.
Raggiunto telefonicamente, Cavalli non aggiunge altro. Ma la fiducia non sembra venir meno. “Sono seguito professionalmente e umanamente dalle forze dell’ordine – scrive ancora Giulio Cavalli in chiusura del suo comunicato – che mi garantiscono di poter svolgere il mio lavoro e che sono certo non smetteranno di essere presenti insieme a chi ha preso questa decisione con grande senso di equilibrio e soprattutto responsabilità”.