“Silvio mi ha detto di fare la pazza e di dire cazzate”. Così raccontava per telefono Ruby. E quindi nei suoi interrogatori aveva finito per ammettere il minimo indispensabile, sostenendo anche di essere stata ad Arcore solo due volte. A smentirla poi ci ha pensato l’indagine sul traffico telefonico. Ruby a villa San Martino era di casa. Nel giro di due mesi c’è stata tredici volte, uscendo anche alle 6 del mattino. Ma adesso quella strategia processuale utilizzata per cercare di ridurre i danni diventa una strategia mediatica. Dopo avere incassato migliaia di euro in comparsate nelle discoteche e anche direttamente dalle mani del premier, Ruby viene intervistata da Alfonso Signorini nel programma Kalispera!. Il direttore di Chi, che già all’epoca del caso Noemi aveva offerto alla prima minorenne amica del premier le pagine del suo settimanale per darle modo di dimostrare di essere fidanzata (non era vero) e di dire: “Sono illibata”, ora utilizza la rete ammiraglia Mediaset per ritentare l’operazione con la giovane marocchina. Così Ruby fa di tutto per dimostrarsi angelicamente inaffidabile. Davanti a Signorini racconta di avere sempre detto bugie: “Avevo paura di avvicinarmi alla gente e per questo raccontavo una vita parallela: dicevo di avere 18 anni, di essere studentessa, di essere egiziana e che i miei genitori erano via”. Poi offre a milioni di spettatori una storia tristissima: “Sono stata violentata dai due miei zii a 9 anni, erano i fratelli di mio padre”. E dice di avere tenuto la cosa dentro di sé: “L’unica persona con cui ebbi il coraggio di parlare fu mia madre che mi disse: ‘Stai zitta perché se papà scopre che non sei vergine ammazza te’”.
Poi affronta il suo rapporto con il premier. Per difenderlo. ”Berlusconi non mi ha toccato nemmeno con un dito. Lo stimo come persona e per avermi aiutato senza alcun tornaconto”. Dice di non avergli mai chiesto 5 milioni di euro per tenere chiusa la bocca su quello che accadeva nella villa di Arcore, come lei stessa sostiene in una telefonata con il padre. Assicura di non ricordare quella conversazione: “Mi potrei vantare di cose esagerate ma non di una cosa del genere”. E sui magistrati dice: “Non voglio attaccare i pm, ma è grave arrivare a colpire una ragazza come me quando ha 17 anni, macchiandone il nome. Io aspetto dal primo novembre di essere sentita”.
Nega pure di essersi prostituita, Ruby. Cosa che invece risulta evidente dalle intercettazioni e dai verbali degli interrogatori. La giovane marocchina ammette solo di averci provato una volta, senza riuscirci. Era in un albergo di lusso di Milano con un cliente presentatole da un’amica. “Quando sono rimasta in reggiseno e mutande e lui stava per mettermi le mani addosso, io ho cominciato a urlare”, raccontata. L’uomo le ha lasciato mille euro, colpito dalla sua reazione, senza pretendere un rapporto sessuale. “C’è un detto che mi diceva sempre mia madre e io ci credo: ‘puttane si nasce, non si diventa’”.
Ruby dice di non avere mai detto al presidente del Consiglio di essere la nipote di Mubarak, il presidente egiziano. Così l’ha spacciata Berlusconi nella telefonata alla questura di Milano, dove la notte del 27 maggio la giovane marocchina è stata portata in seguito a una denuncia per furto. Ma racconta che qualche bugia, al premier, l’ha detta quando l’ha conosciuto ad Arcore il 14 febbraio: di avere 24 anni e di essere egiziana. In Berlusconi ha trovato una persona disposta ad ascoltarla, “a differenza di tutti gli psicologi che ho incontrato negli anni e che sono pagati per farlo”. Parla del loro primo incontro, che sostiene essere stato innocente. Era la sera di San Valentino: “Mi ero da poco lasciata con il mio ragazzo e una mia amica mi aveva proposto di fare una cena, mi aveva detto di vestirmi elegante. Io mi sono messa un tailleur grigio e solo quando siamo arrivate in taxi davanti a questo palazzo enorme mi ha spiegato che eravamo a casa del presidente. All’inizio mi sono mostrata timida, poi mi sono lasciata andare”. Racconta che quella sera erano presenti diverse ragazze e il direttore del Tg4, Emilio Fede. Sostiene di essere andata via “appena terminata la cena”, perché faceva la cameriera in un ristorante di Milano e doveva essere presto al lavoro il mattino dopo. Ma prima di uscire dalla villa, Berlusconi “mi ha chiamata nel suo ufficio e mi ha detto che gli aveva fatto piacere conoscermi”. Il premier le ha consegnato una busta. “Conteneva 7 mila euro. Io non li avevo mai visti così tanti soldi: guadagnavo 700 euro al mese”.
Ruby ribadisce di aver incontrato Berlusconi “solo poche volte, non so quante, ma poche volte”. E mai per tre giorni consecutivi, come invece sostengono i pm di Milano, basandosi sulle indagini tecniche da cui risulta che il cellulare di Ruby ha agganciato la cella di Arcore dal 24 al 26 aprile scorso. “Io per tre giorni là? Non mi risulta proprio. E poi il cellulare io ce l’ho adesso, ma allora non l’avevo. Però vedo che ora tutto viene messo in discussione”.
Prima dello scandalo del bunga bunga, Ruby sognava il mondo dello spettacolo “perché si guadagna molto bene”. Ora invece assicura di sognare il matrimonio. “Che è anche in vista. Da due mesi precisi riesco a essere sincera con la persona che mi sta accanto”. Poi altri particolari sul suo passato. Racconta che il padre le rovesciò “una pentola di olio bollente in testa” quando lei, a 12 anni, gli comunicò che voleva convertirsi alla religione cattolica. Solleva una ciocca di capelli e mostra la cicatrice che le è rimasta. Sempre a 12 anni la fuga da casa e la prima “cavolata”. Rubò la borsa di una ragazza in un bar e si recò in un albergo registrandosi con il codice fiscale della giovane derubata. “La mattina appena uscita dall’albergo – racconta Ruby – mi sono trovata davanti le macchine dei carabinieri”. Altri sbagli? “Sì, ne ho fatti abbastanza, non per quanto riguarda i furti ma le persone: quel problema di raccontare una vita parallela e inventarsi delle cavolate”.