Passaparola, desideri, riflessioni, rivalsa, protagonismo. Agli Stati Generali della Precarietà 2.0 prende corpo la consapevolezza di una nuova prospettiva da cui partire, in poche parole nasce il punto di vista precario. Lo scorso fine settimana un’umanità varia e precaria si è incrociata e confrontata all’interno dei dibattiti, dei workshop e delle proposte su lavoro, precarietà e diritti.
La prima edizione degli Stati Generali lo scorso ottobre ha creato il tessuto che oggi ha reso possibile questo nuovo passaggio: la nascita di reti di prossimità e di relazione tra i vari gruppi, collettivi e singoli sparsi per l’talia ed impegnati sul tema della precarietà.
La condizione di precarietà è l’elemento generale e strutturale del mercato del lavoro di oggi. Qualunque sia il segmento di lavoro considerato (operaio, callcenter, migrante, lavoratore della conoscenza, studente, formatore, terziario, ecc.), la condizione attuale del lavoro è caratterizzata in modo pervasivo da incertezza, intermittenza e ricattabilità. I recenti accordi Fiat di Pomigliano e Mirafiori lo hanno ampiamente dimostrato: oggi parlare di precarietà è parlare alla totalità del mondo del lavoro. E’ riferirsi a una condizione che va oltre la tradizionale separazione tra lavoro e vita. La precarietà è il modo con cui si crea profitto, controllo e ricchezza, ma anche la maniera con cui si tengono insieme ricatto e consenso.
La consapevolezza della condizione pervasiva di precarietà ha portato all’idea di uno sciopero precario. Non uno sciopero dei precari e delle precarie, bensì uno sciopero sulla precarietà e nella precarietà. “Sulla precarietà”, ovvero che ponga come elemento centrale la questione della precarizzazione e di come si possa uscirne. “Nella precarietà”, ovvero tramite nuove forme di conflitto che non siano appannaggio dei soli militanti, ma coinvolgano i mille volti della precarietà diffusa. Come costruire questo sciopero sarà argomento degli Stati Generali della Precarietà 3.0.
Sarà necessario immaginare nuove azioni e strumenti affinché l’astensione dal lavoro dei precari si renda praticabile, colpendo viceversa duramente quei gangli della produzione materiale e immateriale che oggi maggiormente sfruttano il lavoro dei precari, migranti e nativi. Uno sciopero che dovrà essere in grado di presentare proposte e indicare obiettivi per creare le premesse di un superamento di questa condizione esistenziale e strutturale. Le proposte saranno accomunate dalla richiesta di un nuovo welfare in grado di rendere praticabili il diritto alla scelta del lavoro (garanzia di reddito) e il diritto a una vivibilità e mobilità sostenibili.