Scritte contro il magistrato e contro il governatore della Regione, Caldoro. La colpa? Avere fatto rispettare la legge sull'abusivismo edilizio a Ischia
Nella notte di ieri, minacce di morte sono apparse sulle auto parcheggiate di fronte all’abitazione di Antonio Caldoro, il papà di Stefano Caldoro, Governatore della Campania in quota Pdl. Qualcuno ha scritto con le bombolette spray di colore bianco “Caldoro e De Chiara a morte infami”.
Una bravata o una minaccia da prendere sul serio? Sulla vicenda indagano i carabinieri. Quel che è chiaro è il contesto nel quale è maturata. I dati: 774 le ordinanze di demolizioni da compiere tra i sei comuni dell’isola, 3200 richieste di sanatoria col condono del 2003, 9300 col condono del 1994, 14.500 pratiche col condono del 1985. In pratica, ogni ischitano ha un parente o è direttamente coinvolto in un caso di mattone selvaggio.
Esattamente un anno fa, il 26 gennaio 2010, Ischia scese in piazza per ‘difendere’ i suoi abusi. In cinquemila parteciparono a un corteo che si snodò lungo gli otto chilometri della rete viaria ischitana, tra proteste e serrande abbassate, coi sindaci divisi tra chi aderiva, come l’azzurra Restituita Irace, prima cittadina di Lacco Ameno, e chi prendeva le distanze dall’iniziativa, tra cui il sindaco d’Ischia Giosi Ferrandino: “Mi dite che la partecipazione è stata notevole? Non faccio fatica a crederlo – commentò Ferrandino – perché so bene che intorno all’abusivismo edilizio si è stabilizzato un circuito economico di grande portata”. Il corteo venne ripetuto qualche giorno dopo, il 7 febbraio. Il Pdl, cavalcando una protesta comune a una grossa fetta del territorio napoletano e campano, in piena campagna elettorale per le elezioni regionali poi vinte da Caldoro sfornò un decreto legge che avrebbe dovuto congelare le demolizioni in Campania per le prime case e gli abusi di necessità. ‘Mutilato’ in sede di consiglio di ministri dagli esponenti della Lega Nord, che ne imposero l’applicazione ai soli territori non vincolati (escludendo quindi gran parte delle aree interessate dagli abusi), il decreto non fu convertito in Parlamento e decadde. E la Procura di Napoli riprese ad eseguire le demolizioni.
Nei giorni caldi dei cortei i cronisti chiesero al procuratore aggiunto un commento sulle tensioni sociali e sui pericoli innestati dagli abbattimenti a Ischia. De Chiara, che ha fama di magistrato che non guarda in faccia a nessuno (dal suo pool scattò l’inchiesta di Capri conclusasi con il rinvio a giudizio di Luca Cordero di Montezemolo per abusivismo edilizio e falso), si limitò a dire: “Me ne rendo conto. Ma la colpa non è dei magistrati che si limitano a fare quello che devono fare: eseguire le sentenze”. Più duro fu il procuratore generale di Napoli, Vincenzo Galgano: “Il fatto che molti prima di me non abbiano fatto gli abbattimenti non era un buon motivo per nicchiare a mia volta. Io non ho problemi di consenso elettorale e vado avanti. Se frequento Ischia? Certo che no. Molti miei colleghi la amano, ma io non ci vado mai. Perché è deturpata dal cemento? Dirò di più: è focalizzata. E’ piena di cacca. E anche questa – chiosò Galgano – è la conseguenza di una certa gestione della cosa pubblica”.