Palazzo Grazioli somiglia sempre più al rifugio di Salò. Silvio Berlusconi è trincerato da una settimana esatta nella sua residenza romana, insieme soltanto ai fedelissimi. Non si mostra più in pubblico, rinunciando a partecipare ai funerali del giovane alpino morto in Afghanistan, e parla solo attraverso videomessaggi diffusi dai “canali” amici. Intorno a lui tutto crolla. E il premier viene addirittura commissariato dalla Lega, con Bossi che gli consiglia di “andare a riposare”. Nelle ultime 24 ore, attorno al Cavaliere, è calato il gelo. A partire dal canale privilegiato con la Santa Sede. Questa mattina il Papa, nell’udienza ai funzionari e dirigenti della questura di Roma ha parlato di “un certo indebolimento della percezione dei principi etici su cui si fonda il diritto e degli atteggiamenti morali personali, che a quegli ordinamenti sempre danno forza”.
Ma quello di Benedetto XVI è solo l’ultimo di una serie di interventi dei più importanti esponenti vaticani. Il segretario di Stato Tarcisio Bertone ieri ha detto di condividere l’irritazione già espressa da Giorgio Napolitano, chiedendo “più moralità, più giustizia, più legalità”. Il coinvolgimento di una o più minorenni nei festini di Arcore ha sconvolto anche la conferenza episcopale. Il cardinale Angelo Bagnasco ha annunciato che il consiglio permanente della Cei discuterà della vicenda Ruby.
Anche le Forze dell’ordine si sono dovute difendere dagli attacchi del premier. Lui ha invocato il rispetto della legge, i poliziotti hanno risposto seccati: “Basta umiliazioni, intercettazioni e perquisizioni più che regolare”. Gli imprenditori lo hanno abbandonato da tempo, con Emma Margegaglia che evita di commentare il Rubygate ma continua a ribadire che “serve un governo che governi il Paese”.
Eppure, a preoccupare maggiormente Silvio Berlusconi è la posizione della Lega Nord. Se mercoledì sera Umberto Bossi rilasciava dichiarazioni di sostegno al premier, oggi appare molto più cauto. Tanto da consigliare a Berlusconi di “andare a riposare”. Un consiglio a Berlusconi? ”Di andare un po’ a riposare da qualche parte che ci pensiamo noi”. Il premier stamani durante il Consiglio dei ministri si è detto fiducioso di riuscire a tenere insieme la maggioranza e se l’esecutivo non dovesse farcela l’unica alternativa è il voto anticipato. Il Cavaliere si è inoltre raccomandato con i ministri di comunicare bene quello che sino ad ora ha fatto il governo: in questo momento in cui siamo sotto attacco mediatico è importante spiegare agli italiani cosa stiamo facendo, ha detto. Ma certo anche tra gli stessi ministri i dubbi sulla tenuta del governo cominciano a farsi insistenti.
Ieri i movimenti a sorpresa del Terzo Polo e dell’Anci sul federalismo hanno fatto tornare al premier l’incubo del 1994, quando il Carroccio staccò la spina del primo esecutivo del Cavaliere, aprendo al governo tecnico di Lamberto Dini. Tanto che Berlusconi ieri sera per essere rassicurato ha convocato nel suo “bunker” romano Roberto Calderoli, padre del federalismo, e Giulio Tremonti, ministro del tesoro ma soprattutto indicato da molti come possibile guida di un esecutivo tecnico.
L’incubo ’94 ha preso corpo quando l’Anci ha annunciato il no al pacchetto federalismo, imitato poi dal Terzo Polo che però apriva a una deroga dei tempi alla legge delega di sei mesi. Una mossa che nessuno si aspettava ma di facile lettura: Fli, Udc e Api prendono la stessa posizione contraria al federalismo di Idv e Pd, sbarrando ogni speranza del passaggio nelle commissioni. Adesso, se invece la Lega rompe con Berlusconi e apre un passaggio tecnico le posizioni potrebbero cambiare e ci sarebbero appunto sei mesi di tempo in più per trovare un punto comune.
Così stamani il consiglio dei ministri ha deciso di rinviare di una settimana il voto sul federalismo municipale, fissandolo per il 2 febbraio. E Calderoli ha aperto totalmente all’Anci: “Abbiamo concordato una serie di risposte positive ai quesiti posti, c’è una sostanziale condivisione delle richieste”. La preoccupazione in casa Lega è forte: il no del Terzo Polo e il passaggio all’opposozione di Mario Baldassarri sottraggono matematicamente alla maggioranza la possibilità di far passare i decreti delegati in commissione Bicamerale. Così come non li ha in commissione Bilancio. Lo sa bene Calderoli che già durante le vacanze natalizie, alla cena con Tremonti a Calalzo di Cadore, annunciava che i numeri non c’erano e si doveva trovare un dialogo con tutti. “Perché il problema è che se dalle commissioni arrivano pareri negativi – si sfogò Calderoli a tavola – dobbiamo recepirli per forza e non c’è il tempo per farlo; possiamo fregarcene certo ma poi dobbiamo andare in parlamento a spiegare perché, avete idea presentarsi alla Camera con questo clima?”. Ma ancora doveva esplodere il Rubygate.
Bossi insiste nel dire che senza federalismo “si va a votare” ma la tentazione di accordarsi con l’opposizione è concreta. Berlusconi sta diventando un problema anche per la base leghista. Basta ascoltare Radio Padania per sentire la rabbia e la delusione di piccoli e medi imprenditori. C’è chi comincia a suggerire di lasciare l’alleato ormai divenuto impresentabile e insostenibile. Fino a quando per stare insieme c’è l’alibi del federalismo Bossi lo userà, ma poi rimarrà senza scuse e senza alternative se non quella di staccare la spina.