Per l'accusa Amedeo Matacena avrebbe pagato 200mila euro al presidente del Tar perché favorisse la società di navigazione del politico berlusconiano
L’ex parlamentare di Forza Italia Amedeo Matacena torna sul banco degli imputati. Questa volta l’accusa è di corruzione in atti giudiziari, rivelazione del segreto d’ufficio e violazione dell’articolo 12 quinquies sulle misure di prevenzione.
Dopo il rinvio a giudizio è iniziato ieri, davanti al Tribunale di Reggio Calabria, il processo “Mozart” a carico di Matacena, coinvolto in una vecchia indagine coordinata dall’ex sostituto procuratore della Dda Santi Cutroneo, oggi pm a Vibo Valentia. A rappresentare l’accusa, in aula, c’è il pubblico ministero Francesco Tedesco che, nei mesi scorsi, è riuscito ad ottenere il rinvio a giudizio del politico, del suo collaboratore Antonino Martino Politi, dell’ex presidente della società “Amadeus Spa” Giuseppe Pratticò, dell’avvocato Cesare Giglio, dell’impiegato della “Caronte” Giovanni Tedesco e della dipendente della società Graziella Fedele.
Giudizio immediato, invece, per l’ex presidente del Tar di Reggio Luigi Passanisi e per la moglie Gabriella Barbagallo. Le loro posizioni saranno presto riunite al troncone principale del processo nato da un’inchiesta che ha fatto luce su un caso di corruzione che ha visto protagonisti proprio l’ex deputato Amedeo Matacena e il magistrato Passanisi. Una indagine che ha portato alla condanna in primo grado e con il rito abbreviato, a un anno di reclusione, dell’ex comandante provinciale della Guardia di Finanza Agatino Sarrafiore.
Il processo è stato rinviato al 3 marzo quando ci saranno le prime eccezioni preliminari degli avvocati che tenteranno di smontare l’impianto accusatorio della Procura secondo la quale, nell’autunno del 2005, l’ex presidente del Tar avrebbe accettato la promessa a ricevere 200 mila euro allo scopo di favorire la società di navigazione di Amedeo Matacena e del suo gruppo. Una “mano” provvidenziale nei ricorsi avversi il provvedimento con cui l’ufficio marittimo di Villa San Giovanni aveva rigettato la richiesta di accosto della Amadeus spa allo scivolo “0” del porto.
Per pagare la mazzetta a Passanisi, secondo gli inquirenti, Matacena, Politi, Giglio e Praticò, avrebbero distratto i fondi dell’Amadeus. In sostanza, Matacena avrebbe incaricato Martino Politi (considerato dagli inquirenti il suo factotum) di “avvicinare” il presidente del Tribunale amministrativo di Reggio. Per farlo Politi si sarebbe rivolto all’avvocato Cesare Giglio che, nell’impianto accusatorio, avrebbero fatto da tramite affinché il presidente Passanisi emettesse una sentenza favorevole alle due compagnie di navigazione “Ulisse” e “Amadeus”.
Il comandante Sarrafiore, invece, su richiesta di Gabriella Barbagallo (moglie dell’ex presidente del Tar) avrebbe abusato dei suoi poteri per conoscere, attraverso il sistema delle banche dati delle forze dell’ordine, l’intestatario di un’auto utilizzata da persone che si erano qualificate come carabinieri in servizio antirapina. Militari che, in realtà, stavano lavorando sotto copertura nel tentativo di piazzare una microspia all’interno della Mercedes di Passanisi.
di Lucio Musolino