L'indagine sulla nuova tv online è partita dopo le proteste dell'Ordine dei giornalisti e di diversi cronisti precari, che hanno accusato l'amministrazione del capoluogo campano di favorire il lavoro nero con la decisione di far lavorare gratis pensionati della Rai e de 'Il Mattino'
La notizia dell’indagine della procura guidata da Giandomenico Lepore – che in un primo momento aveva chiesto l’archiviazione, respinta dal gip – segue le polemiche scatenate dal Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Campania e da un considerevole numero di cronisti precari riuniti in un coordinamento. Gli organismi di categoria hanno accusato il comune di Napoli di incentivare il lavoro nero e di penalizzare le giovani generazioni. Sostanzialmente escluse da criteri di reclutamento che hanno privilegiato maturi e pensionati cronisti che possono permettersi di lavorare gratis.
C’è poi la questione dell’annullamento del bando. Venne indetto nel periodo natalizio del 2009 per fissare i requisiti richiesti al professionista che avrebbe dovuto accompagnare e dirigere la nascita della web tv. Requisiti assai severi: 20 anni, poi ridotti a 10, di iscrizione all’albo dei giornalisti professionisti ed esperienze pluriennali in tv, nella carta stampata e in testate online. Tre giornalisti hanno partecipato e hanno dimostrato il possesso dei titoli: il direttore doveva essere scelto tra uno di loro. Ma il Comune ha poi ‘resettato’ il bando. Decisione che il Consiglio di Stato ha ritenuto infondata, accogliendo il ricorso dei tre giornalisti vincitori della selezione e notificando gli atti al Comune il 16 dicembre scorso. La magistratura amministrativa ha ordinato all’amministrazione comunale di avviare la web tv solo attraverso i vincitori del bando e di sospendere nel frattempo ogni altra attività, quando la nomina di Mariconda (che non aveva partecipato alla selezione) era già stata ormai formalizzata. Proprio ieri due dei tre giornalisti, Angela Mazzocchi e Francesco Bellofatto, hanno diffuso una nota nella quale chiedono perché il Comune partenopeo “dopo 35 giorni sta ancora disubbidendo al Consiglio di Stato”.