Lo scandalo Minetti (Nicole Minetti, l’ex igienista dentale di Berlusconi promossa consigliere regionale e vestale delle serate Bunga Bunga) ne ha fatto riemergere un altro: quello del listino Formigoni (nel quale la Minetti è stata eletta) contestato e denunciato a suo tempo dai radicali per evidenti irregolarità nelle firme e nelle autentiche. I radicali presentarono le prove materiali: 600 firme palesemente false (molte chiaramente vergate dalla stessa mano). Ma nulla accadde, anzi: il Tar dichiarò inammissibile il ricorso e la Procura, fino ad ora, non è intervenuta.
Nel frattempo, si è saputo che Formigoni, lo stesso che oggi rispetto al caso Minetti invita a non emettere giudizi avventati ma a «lasciar lavorare i giudici», allora «quando altri giudici, quelli dell’ufficio elettorale, avevano constatato l’irregolarità delle sue firme, più che lasciarli lavorare si preoccupò di avvicinarli via P3 e di mandargli contro gli ispettori di Alfano».
Lo ricorda Emma Bonino in un’intervista a Repubblica-Milano. E fa molto bene. Come si suol dire, il pesce puzza dalla testa, e se la testa del governo è Berlusconi, quella della Regione è Formigoni.
Il quale, ora, per Nicole non muove un dito, anzi, si chiama fuori: la Minetti? «Me l’ha raccomandata Belusconi» dice. Il che è assolutamente credibile. Ma non l’assolve dall’averla messa in lista, e con quelle modalità. Anche se, con il senno di poi, il governatore probabilmente si mangia le mani per la sua condiscendenza verso il capo e le sue debolezze. Non gli fa comodo, proprio no, che lo scandalo del listino torni a galla proprio ora, quando con Tremonti è in corsa per sostituire il vecchio capo nel voto e nel cuore degli italiani, anche se non in quello delle sue donnine.