Ha trionfato il Pd, contro tutto e tutti. Se il centrodestra se ne stava alla finestra pronto a festeggiare, Bologna ha detto no e, nonostante i cinque anni dell’assente Sergio Cofferati e un anno di Flavio Delbono, travolto dagli scandali sessuali e da un’accusa di corruzione, il partito è riuscito a non perdere le primarie. Anzi, le ha vinte. Dal punto di vista numerico, il dato che forse preoccupava la vigilia, e da quello dell’apparato: il nome doveva essere quello di Virginio Merola, e Merola è stato. Con il 58,35 per cento e 16.407 voti.
Amelia Frascaroli, la madre di una grande famiglia targata volontariato, Caritas e coniugi Prodi, si è fermata al 35,99 per cento (10.407 voti) raccolti soprattutto nel centro storico. L’uomo gradito ai rottamatori, Benedetto Zacchiroli ha fatto peggio del previsto (5,67 % per cento e 1.594 preferenze). Il resto è stato tutto per Merola: sarà lui a sfidare un candidato che il centrodestra non ha ancora trovato e che da oggi, forse, faticherà anche a trovare. Perché con questi numeri Bologna è molto probabile che resti un feudo del Pd. A nulla potranno le eventuali alleanze tra Casini e Fini, entrambi bolognesi né tantomeno il “trota”, alias Renzo Bossi, in questo clima riuscirà a padanizzare Bologna come aveva annunciato alla vigilia delle primarie del Pd.
Ma al di là dei singoli candidati è il dato dell’affluenza che lascia sperare: 28.390 persone hanno votato per scegliere il candidato sindaco del centrosinistra, addirittura superiore a un anno fa, quando venne scelto Delbono. Una scelta che i bolognesi avevano masticato amaro dal momento in cui esplose il Cinzia-gate e il sindaco fece un passo indietro fino a dimettersi. Ieri, in una domenica più fredda del previsto, Bologna ha risposto che da lì, da quell’errore, è obbligo ripartire. E fare le primarie è stato giusto, anche contro chi (Pierluigi Bersani, soprattutto) voleva ripensare il sistema della scelta del candidato. In questo ha avuto coraggio da vendere il segretario provinciale del Pd, Raffaele Donini, che ieri sera è stato acclamato alla pari di Merola: “Le primarie hanno ricompattato i nostri elettori. Dunque la scelta è stata quella giusta”.
Il clima, all’interno del Pd, è stato di festa per tutta la notte. Vinti e vincitori, nessuno escluso. Come dimostrano le parole pronunciate poco dopo la mezzanotte da Frascaroli: “Ha vinto la partecipazione. Io ho fatto la parte della formichina, lui (Merola, ndr) quella dell’elefante”. E riferita a quello che è stata l’amministrazione Delbono è stata categorica: “E’ il momento di chiudere le ferite, ma senza rimuoverle”.
E se Zacchiroli si è messo a disposizione per lavorare con quello che spera sia il futuro sindaco, Merola è andato oltre: “L’inverno del nostro scontento è finito, è arrivata la primavera di Bologna. Noi tre ci abbiamo messo molto valore e l’abbiamo trasmesso. L’affluenza? Mi aspettavo un 25 mila più uno, non così tanto. Abbiamo smentito tutti i Tafazzi. I politologi sono più indietro dei bolognesi”. Poi, rivolgendosi ai suoi sfidanti, ha aggiunto: “Si ricomincia da tre”. E rivolto a Bersani: “Bologna c’è, conta su di noi, fai come noi”. Ha infine teso la mano a Rifondazione comunista e ha ringraziato tutte le donne della sua vita, “mia madre, mia moglie, Amelia e anche una donna che si chiama Bologna. E che ora avrà la reputazione e il rango che merita”.
Quanto la crisi di Berlusconi abbia influito non è facile dirlo. Servirà qualche giorno e un’analisi più attenta dei numeri. Sicuramente una spinta ad aumentare addirittura i numeri delle primarie di un anno fa l’ha data. I sondaggi, quelli che circolavano fino a una decina di giorni fa, parlavano di 15.000 voti e il Pd si era già preparato a renderlo un dato digeribile. Lo stesso Romano Prodi, rientrato ieri mattina dalla Cina e subito al seggio appena sceso dall’aereo, l’aveva detto: “Quindicimila voti sarebbero tanti”. Alle sei del pomeriggio si era già capito che sarebbero stati il doppio. Le elezioni di primavera ora le può perdere solo il Pd. E miracoli di questo tipo ne ha già fatti.
di Emiliano Liuzzi e Antonio Amorosi