Dal “caso Ruby”, cioé dall’inchiesta giudiziaria, così come dalla tempesta mediatica e dalle polemiche politiche che ha innescato, ha concluso, “comunque si chiariranno le cose, nessuno ricaverà realmente motivo per rallegrarsi, né per ritenersi vincitore”. Così il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, nella prolusione al Consiglio episcopale permanente. “La collettività – ha duramente commentato – guarda sgomenta gli attori della scena pubblica, e si respira un evidente disagio morale”.
Un intervento, quello del presidente della Conferenza episcopale, che non ha risparmiato stoccate, tanto al premier che alla magistratura e ai media: “Si moltiplicano notizie – ha proseguito – che riferiscono di comportamenti contrari al pubblico decoro e si esibiscono squarci – veri o presunti – di stili non compatibili con la sobrietà e la correttezza, mentre qualcuno si chiede a che cosa sia dovuta l’ingente mole di strumenti di indagine. In tale modo, passando da una situazione abnorme all’altra – avverte Bagnasco – è l’equilibrio generale che ne risente in maniera progressiva, nonché l’immagine generale del Paese”.
Insomma,“la vita di una democrazia – ha aggiunto il presidente della Cei – si compone di delicati e necessari equilibri, poggia sulla capacità da parte di ciascuno di auto-limitarsi, di mantenersi cioè con sapienza entro i confini invalicabili delle proprie prerogative”. Bagnasco ha poi citato l’articolo 54 della Costituzione: “Come ho già avuto modo di dire – ha proseguito il cardinale – chiunque accetta di assumere un mandato politico deve essere consapevole della misura e della sobrietà, della disciplina e dell’onore che esso comporta, come anche la nostra Costituzione ricorda”.