Adesso in Italia si parla di sesso.  Si sentono in televisione e si leggono sui giornali parole come culo, pompino, prostituta molte volte al giorno. In tutto questo, sono emerse alcune verità che costituiranno altrettanti punti di non ritorno e che ci stanno portando a rotta di collo verso una irrevocabile svolta. E si andranno a posizionare all’inizio di un mutamento dei costumi. Inevitabilmente ci sarà d’ora in poi, un prima e dopo Ruby ad esempio. Il che, se pensiamo al caso D’Addario, già ce lo fa apparire obsoleto. Se pensiamo poi al caso Clinton ora ci appare come la favola dei Tre porcellini. Eppure quello fu uno scandalo di proporzioni mondiali. Oggi ci fa sorridere. Allora questo vorrà dire qualcosa.

Anche perché per la prima volta la straordinaria violenza e rapidità degli eventi ha fatto sì che si tralasciasse il perbenismo e il finto pudore italico che fino a qui avevano avvolto le vicende sessuali dei potenti di turno che, da sempre, avevano navigato come meglio potevano in questi mondi.

Che il sesso viaggi avvinghiato al potere non è grande novità e le amanti dei potenti hanno sempre avuto appartamenti in dono, gioielli e quantaltro sennò che amanti sarebbero? Certo oggi hanno anche il Parlamento. Forse, diciamocelo, per  prima volta questi eventi sono stati catapultati all’attenzione comune con tale dovizia di dettagli da soddisfare le curiosità di una nazione ammalata di voyeurismo come la nostra.

Gli eventi si sono imposti con una tale precisione da proiettarci ormai quotidianamente un film che se qualcuno avesse davvero concepito, scritto e girato avrebbe riempito le sale. Dialoghi imperdibili emersi dalle intercettazioni e preziosi aforismi come quello pronunciato dalla giovane ma esperta Ruby che dà la precisa definizione di quello che rappresenta per il Presidente del Consiglio, cioè una parte anatomica, spostano il dibattito semantico su un piano mai raggiunto finora, tanto che anche Rocco Siffredi sente la necessità di intervenire puntualizzando il suo ruolo di Stallone Italico al pari del Cavaliere.

E così assistiamo ad un mescolamento definitivo tra politica e pornografia nei fatti e nel linguaggio che certamente non avrebbe lasciato indifferente Pasolini e neppure Lacan.

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