Qualche mese fa mi sono ritrovato in un corso di formazione con colleghi di varie nazionalità. Ad un certo punto ci fu chiesto di raggrupparci per nazionalità e di elencare le principali caratteristiche che contraddistinguono la nazionalità in questione, ma anche quelle per cui (a torto o a ragione) quella nazionalità e cultura è conosciuta all’estero.
Per la seconda categoria proposi senza esitazione ai colleghi italiani l’abbondanza di tette e culi in televisione, e fui abbastanza sorpreso di ritrovarmi isolato. No, dicevano i miei colleghi, non è poi così strano, succede anche in altri Paesi. Quindi la mia proposta non trovò spazio nell’elenco. Salvo poi essere acclamata a gran voce dagli altri colleghi (non italiani) al momento della presentazione: non ricordo chi la menzionò, ma tutti reagirono con grande entusiasmo per descrivere (e irridere) l’esposizione del corpo femminile nell’etere italico. Che, contrariamente a quanto ci fa comodo pensare, non è per niente nomale e non ha eguali altrove.
Era da tempo che volevo scrivere per incitare le donne a prendere posizione, a dissociarsi dal modello incredibile dei corpi in vendita che emerge dalle attualità di Arcore ma anche, ormai da vent’anni, da qualunque canale Tv a qualunque ora del giorno (e, evidentemente, della notte).
Per fortuna, sull’onda dell’ultimo scandalo, si intravedono segni di speranza. Tra essi il blog di Giulia Innocenzi, altri blog del Fatto, e adesso anche la stampa internazionale. De Standaard di questo weekend (22-23 gennaio) riporta, dall’olandese NRC Handelsbald, un’intervista a Lorella Zanardo. Spero che la conosciate: ideatrice del corto film visibile su internet “Il corpo delle donne“, del blog omonimo, di ormai innumerevoli interventi in scuole e Comuni e di un corso per le scuole “Nuovi occhi per la TV“.
Ho scoperto di avere qualcosa in comune con il percorso della Zanardo; anche io, da quando abito all’estero, ho diminuito il mio “consumo” di televisione italiana in maniera drastica. Basta guardare per poche settimane altre produzioni, se se ne ha la possibilità e la capacità linguistica, per essere disgustati (sì, è la parola giusta, disgustati) dal livello infimo della Tv di casa nostra, e qui faccio di tutta l’erba un fascio perché le eccezioni (che ci sono, ma poche e non eccelse) non cambiano il mio giudizio di insieme. Insomma per un po’ ho guardato giusto il Tg1 serale, poi arrivò la gestione Minzolini e mi resi conto che se non volevo sviluppare un’ulcera avrei dovuto troncare anche quel cordone.
Un annetto fa poi traslocammo e, nelle settimane seguenti senza Tv in attesa di scegliere un nuovo abbonamento, ci siamo resi conto di una cosa: la Tv era strettamente inutile, anzi dannosa, alla nostra vita. Per le news usavamo già esclusivamente internet. Del rimbambimento serale ne avremmo fatto volentieri a meno.
Insomma, da più di un anno vivo senza televisione, mi sono accorto che non è una scelta poi così isolata e che soprattutto è una scelta vincente, soprattutto se si hanno figli piccoli. Mai e poi mai vorrei che i miei figli crescessero attaccati alle mammelle (e alle chiappe) della Tv italica. L’apprendimento dell’italiano non ne gioverebbe granché visto il livello dei parlanti, e la loro visione del mondo ne uscirebbe distorta.
Poi però ho scoperto di avere una differenza fondamentale con la Zanardo: io mi sono accontentato, come molti, di spegnere la Tv, di smettere di guardare quelle schifezze. Lei no, lei ha capito che così non cambia nulla ed è passata all’azione, rinunciando persino al suo lavoro. Chapeau.
Mi fa un piacere enorme, e mi dà speranza, il successo della Zanardo. È particolarmente importante che lavori con le scuole, che si educhino i ragazzi a guardare la Tv con senso critico. Eppure è ancora una goccia nel mare, considerando che l’80% degli italiani usa la televisione come unico mezzo di informazione (ma quale informazione poi?).
Per trarre qualche conclusione da tutto questo, provo a mettere in rilievo tre elementi dell’articolo sulla Zanardo:
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