Nonostante il divieto di scendere in piazza deciso dal governo, sono ripresi i disordini al Cairo e nelle altre città. Nei pressi del consolato italiano gli agenti hanno risposto con i lacrimogeni a un fitto lancio di sassi. Sale a sei il bilancio delle vittime
Nel pomeriggio gli agenti in assetto anti sommossa, nei pressi del consolato italiano della capitale, si sono scontrati con i manifestanti che hanno risposto con il lancio di sassi. Nonostante il divieto di manifestazioni proclamato dal ministero dell’Interno, la polizia non riesce a impedire a gruppi di oppositori di tenere proteste spontanee in diverse zone del paese. Per questo la polizia ha blindato la centralissima piazza ‘Tahrir’ del Cairo dove si sono dati appuntamento i militanti del gruppo ‘6 aprile’ e dove si è svolta la manifestazione di ieri.
Secondo una fonte delle forze di sicurezza, la polizia egiziana ha arrestato tra ieri e oggi almeno 500 persone al Cairo e nelle altre città. Tra le persone portate in carcere ci sono otto giornalisti che avevano inscenato una protesta davanti alla sede del loro sindacato, manifestazione cui si sono uniti anche decine di avvocati. La televisione satellitare al Jazira ha riferito che nella città di Assiut, nell’Alto Egitto, sono stati arrestati 121 simpatizzanti dei Fratelli musulmani durante un sit-in.
Intanto salgono a cinque le vittime degli scontri di ieri: è morto un manifestante rimasto ferito, che va ad aggiungersi alle altre cinque persone decedute, tra cui un poliziotto ucciso nella calca al Cairo. I disordini sono scoppiati nella capitale, ad Alessandria e a Suez: ferite decine di persone. La scorsa notte le forze di sicurezza hanno avviato un’azione per disperdere le migliaia di persone ancora in piazza. In mattinata le forze di opposizione hanno lanciato un appello per la mobilitazione per quello che hanno chiamato “il secondo giorno di collera”. Il gruppo di militanti ‘Movimento 6 aprile’, organizzatori delle manifestazioni di ieri, attraverso la sua pagina su Facebook ha chiamato a radunarsi sulla grande piazza Tahir al Cairo, dove ieri già migliaia di persone protestato contro il presidente Mubarak, al potere da trent’anni. “Tutti devono recarsi a Piazza Tahir per impadronirsene ancora”, è scritto sulla pagina del gruppo. Ma il ministero dell’Interno egiziano ha minacciato la repressione, facendo sapere che “non permetterà alcun movimento provocatorio, raduni di protesta, marce o manifestazioni”. E il sistema di microblogging Twitter, usato dai manifestanti per coordinarsi e diffondere informazioni, è inaccessibile da ieri. Da questo pomeriggio è inaccessibile pure Facebook, ma il governo egiziano ho negato ogni responsabilità nel blocco dei due siti.
L’acuirsi della tensione nel paese nordafricano preoccupa gli Stati Uniti, il principale alleato del Cairo. La Casa Bianca ha chiesto alle autorità egiziane di revocare il divieto di manifestazione e ha esortato “il governo a recepire le aspirazioni del popolo per portando avanti le riforme politiche, economiche e sociali che possono migliorare la vita della gente e aiutare l’Egitto a prosperare”. Il presidente del Parlamento europeo, Jerzy Buzek, ha dichiarato che le autorità egiziane ”devono sposare le legittime aspirazioni, politiche e sociali, del popolo per avere più libertà, pluralismo e democrazia”. Il ministro degli Esteri italiano Franco Frattini ha espresso la speranza che ”il presidente Mubarak continui, come ha sempre fatto, a governare il suo paese con saggezza e con lungimiranza. L’Egitto è punto di riferimento per il processo di pace che non può venire meno”.