Società

In difesa delle puttane così/dette

Su due donne, una non ha un lavoro e non lo cerca perché non lo troverebbe. Chi non rimane protetta, si fa per dire, nell’ambito della famiglia – all’interno della quale si manifesta la percentuale maggiore di violenze a carico delle donne – come fa a tirare a campare?

Non è una novità affermare che questo ex bel paesino sia diventato ancor più bacchettone & ipocrita q.b. – quanto basta per continuare a far ridere e/o a far inorridire il mondo. Basti leggere le registrazioni delle conversazioni telefoniche di padri, fratelli e fidanzati delle protagoniste del bunga bunga istituzionale, per rendersi conto del livello morale nostrale. Non è nemmeno una novità che le prostitute d’alto bordo siano chiamate e siano considerate escort, cioè status symbol, mentre quelle comuni siano spregiativamente definite puttane.

Claudio Messora nel suo post E se le chiamassimo puttane?, riferendosi alle protagoniste del bunga bunga istituzionale, propone sic et simpliciter di definirle tutte puttane. Una definizione che mi fa rivoltare il sangue nelle vene. Mio caro Messora, un fenomeno come quello della prostituzione nel mondo globalizzato, non si può definire ricorrendo soltanto al dizionario. Avendo fatto diverse ricerche socio/logiche su questo tema, anche in America Latina e nel Sud-est asiatico, posso tranquillamente ribadire l’esistenza di puttane e puttane – professioniste, dilettanti, occasionali, d’alto e basso bordo & via discorrendo. Esistono anche forme di prostituzione più o meno velata ma mai abbastanza evidenziata, come quella delle mantenute e di certe consorti com/piacenti & chi più ne ha più ne metta.

Oltre alle suesposte categorie, comprensive delle call girls e delle lap girls – che da noi esercitano in locali strani in quanto scarsamente controllati – e delle lucciole stradali d’antan – vista & considerata la criminalizzazione alla ex chissà che cosa Mara Carfagna and CO, nei confronti della prostituzione comune – andrebbero anche considerati i siti per così dire soft, dedicati agli incontri dagli esiti non programmati, e i siti hard per incontri, virtuali e non, a pagamento – cam girl, sado/maso girls e via discorrendo, con prestazioni, virtuali ben s’intende, pagate anche cinque euro – più o meno lo stesso compenso corrisposto a una badante o a una fantesca a ore, a professioniste (sic!) italiane, straniere ed extra comunitarie.

Ed è proprio considerando queste banali realtà che sono rimasto stupito dal livello di certe semplificazioni moralistiche & perbenistiche, come quelle contenute nei post apparsi sul fattoquotidiano.it di Giovanna Gabrielli Cosa è successo alle donne, di Giulia Innocenzi La carne deve tornare dal macellaio e di Caterina Soffici Donne disoccupate e mignotte strapagate.

Per quanto mi riguarda sono sempre stato convinto e continuo indefesso, che il valore sociale fornito dalla prostituzione sia tale, che anche il nostro supposto Stato dovrebbe, al pari di tutti quelli dei paesi civili, decidersi a regolamentarla, anche per fornire adeguata protezione a quelle donne che, per necessità o per vocazione, escludendo da questo consesso le così/dette schiave, hanno il fegato di continuare, nonostante la ferocia dei tempi, a esercitare a proprio rischio & pericolo, quel che resta del più antico mestiere del mondo.