Sandro Bondi è salvo, la resa dei conti è stata posticipata sul federalismo. Con Casini che ribadisce la bocciatura e Bossi che risponde: "Accordi solo con chi lo voterà"
“Dovranno uscire allo scoperto”. Per quanto sotto assedio su tutti i fronti, Silvio Berlusconi ieri nel bunker romano di Palazzo Grazioli è riuscito a segnare un punto a favore del Pdl: essere riusciti a non far slittare il voto sulla mozione di sfiducia a Sandro Bondi così da togliere a Lega e Terzo Polo il tempo per trovare un accordo. Che Umberto Bossi dialogasse con Gianfranco Fini per garantirsi il via libero del federalismo in commissione e che la contropartita fosse una spinta per far cadere il governo era noto e oggi è stato confermato dal botta e risposta a distanza tra Pierferdinando Casini e Bossi. Il leader dell’Udc ha lanciato la rappresaglia: “Tutto il Terzo Polo voterà contro il federalismo fiscale” sul fisco municipale. Un decreto, ha aggiunto, che “così com’è rischia di dare il colpo finale all’autonomia dei Comuni”. La risposta del senatùr è stata altrettanto chiara e non si è fatta attendere: “Chi vota il federalismo potrà fare accordi con noi, chi vota contro fa una sciocchezza”. Aggiungendo la speranza che “il Terzo Polo cambi idea”.
Le carte sono dunque in tavola. E a rischiare maggiormente è la Lega: la legge delega scade il 21 maggio e con la proroga al voto di sei giorni, voluta dal Pdl, non c’è il tempo di andare al voto e tornare al governo (e nelle commissioni competenti) con una maggioranza nuovamente forte. Il Terzo Polo ha proposto di dare sei mesi di vita ulteriori alla legge, così da portarla a scadenza il 31 dicembre, ma il leader del Carroccio vorrebbe chiudere il federalismo il prima possibile o, comunque, prima di tornare alle urne perché sarebbe una delle conquiste da sbandierare come successo in campagna elettorale. A cui si sta preparando da tempo, anche per riorganizzare il partito letteralmente devastato da fronde interne. Beghe familiari di casa Bossi, con la moglie Manuela Marrone in aperto conflitto con la “badante” del senatùr Rosi Mauro, i giovani (in primis Marco Reguzzoni) schierati contro i colonnelli storici e quella eterna lite tra Maroni e Calderoli che non trova soluzione e si inasprisce e rientra a fasi alterne.
Umberto Bossi vorrebbe le urne per fare un po’ di pulizia ed è convinto che il caso Ruby non faccia perdere neanche un voto all’alleato Berlusconi ma crea molti problemi nella base leghista che spinge affinché il “capo” stacchi la spina. Il non farlo è giustificato solo dal federalismo, poi si apre la festa per il Cavaliere. “Se qualcuno vuole fare degli accordi con la Lega non è me che deve convincere – ha sottolineato – ma la base, la nostra base. Se uno vota contro il federalismo poi come fa a chiedere di fare accordi con noi? Anche quelli che vogliono venire con noi devono convincere la base della Lega per fare accordi elettorali. Chi vota il federalismo potrà fare accordi con noi”.
Le dichiarazioni pubbliche saranno poi affinate e riviste nel corso della giornata. Durante il voto alla mozione di sfiducia a Bondi ci sarà modo, in aula, di leggere i segnali: in primis dal numero degli assenti nei banchi del Carroccio. Ma è chiaro a tutti che la mozione non passerà. Il Pdl fa quadrato attorno al suo coordinatore. Il capogruppo alla Camera, Fabrizio Cicchitto, sottolinea che “ora Bondi deve avere la fiducia, poi ragioneremo su diverse cose. Certo – aggiunge il suo ministero ha un problema di fondi ma ora va respinto questo attacco destituito di fondamento”. La mozione “verrà respinta”, assicura il ministro degli Esteri, Franco Frattini, secondo cui “la maggioranza terrà e il gruppo dei responsabili aumenterà”. Anche l’opposizione è convinta che le mozioni non passeranno, ma, dice Francesco Rutelli, dell’Api “una tappa di una battaglia a difesa della cultura italiana: Le mozioni del Pd come quella del terzo polo sono tutte nel merito – ha aggiunto – e dunque la battaglia iniziata continuerà con maggior forza anche domani”.
Non sarà dunque questo il banco di prova della maggioranza, l’ostacolo è stato spostato al passaggio sul federalismo. Per questo Berlusconi, anche durante il vertice di ieri sera a Palazzo Grazioli, ha insistito su un unico punto: la necessità di allargare la maggioranza. Certo che il governo continuerà a operare fino alla scadenza naturale è il sottosegretario alla presidenza, Gianni Letta, secondo cui “il governo lavora, non è fermo, non è paralizzato, ma continua a lavorare ogni giorno, senza un attimo di sosta neanche di notte”. E su questo, maliziosamente, molti in Transatlantico stamani hanno ironizzato: Berlusconi non si ferma soprattutto la notte.