Giornata ad alta tensione oggi in Egitto. In occasione della preghiera del venerdì, infatti, sono attese nuove manifestazioni. Fin dalle prime ore di questa mattina al Cairo internet non è accessibile. Lo denunciano gli utilizzatori della rete. L’agenzia France Presse ha inoltre constatato, contattando diversi utilizzatori, che al web non si ha accesso in tutto l’Egitto. Bloccato anche l’accesso al sito online del quotidiano egiziano Al Ahram. In questi giorni, la rete è stata usata dall’opposizione per lanciare appelli e convocazioni di manifestazioni e proteste.
Sebbene il governo del presidente Hosni Mubarak abbia sempre negato di aver bloccato social network quali Facebook o Twitter e altri siti, sostenendo invece di avere pieno rispetto della libertà di espressione, l’oscuramento della Rete sembra palesemente mirato a evitare il passaparola on-line. Oggi comunque proprio su Facebook era almeno a tratti disponibile una pagina dove compariva un elenco di oltre trenta luoghi di culto, tra moschee e chiese, selezionati come punti di raduno dei dimostranti. “I musulmani e i cristiani d’Egitto usciranno nelle strade per combattere contro la corruzione, la disoccupazione, l’oppressione e l’assenza di liberta’!”, ammoniva un proclama pubblicato sul sito, secondo cui in poche ore si erano già registrate più di settantamila adesioni alle iniziative anti-governative. Il pugno di ferro adottato dal regime, che per la giornata odierna ha avvertito si ricorrerà anche a “provvedimenti risoluti” pur di mantenere l’ordine pubblico, sembra insomma essere riuscito nell’impresa quasi miracolosa di ricompattare le due principali comunita’ religiose del Paese, maggioranza islamica e minoranza copta, permettendo loro di superare le ataviche divisioni, di recente ulteriormente acuite dai continui episodi di persecuzione anti-cristiana, culminati nella strage di Capodanno davanti alla Chiesa dei Due Santi ad Alessandria d’Egitto.
Nel frattempo, ieri, si è concluso il terzo giorno. Dopo i sette morti del Cairo, altri due manifestante sono stati uccisi negli scontri in corso in una cittadina del Sinai. Si tratta di Mohamed Atef, un giovane di 25 anni colpito da un proiettile in bocca e schiacciato da un blindato della polizia a El Sheikh Zouayed. Gli arresti sono circa mille. Intanto Mohammed El Baradei, ex capo dell’agenzia atomica internazionale e uno tra i leader più conosciuti dell’opposizione egiziana, ha smentito una sintesi di sue dichiarazioni fatta dalla tv Al Arabiya che gli ha attribuito l’intenzione di voler “prendere il potere” in Egitto. “Non ho mai detto cose di questo genere”, ha risposto ai giornalisti che lo incalzavano con domande sui suoi progetti politici. “Io sono qui per lavorare per un cambiamento ordinato e pacifico”, ha chiarito ancora El Baradei. L’uomo è rientrato in aereo al Cairo da Vienna dove ha vissuto finora.
Nel pomeriggio di ieri, infatti, l’emittente araba, in una breve sovrimpressione, aveva attribuito all’ex capo dell’agenzia atomica internazionale queste parole: “Pronto a prendere il potere per un periodo di transizione, se la piazza lo chiede”. El Baradei, accolto da simpatizzanti, e da una mole di giornalisti internazionali, sotto una vigilanza stretta della sicurezza ha affermato: ”Continuerò a sostenere il cambiamento e chiedo al regime di fare altrettanto prima che sia troppo tardi”.
”Per Mubarak è arrivato il momento di andarsene – aveva affermato El Baradei in un’intervista al Daily Mail – . Ha servito il Paese per trent’anni ed è tempo che si ritiri”. L’uomo ha anche detto che non intende mettersi alla testa delle manifestazioni di piazza, ma offrire un contributo politico all’attuale situazione. Dopo aver confermato la notizia di un’imponente manifestazione organizzata per domani, l’ex capo dell’agenzia atomica internazionale ha specificato: “Riguarderà tutto l’Egitto, e io sarò con i manifestanti. Non li guiderò, a me interessa guidare il cambiamento politico. Il popolo ha spezzato il circolo della paura, e una volta fatto questo non si torna indietro”.
L’onda della protesta in Nordafrica, che dopo la fuga di Ben Ali in Tunisia sta infiammando l’Egitto, è arrivata anche nella penisola arabica, con le prime manifestazioni nello Yemen. Sedicimila manifestanti sono scesi per le strade della capitale yemenita, Sanaa, per chiedere le dimissioni del presidente Ali Abdullah Saleh, in carica dal 1978. “Trent’anni al potere sono abbastanza, Ben Ali se n’è andato dopo venti”, urlavano i dimostranti, ispirandosi alla cosiddetta “Rivoluzione dei gelsomini” che ha portato al crollo del ventennale regime del rais tunisino. In Egitto sono ripresi gli scontri tra polizia e manifestanti che chiedono la fine del regime di Mubarak. Secondo Al Jazeera una folla si è radunata di fronte a un commissariato di polizia incendiato a Suez, dove l’esercito ha sparato proiettili di gomma. Al Cairo sono continuate le proteste fuori dalla sede del sindacato dei giornalisti, tra i principali obiettivi del giro di vite messo in atto dalle autorità egiziane. Scontri sono stati registrati a Ismailia, ove gli agenti hanno ingaggiato battaglia con 600 oppositori. La procura generale ha accusato 40 manifestanti di tentato golpe mentre sono almeno 1.000 gli arresti eseguiti dalla polizia egiziana da martedì scorso, quando sono cominciate le proteste contro il presidente Mubarak.
Due gli eventi su cui si concentrata l’attesa: l’imponente manifestazione organizzata per domani e il rientro di Mohamed El Baradei. Su alcuni account di Facebook si leggono messaggi di questo tenore: “Musulmani e cristiani di Egitto continueranno la battaglia contro la corruzione, la disoccupazione e l’oppressione”. Per il dissidente Ayman Nour la preghiera del venerdì fornirà l’occasione per una nuova prova di forza da parte dell’opposizione. La dissidenza, che sembra non avere un capo riconosciuto, potrebbe trovarlo in El Baradei, stimato da diverse fasce sociali in patria e fornito di adeguati contatti nella comunità internazionale. Il rientro dell’ex diplomatico in patria, atteso per questa notte, sembra coincidere con un’intensificazione del pressing della Casa Bianca sul rais. Secondo quanto riporta Bloomberg, Barack Obama avrebbe telefonato mercoledì a Mubarak per convincerlo a cogliere l’occasione delle proteste per accettare le riforme democratiche. E infatti l partito del presidente ha dichiarato oggi di essere pronto ad avviare il dialogo con i manifestanti. Lo ha annunciato Safwat El-Sherif, Segretario generale del National Democratic Party in un’intervista sul sito dell’israeliano Yedioth Ahronoth. El-Sherif ha anche rivolto un appello alla moderazione sia alle forze di sicurezza, sia ai manifestanti per il corteo di domani.
(ER)