Il 13 gennaio scorso, senza troppo clamore sulla stampa internazionale, il presidente Obama ha annunciato nuove misure in merito alle condizioni di viaggio e di invio di valuta dagli USA a Cuba, allo scopo di aumentare i contatti tra i due paesi nonostante l’embargo. Cosa che si è tradotta subito in una prima disposizione del presidente inviata sia al Ministero della Sicurezza Nazionale sia al Ministero del Tesoro sia al Dipartimento di Stato, in cui sono contenute significative riforme.
Con la motivazione di “aiutare gli sforzi di appoggio al popolo cubano e determinare così liberamente il suo destino, aiutandone direttamente la società civile”. Si è stabilita, per esempio, la possibilità di inviare cifre non superiori a 500 dollari ogni trimestre verso l’isola caraibica. Per l’amministrazione Obama in questo modo così si darà un significativo aiuto alla riunificazione delle famiglie cubane separate. Tuttavia non tutti i cubani residenti negli States potranno beneficiare dell’opportunità. Saranno, infatti, esclusi quelli che hanno un incarico politico di rilievo.
Le nuove misure prevedono anche una intensificazione, se non una vera e propria promozione degli scambi tra istituzioni scolastiche ed enti formativi, il riconoscimento dei crediti formativi per i corsi accademici, il sostegno di laboratori per la formazione professionale su territorio cubano e forme di sussidio per gruppi religiosi che vogliano stabilire con le comunità cubane forme di collaborazione e scambio.
Tutto ciò è stato in parte salutato come una prima forma di “disgelo” da parte degli States nei confronti dell’isola socialista, e in qualche modo è stato interpretato persino come l’inizio di una politica di sostegno per la sempre più prossima transizione postcastrista. Tuttavia il governo dell’Havana non si è astenuto dalle critiche. Raul Castro ha ricordato infatti che simili aperture c’erano state già sotto l’amministrazione Clinton per essere poi ritrattate da George Bush, ma che siamo ancora lontani da una revoca dell’embargo.
La situazione è perciò quanto mai aperta e indefinita, e queste prime mosse di Obama sembrano fatte proprio per indicare al governo cubano la via giusta per gettare le basi di una collaborazione tra i due paesi nella direzione del libero mercato.
E tutto ciò dopo che Fidel Castro, solo una settimana fa, ha ribadito che la recente storia di Cuba testimonia che l’America Latina non ha bisogno degli Stati Uniti. E mentre il sesto congresso del Partito comunista cubano, che si è tenuto sempre alcuni giorni fa, ha ribadito che non ci sarà mai una trasformazione capitalistica dell’isola. È proprio il caso di dire che il futuro della rivoluzione è sospeso tra utopia e realismo.