Bisogna prendere atto che la magistratura ha salvato la credibilità delle istituzioni in questi anni di emergenza ciclica e costruita a tavolino. Le toghe che hanno fatto il loro dovere sono state affiancate dai pochi che hanno continuato a denunciare nel silenzio consociativo. I nomi finiti nell’ultima inchiesta della Procura di Napoli sono gli stessi che nel mio libro La Peste (scritto con Nello Trocchia) ho elencato uno ad uno. Ma quello che più inquieta è l’incapacità di rinnovare la classe dirigente di questo paese. Di tutto il paese, perché la cricca dei rifiuti in Campania si è abilmente riciclata.

Mi trovo in Abruzzo dove uno degli arrestati, Gianfranco Mascazzini, ex direttore del ministero dell’Ambiente, che – come emergeva in una intercettazione – voleva usare la polverina magica per rendere meno puzzolente la munnezza campana, è stato di recente nominato commissario contro il rischio idrogeologico. Una nomina decisa dal presidente della regione Gianni Chiodi. Lo stesso dicasi per Claudio De Biasio, ancora tutta da chiarire la sua nomina al commissariato di governo, come numero due di Bertolaso e sempre capace di trovare nuovi incarichi, dalla Puglia al g8 sardo, ben voluto in ogni stagione e sotto ogni governo.

Sullo sfondo il disastro, la logica della deroga, quella gara maledetta che affidò ad Impregilo e alle sue aziende la gestione dei rifiuti in Campania. Dalla mia denuncia nel 2003 il primo processo contro Bassolino e gli ex vertici di Impregilo, poi la truffa delle ecoballe, la dissennata gestione delle discariche e ora la scelta scellerata di portare il percolato nei depuratori che trova conferma in un’altra inchiesta giudiziaria. Pagherà qualcuno o il trasferimento dei processi, la prescrizione, salveranno la cricca? Intanto pagano l’ambiente e la salute dei cittadini, ignari frequentatori dei litorali campani, bagnati dalla ‘merda’ del percolato delle discariche.

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