Una norma del regolamento del Csm impone che i magistrati non possano avere lo stesso ruolo per più di dieci anni. E' per questo limite che sei dei nove procuratori del gruppo specializzato in incidenti sul lavoro diretto da Raffaele Guariniello dovranno cambiare collocazione entro la fine del 2011
Una squadra di magistrati esperti che verrà divisa. Un team da rimettere in piedi, con nuovi procuratori da istruire mentre le indagini rallentano. È quello che accadrà a fine anno nella procura di Torino a danno del gruppo specializzato in “Sicurezza del lavoro e tutela del consumatore” diretto da Raffaele Guariniello, il magistrato esperto in incidenti sul lavoro e morti bianche, l’accusatore di multinazionali come l’Eternit e la ThyssenKrupp.
È sabato mattina e lui è al lavoro nel suo studio al quinto piano della procura, come fa sempre, anche nei week-end. Intanto, nell’aula magna del Tribunale, durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario, il procuratore generale del capoluogo piemontese Marcello Maddalena lancia un allarme che lo riguarda: “In forza al divieto di permanenza ultradecennale nello stesso incarico saranno costretti a cambiare mestiere per raggiunta ‘decennalità’ pressoché tutti i suoi ‘uomini’, cioè buona parte dei magistrati che con lui hanno costruito una ‘scuola’ e che potrebbero assicurarne la continuità in futuro”.
È una norma del regolamento del Consiglio superiore della magistratura sulla “permanenza nell’incarico presso lo stesso ufficio” (già prevista nell’articolo 19 del D.Lgs. n. 160/2006) e impone che i magistrati non possano avere lo stesso ruolo per più di dieci anni. E’ per questo limite che sei dei nove procuratori del gruppo di Guariniello dovranno cambiare collocazione entro la fine del 2011.
Ma cosa potrebbe accadere alle indagini sulla sicurezza sul lavoro? Per capirlo basta guardare dietro la scrivania del pm, dove sono appese alcune immagini dei maxiprocessi che sta affrontando assieme alla sua squadra. In una è insieme a Laura Longo e Francesca Traverso, che con lui compongono l’accusa contro i dirigenti della ThyssenKrupp per il rogo in cui morirono sette operai il 6 dicembre 2007. Il processo è ormai alle udienze finali. Nell’altra è con Gianfranco Colace e Sara Panelli, che lo affiancano nel procedimento contro due manager dell’Eternit per i decessi di circa tremila persone. La sentenza dovrebbe giungere entro l’estate. Tre dei quattro sostituti lasceranno il loro incarico e i delicati processi che seguono. Rimarrà, e solo per due anni ancora, la dottoressa Longo che sarà affiancata da nuovi colleghi.
E c’è un altro punto da non trascurare. Guariniello stesso potrebbe lasciare Torino per diventare procuratore capo a Genova. Così il pool sarebbe smantellato definitivamente.
“Abbiamo impiegato anni per formare questo gruppo specializzato – racconta Guariniello -. Questa è un’esperienza che si crea processo dopo processo. Se viene meno questa specializzazione è controproducente”. Le indagini rallenterebbero e ci sarebbero più difficoltà: “Mi chiedo come sia stato possibile arrivare a una norma del genere”, dice. Va bene il ricambio, “ma come può venir meno più della metà di un gruppo specializzato?”. Per il pg Maddalena è un procedimento “contrario ad ogni principio di buona amministrazione” che “richiede specializzazione” soprattutto se si vuole “accelerare i ritmi produttivi”.
Guariniello ha sempre sperato nella creazione di un pool nazionale di magistrati esperti sui temi della salute. Una procura capace di indagare sugli infortuni sul lavoro sostenendo i distretti più piccoli senza specializzazioni in materia. Eppure ora potrebbe ritrovarsi a dirigere magistrati poco esperti: “La legislazione in questa materia è molto complessa”, spiega aggiungendo che l’attività si basa molto sui “rapporti con consulenti e periti” e sulla necessità “di conoscere le procedure migliori per indagare su un incidente sul lavoro”.
“E allora – conclude il Pg Maddalena – mi chiedo se è questo il modo di perseguire l’efficienza della giustizia o non è piuttosto il modo di mortificare, avvilire, disamorare tutti coloro che in questa professione hanno investito passione, entusiasmo e spirito di sacrificio”.
Per questo, alla fine del suo intervento, si è rivolto direttamente al vice presidente del Csm, Michele Vietti, al sottosegretario alla giustizia, Giacomo Caliendo e ai parlamentari presenti: “È troppo chiedere se non un pentimento, un ripensamento, ricordando magari le parole di Alessandro Manzoni ‘Dio perdona tante cose per un’opera di misericordia?’”.