Parlate di tutto. Di minorenni, bunga bunga, escort, amichette, veline e Olgettine. Ma per carità, non toccate le tasse. Non sia mai. Che poi gli elettori prendono paura e si disperdono a colpi di dichiarazioni sulla famigerata tassa patrimoniale. Non citate quelle sigle, che solo a sentirle vengono gli incubi a metà degli italiani. Irep, Irap, Ici, Ires, sono pronte ad apparire come Erinni vendicative nei sogni di un intero paese. Non svegliatele.
Per bloccare sul nascere il salutare dibattito sulla fiscalità e il debito pubblico, lanciato dal Corriere della Sera nelle scorse settimane, Berlusconi si è preso la briga di scrivere una lettera al giornale. L’ha fatto con uno stile affettato, estraendo dal cilindro due carte che da tempo non gli vedevamo giocare: il dialogo con l’opposizione e il “nuovo” miracolo italiano che, a furia di invocarlo, diventa sempre più vecchio e stantio, come un disco impolverato.
In sostanza l’appello accorato del premier dalle colonne del Corriere è molto semplice: le tasse non servono ad abbattere il debito, bisogna rilanciare l’economia italiana, far crescere il Pil. Bella scoperta. Nel rapporto debito/Pil – che in Italia è quasi arrivato al 120% – il prodotto interno lordo è a denominatore: se lo facciamo crescere il rapporto diminuisce. E’ matematico. Peccato che negli ultimi dieci anni il Pil in Italia sia cresciuto mediamente di uno striminzito 0,57%. Ora, facendo due calcoli, in otto anni su dieci lo stesso Berlusconi era primo ministro. E, in teoria, “il balzo liberalizzatore e riformatore”, che in Germania è stato innescato “paradossalmente” dal socialdemocratico Gerhard Schröder – come scrive B. nella sua lettera – avrebbe potuto innescarlo proprio lui, senza tanti paradossi.
E invece no, non ce l’ha fatta. E ora invoca l’aiuto del socialdemocratico Bersani che, si sa, quando c’è da rimboccarsi le maniche non è uno che si tira indietro. Per lavorare fianco a fianco con il leader del Pd, “sensibile al tema delle liberalizzazioni”, B. è pronto anche a dimenticare le sue urla scomposte nel coro dei “moralisti un tanto al chilo”, quelle poche volte che Pier Lluigi ha detto qualcosa di sinistra.
Peccato che Bersani abbia già risposto picche. Peccato, perché l’Italia potrebbe davvero ripartire, con un “grande piano bipartisan per la crescita”, che riesca anche a far emergere “la ricchezza privata nascosta”, quella che le statistiche ingenerose dell’Unione Europea non riescono ad intercettare. Alla fine l’unico messaggio chiaro della lettera è che sotto il suo governo, un’imposta patrimoniale che “impaurisce e paralizza” non si farà mai. Sarà forse costretto ad imporla un governo futuro, qualunque sia il suo colore politico. Magari dovrà approvarla in fretta e furia lo stesso Berlusconi per evitare il collasso. Ma sono cose che non si dicono. Non fanno bene al paese. E gli elettori, per una volta, potrebbero non gradire.