Mentre il capo (Umberto Bossi) cerca di arrabattarsi per portare a casa una bozza di federalismo fiscale prima di staccare la spina al governo Berlusconi, in Veneto si è già riproposta la guerra sull’asse tra Verona e Treviso per accaparrarsi la guida nazionale (si chiama impropriamente così) della Liga Veneta. Da una parte il sindaco della città scaligera, Flavio Tosi, 42 anni e un volto meno disinvolto rispetto al passato e molto più istituzionalizzato. Dall’altra Giampaolo Gobbo, il segretario uscente, per niente intenzionato a mollare la poltrona che gli permette di contare non solo in Veneto, ma anche a Roma, forte della guida di una delle regioni roccaforte del voto al Carroccio.
Dicevamo Tosi. Un personaggio discusso in passato, controverso e contestato per alcune affermazioni sui Rom, ma capace di portare a casa un gradimento elettorale di oltre il 60 per cento, che negli anni ha consolidato fino ad arrivare al 65 per cento, secondo i dati raccolti dal Sole 24 Ore. Un uomo forte nella sua regione che sa di far paura anche a un avversario come Gobbo che guida incontrastato la Liga dal lontano 1998. Tosi ha un seguito non solo a Verona, ma anche a Vicenza e in parte nelle sale della giunta regionale, a Venezia. E le carte se le vuole giocare fino in fondo. Non è un caso che negli ultimi mesi si sia sganciato dalla linea di Bossi, Calderoli e Maroni, pronto a farsi rottamatore come un Matteo Renzi qualsiasi. Se le sue provocazioni (il tifo per la nazionale italiana e non quella padana, definire l’inno di Mameli una cosa seria) potevano essere presi come provocazioni, l’affronto peggiore l’ha fatto invitando il presidente della repubblica Giorgio Napolitano a festeggiare all’Arena di Verona i 150 anni della Repubblica.
Un gesto che a Bossi non è piaciuto per niente. Ha sorvolato il capo (“non mi interessa chi farà il segretario, basta che non si faccia affascinare dalle stanze del potere romano” era riferito a lui), ma il colpo pare che non l’abbia ancora digerito. La faccia del leghista anomalo non piace per nulla ai vertici del partito, ma i consensi dentro e fuori dalla Lega rendono Tosi intoccabile e in una posizione di forza. Così è bastato far uscire la voce di un suo imminente passaggio nel Pdl per rimettere in riga coloro che l’avrebbero volentieri cassato nella corsa alla segreteria.
Tosi è tornato in sella, i conflitti – almeno all’apparenza – sono stati ridimensionati, e lui si prepara a una campagna elettorale di primavera più dura di sempre. Ci aveva già provato nel 2007 a sfidare il potere di Gobbo, poi sarebbe sceso a compromessi per non causare incidenti. Allora le malelingue ipotizzarono uno scambio. Di fatto la consorte, Stefania Villanova, poco dopo l’elezione del marito e prima delle elezioni del parlamentino veneto, venne promossa, senza concorso e senza laurea, da semplice impiegata a dirigente nel settore Sanità. Lo stipendio balzò da 25 mila euro lordi l’anno a 70 mila. Chi era l’assessore regionale alla Sanità fino a poco prima? Il marito.
Ora Tosi è sceso di nuovo in campo e, questa volta, promette guerra all’ultimo voto. L’ultima uscita è di qualche giorno fa. “Non mi risulta che Bossi abbia mai detto che i Comuni non devono festeggiare l’anniversario dell’unità d’Italia. E soprattutto se a farlo è una città come Verona, la più importante di quelle amministrate dalla Lega”. Poi l’affondo: “Spiace che qualcuno (Gobbo ndr) pensi di assegnare il patentino di chi è più leghista o meno leghista sulla base di considerazioni relative al 150˚ dell’unità d’Italia, che non sono certo la questione fondamentale all’ordine del giorno per la vita del nostro Paese.
Faccio parte della Lega da più di vent’anni, con un’anzianità di militanza pari a pochi altri a Verona. La valutazione sul maggior o minor grado di leghismo, credo vada fatta soprattutto sul lavoro profuso a favore del movimento e sui risultati. Tralasciando le migliaia di preferenze ricevute nelle varie competizioni elettorali, comunali o regionali, alle elezioni comunali del 2002 la Lega raccolse a Verona il 6%; nel 2007 il 12%; oggi conta più del 30% attestandosi come il capoluogo avente, negli ultimi anni, il maggior consenso leghista, superato solo da Treviso alle ultime elezioni regionali, anche per l’effetto della candidatura dell’amico Luca Zaia. A stabilire chi è più o meno leghista sono i risultati”.
Tradotto, statevene buoni, io ho i voti, vado avanti su tutti i fronti.
E il segretario Giampaolo Gobbo che fa? Zitto in un angolo a subire? Niente affatto. E’ segretario nazionale della Liga Veneta da 13 anni, conosce bene le dinamiche del partito, sa come affrontare una dinamica di questo genere. Ma questa volta pare in imbarazzo. Forza nel partito ne ha, ma Tosi è l’unico candidato che lo spaventa. Così qualche giorno fa ha sparato sulla linea recente del sindaco di Verona, a partire dai 150 anni della Repubblica. Lo ha definito un gesto provocatorio e non in linea con quello che vuol dire essere leghisti. Fino a dargli del “cialtrone”. Ma Tosi, che è un osso duro, ha fatto circolare la voce (falsa) di un suo imminente passaggio nel Pdl e Gobbo ha dovuto subito correggere il tiro. “Non sarò segretario in eterno, ma il nuovo che avanza rispetti la linea della Lega”.
Ha deposto le armi dunque? No, semplicemente non era il momento di creare un conflitto troppo aspro. Ha eseguito un ordine targato Bossi e Maroni. La guerra vera per il governo del Veneto tra i due sindaci riprenderà entro due mesi, quando inizieranno le consultazioni per arrivare alla nomina del segretario a settembre. E se ne vedranno delle belle.
di Emiliano Liuzzi