Giovedì scorso, ad Annozero, cosa c’era di altrettanto imbarazzante – e istruttivo – quanto la penosa telefonata minatoria in diretta del direttore generale Rai Mauro Masi? Mentre si intuivano le smorfie di impotenza, davanti alla replica a muso duro del conduttore Santoro, di questa bertuccia prestata all’informazione pubblica.
A parere dello scrivente, c’era il successivo arrampicarsi sugli specchi della presunta pasionaria Rosy Bindi, alla domanda di uno scafato (e non propriamente limpido) navigatore nelle acque della politica quale Enrico Mentana: “Ma cosa fa per davvero l’opposizione allo scopo di cacciare Berlusconi?”. Cui rispondeva un rosario di giaculatorie prive di effettivo contenuto biascicate dalla poveretta, che vorrebbe tanto salvarsi l’anima (e l’immagine guerrigliera) ma non può prescindere dalla missione primaria di tutelare la propria nomenclatura d’appartenenza, il Pd: “Stiamo scrivendo un programma” (arrieccoci: altre centinaia di pagine destinante a raccogliere polvere…), “Abbiamo il candidato premier: Pierluigi Bersani” (il liberalizzatore, caro alle Coop emiliane, che non riuscì a farcela neppure con i tassisti…).
Davanti al senso di impotenza prodotto dalla chiacchiera dell’esponente – forse – meno peggio di questo ceto politico, a un vecchio ragazzo di quasi mezzo secolo fa veniva in mente un celebre discorso di Robert Kennedy: “Il coraggio morale è ancora più raro e prezioso del coraggio in battaglia, o di una grande intelligenza. Ma è la dote indispensabile per chi voglia cambiare un mondo che accetta così faticosamente il cambiamento. Ogni volta che una persona si batte per un’idea, agisce nell’intento di migliorare la situazione degli altri, o si scaglia contro un’ingiustizia, mette in moto sottili rivoli di speranza che, convergendo da mille sorgenti di energia e di coraggio, vanno a formare una corrente in grado di travolgere il più poderoso muro di oppressione e resistenza”.
Qui sta il punto: per cambiare, se non il mondo, almeno la tristissima situazione italiana occorre soprattutto coraggio morale. Anche perché, se presi di petto, i berluscones si squagliano, o fuggono mostrando elegantemente l’indice. Ma come si può trovare il coraggio in un ambiente dove prevale la furbizia più pavida e/o l’inconfessabile compromissione?
Cos’è se non una mossa furbastra quella dell’ex ministro Giuseppe Fioroni quando dichiarava il 29 scorso che Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi “devono farsi entrambi da parte”? Apparentemente il solito esercizio di pacioso ecumenismo cattolico. In realtà, una mossa ispirata all’inossidabile perfidia democristiana. Perché Berlusconi neppure ci pensa di mollare l’osso e Fini continua la sua caduta a precipizio; specie dopo la sconfitta parlamentare del dicembre scorso. Mentre – a quanto pare – ha perso pure quelle sponde che dopo l’estate lo convinsero a uscire allo scoperto (ieri “un uccellino” mi ha cinguettato che entro oggi il presidente della Camera darà le dimissioni: staremo a vedere).
Dunque il messaggio occulto è: caro Silvio, siamo pronti a concederti la testa del buon Fini per ripristinare quel duopolio Pdl-Pd che ci consente uno spazietto di sopravvivenza. Intanto riscende in campo il Veltroni. C’è in tutto questo un briciolo della volontà di svolgere davvero il ruolo cui è chiamata qualsivoglia opposizione? C’è un barlume di quell’intransigenza chiamata “coraggio morale”? Dite voi.
Anche perché buona parte di queste pavide animule è abbondantemente compromessa nel degrado della politica fattasi affarismo. Facciamo bene a indignarci per lo scandalo della spazzatura napoletana puntando il dito contro i Berlusconi, i Bertolaso e tutta la combriccola che ha preso per il naso i napoletani (e noi con loro). Non dobbiamo dimenticarci il nome di Antonio Bassolino, che nel gioco ci stava alla grande. Magari allevando cloni che ora vorrebbero rinnovare la politica partenopea partendo dal truccaggio delle primarie.
Dunque, faceva quasi pena la Bindi ad Annozero, mentre non sapeva cosa rispondere alla provocazione con il trucco incorporato di Maurizio Belpietro; il quale con aria falsamente amichevole le chiedeva: “Ma perché i parlamentari dell’opposizione non fanno cadere il governo dimettendosi in massa?”. Diffido dei Belpietro anche se portano doni. Perché il provocatore professionale sa bene che per questi parlamentari il seggio è come il tubo dell’ossigeno.
Sicché assistiamo all’assurdo di un ometto incolto e risibile che tiene in pugno l’Italia soltanto grazie alla propria incommensurabile sfrontatezza. E all’altrui pavidità, millantata come sagace prudenza.
Ps: Un amico che frequenta questo post mi ha paragonato a Brunetta per aver scritto la scorsa volta sul fancazzismo che si diffonde, mentre si è quasi estinta l’antica cultura del lavoro; e che il fenomeno è particolarmente diffuso nel pubblico impiego. Ammetto: l’accostamento all’orrido ministro mi è spiaciuto; e non solo perché sono alcune spanne più alto. Soprattutto l’addebito di razzismo: ho lavorato professionalmente in qualche decina di enti pubblici e so per certo due cose: 1) è dall’Unità d’Italia che parliamo inutilmente di riforma della Pa (difatti funziona solo qualche task force); 2) il problema anche qui è culturale: la prevalenza delle logiche dell’adempimento (formale) su quelle del risultato (effettivo) determina il crollo della motivazione in larga parte del personale.